venerdì 24 giugno 2011

I Gesuiti: «Bin Laden? Un pericolo, fermarlo è stato ragionevole» (Galeazzi, Vatican Insider)

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2 commenti:

raffaele ibba ha detto...

Non sono d'accordo con quello che emerge dall'articolo di Galeazzi sull'articolo di Civiltà Cattolica.
E per una semplice ragione.
L'esecuzione di Bin Laden è stata un atto di guerra.
In quanto tale è sempre e comunque radicalmente ingiusto.
Nulla importa circa il fatto che Bin Laden fosse o non fosse colpevole. O quanto fosse colpevole. Nulla c'entra neppure la questione di un processo.
Osama Bin Laden era ovviamente improcessabile,
Come l'esecuzione di Mussolini alla fine della seconda guerra mondiale.
Sono atti di guerra.

Un cristiano è semplicemente contro la guerra.

Preferisce farsi ammazzare e far ammazzare i propri cari, anche innocenti, piuttosto che uccidere lui gli assassini.
Il rifiuto cristiano della guerra è totale e senza condizioni.
Perché illuminato da una croce alzata su un colle di Gerusalemme, dove Dio ha lasciato che il suo Figlio amato, e suo Messia, venisse ucciso perché chi lo uccideva fosse salvo.

Questa scelta non ha mediazioni, ne compromessi, ne punti di "Interpretazione".
Un cristiano si fa uccidere ma non uccide.
Semplicemente affida a Colui che tutto può fare la sua vendetta.
Mi dispiace dirlo ma Civiltà Cattolica sbaglia, e sbaglia pure molto.
ciao
r

Andrea ha detto...

Caro Raffaele,
che "un cristiano sia semplicemente contro la guerra" è del tutto falso, come dimostrano il Vangelo, l'esperienza storica e il Magistero.

Invece l'uccisione del "nemico" in quanto considerato indegno di vivere, cioè già trasformato in mostro infernale, è tipica delle ideologie degli ultimi secoli, e delle guerre di sterminio ad esse connesse.
Voglio dire che siamo fermi ai bagni di sangue della Rivoluzione Francese, delle guerre napoleoniche, del Comunismo.. : ti uccido semplicemente perché ti ho classificato "disumano", "nemico del popolo" e così via.
È questa anche la vera radice del disagio cattolico di fronte alla pena di morte negli USA: non la pena in sé, che c'è sempre stata, ma il fatto che in quell'ambiente essa nasca dall'idea che alcuni "mostri" sono esseri infernali, da spedire a casa loro.