Il Papa ai seminaristi per la Festa della Madonna della Fiducia: l'amore cristiano è vincolo che libera
“L’unità della Chiesa non è data da uno stampo imposto dall’esterno, ma è frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo spirito”. Così il Papa ieri sera nella visita al Seminario Romano Maggiore alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona dell’Istituto. Durante l’incontro Benedetto XVI ha tenuto una lectio divina a tutti i seminaristi della Diocesi di Roma incentrata su un brano della lettera di San Paolo agli Efesini. Il servizio è di Paolo Ondarza:
“L’amore cristiano è un vincolo che libera”, lo testimoniava San Paolo “prigioniero” a motivo del Signore e lo ha ricordato Benedetto XVI ai seminaristi della diocesi di Roma. “Un vincolo con il quale ci leghiamo sia gli uni agli altri, sia con Dio. “Non una catena che ferisce o dà crampi alle mani, ma le lascia libere. Conservare l’unità dello spirito – ha proseguito – comporta “improntare il proprio comportamento all’umiltà, dolcezza e magnanimità di Gesù Cristo nella Passione. “Bisogna avere mani e cuore legati da quel vincolo d’amore che Lui stesso ha accettato per noi facendosi nostro servo”:
“L’unità della Chiesa non è data da uno ‘stampo’ imposto dall’esterno, ma è il frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo Spirito".
C’è dunque un impegno che rinnova il dono del Battesimo. La Grazia di questo sacramento, infatti, non produce automaticamente una vita coerente, ma necessita di una collaborazione fatta di volontà e impegno perseverante. “Un impegno che costa e comporta un prezzo da pagare di persona”. Ciascuno è chiamato personalmente e deve rispondere personalmente. E’ questa la vocazione che tutti abbiamo ricevuto: chiamata ad essere di Cristo e a vivere in Lui. Dio – ha proseguito il Papa – instaura con ognuno una relazione:
“…ognuno è chiamato con il nome suo. Dio è così grande che ha tempo per ciascuno di noi, conosce me, conosce ognuno di noi con il nome, personalmente. È una chiamata personale per ognuno di noi… Dio, il Signore, ha chiamato me, chiama me, mi conosce, aspetta la mia risposta…”.
La chiamata è sì individuale, ma anche ecclesiale. Chiamata a vivere nel corpo della Chiesa, nella realtà concreta del seminario o della parrocchia. E anche quando questo corpo non ci piace – ha detto il Santo Padre – la Chiesa resta vincolo che unisce a Cristo:
“…proprio così siamo in comunione con Cristo, accettando questa corporeità della sua Chiesa, dello Spirito che si incarna nel corpo”.
Dio ci chiama dunque ad inserirci in una comunità, ad essere membra del corpo:
“Dobbiamo anche tener presente che è molto bello essere in una compagnia, camminare in una grande compagnia di tutti i secoli, avere amici in cielo e in terra, sentire la bellezza di questo corpo, essere felici che il Signore ci ha chiamato in un corpo e ci ha dato amici in tutte le parti del mondo".
Ma senza il soffio dello Spirito Santo la vocazione cristiana non si spiega, perde la sua linfa vitale. Ecco perché - ha aggiunto Benedetto XVI citando Santa Teresa di Gesù Bambino - la chiamata di ogni cristiano è un Mistero trinitario: il mistero dell’incontro con Gesù, mediante il quale Dio Padre ci chiama alla comunione con Sé e per questo ci vuole donare il suo Spirito.
Rivolto ai seminaristi Benedetto XVI ha indicato gli Apostoli e la Vergine Maria come modello di risposta alla chiamata. Ai primi Cristo disse: “Venite e Vedrete”. Alla Vergine si presentò nell’Annunciazione e ottenne la risposta: “Eccomi”:
“La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine”.
“Essere sacerdoti implica umiltà – ha aggiunto – conformarsi a Cristo:
“Imitare il Dio che scende da me, che è così grande che si fa mio amico, soffre per me, è morto per me. Questa è l’umiltà da imparare”.
Palpabile l’entusiasmo della comunità del Seminario che ha salutato il Successore di Pietro con applausi e cori.
Al termine della celebrazione la cena con i membri della comunità del Seminario Romano.
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