sabato 26 marzo 2011

La Misericordia di Dio fa nuove tutte le cose: così il Papa alla Penitenzieria Apostolica

La Misericordia di Dio fa nuove tutte le cose: così il Papa alla Penitenzieria Apostolica

“Non trascurate di dare opportuno spazio all’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale”: è un luogo in cui si può assistere “a veri e propri miracoli di conversione”. E’ il nuovo invito rivolto da Benedetto XVI ai sacerdoti nel suo discorso ai partecipanti al corso promosso in questi giorni a Roma dalla Penitenzieria Apostolica. Il servizio di Sergio Centofanti.

La missione sacerdotale è “un punto di osservazione unico e privilegiato, dal quale, quotidianamente, è dato di contemplare lo splendore della Misericordia divina”: il Papa invita a guardare al confessionale come “reale ‘luogo’ di santificazione”: qui si può “contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo”:

“Non raramente siamo posti davanti a veri e propri drammi esistenziali e spirituali, che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono abbracciati ed assunti dall’Amore divino, che perdona e trasforma: ‘Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve’ (Is 1,18). Conoscere e, in certo modo, visitare l’abisso del cuore umano, anche negli aspetti oscuri, se da un lato mette alla prova l’umanità e la fede dello stesso sacerdote, dall’altro alimenta in lui la certezza che l’ultima parola sul male dell’uomo e della storia è di Dio, è della sua Misericordia, capace di far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5)”.

La confessione sacramentale educa la fede sia del ministro che del penitente. I sacerdoti possono ricevere dai fedeli “profonde lezioni di umiltà e di fede”, per la “loro vita spirituale, la serietà con cui conducono l’esame di coscienza, per la trasparenza nel riconoscere il proprio peccato e per la docilità verso l’insegnamento della Chiesa e le indicazioni del confessore”, nonostante la “povertà della sua persona”.

“Mai, unicamente in forza della nostra umanità, potremmo ascoltare le confessioni dei fratelli! Se essi si accostano a noi, è solo perché siamo sacerdoti, configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, e resi capaci di agire nel suo Nome e nella sua Persona, di rendere realmente presente Dio che perdona, rinnova e trasforma”.

In “un’epoca di relativismo” e di crisi della Confessione, la pratica di questo Sacramento – afferma il Papa – aiuta inoltre i fedeli ad una sempre maggiore consapevolezza di sé:

“L’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande ‘scuola penitenziale’. Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità”.

Benedetto XVI invita i sacerdoti a non trascurate l’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale nella fiducia che “la Grazia divina può trasformare la vita”:

“Non dimentichiamo quante conversioni e quante esistenze realmente sante sono iniziate in un confessionale! L’accoglienza della penitenza e l’ascolto delle parole ‘Io ti assolvo dai tuoi peccati’ rappresentano, infine, una vera scuola di amore e di speranza, che guida alla piena confidenza nel Dio Amore rivelato in Gesù Cristo, alla responsabilità e all’impegno della continua conversione”.

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