Il Papa alla Pontificia Accademia Ecclesiastica: il diplomatico vaticano sia al servizio del Vangelo e della pace tra i popoli
Il diplomatico vaticano è innanzitutto un servitore del Vangelo: è quanto sottolineato da Benedetto XVI agli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, ricevuti stamani in Vaticano. Nel suo discorso, il Papa si è soffermato sulla formazione spirituale dei futuri nunzi apostolici, ribadendo che un diplomatico vaticano è prima di tutto un sacerdote. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto da mons. Beniamino Stella, presidente dell’Accademia in cui si formano i sacerdoti che faranno parte del servizio diplomatico della Santa Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Come dovrebbe agire un nunzio apostolico? Nel suo discorso ai futuri diplomatici vaticani, Benedetto XVI ha risposto indicando alcune qualità umane che dovrebbero contraddistinguere il lavoro di chi è chiamato a tale missione: pazienza, costanza, equanimità e fermezza nel dialogo. E tuttavia ha messo l’accento su ciò che davvero identifica il suo servizio:
“Egli, in primo luogo è un sacerdote, un vescovo. Un uomo, dunque, che ha già scelto di vivere al servizio di una Parola che non è la sua. Infatti, egli è un servitore della Parola di Dio, è stato investito, come ogni sacerdote, di una missione che non può essere svolta a tempo parziale, ma che gli richiede di essere, con l’intera vita, una risonanza del messaggio che gli è affidato, quello del Vangelo”.
Ed è proprio sulla base di questa identità sacerdotale, ha aggiunto Benedetto XVI, che “si viene ad inserire, con certa naturalezza, il compito specifico di farsi portatore della parola del Papa”, tanto nei confronti delle Chiese particolari quanto di fronte alle istituzioni statali e alle organizzazioni internazionali. Ancora, il Papa si è soffermato sulla delicatezza del ruolo dell’ambasciatore, che fin nel mondo antico veniva inviato per portare in maniera autorevole la parola del sovrano:
“Sta qui la vera abilità del diplomatico e non, come talora erroneamente si crede, nell’astuzia o in quegli atteggiamenti che rappresentano piuttosto delle degenerazioni della pratica diplomatica. Lealtà, coerenza, e profonda umanità sono le virtù fondamentali di qualsiasi inviato, il quale è chiamato a porre non solo il proprio lavoro e le proprie qualità, ma, in qualche modo, l’intera persona al servizio di una parola che non è sua”.
Infine, il Papa ha ribadito che i rappresentanti diplomatici, nonostante le rapide trasformazioni della nostra epoca, sono sempre impegnati “nella costruzione della comunione possibile tra i popoli” e nel “consolidarsi tra di essi di rapporti pacifici e solidali”.
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