venerdì 3 giugno 2011

La scrittura di Papa Ratzinger nell’ultimo libro su Gesù di Nazaret. L’Avvenimento, “sempre di nuovo” (Paolo Facciotto)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

L’Avvenimento, “sempre di nuovo”

La scrittura di Papa Ratzinger nell’ultimo libro su Gesù di Nazaret

Paolo Facciotto

RIMINI - “Sempre di nuovo”: i due avverbi congiunti si trovano frequentemente negli scritti, nei discorsi, nelle omelie e persino nelle meditazioni e preghiere di Papa Benedetto XVI.
La frase non è solo un segnale stilistico, e men che meno un espediente retorico.
E’ invece un indicatore del sensus fidei di Joseph Ratzinger, del suo modo di vivere la fede, l’appartenenza alla Chiesa, il rapporto personale con Gesù Cristo, almeno per come possiamo conoscerli dal suo magistero.
Azzardiamo: in filigrana vi si può leggere un’intera proposta di metodo e verifica della fede, del cammino della Chiesa.
Per capirci diamo subito qualche esempio.
Partiamo dall’ultimo libro firmato Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret”, seconda parte dell’opera, con sottotitolo “Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione”, Libreria Editrice Vaticana, 2011.
Pagina 81, si parla dell’ultima cena e del “mistero del traditore”: «La rottura dell’amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono “il suo pane” e lo tradiscono».
Parole che sembrano scritte in questi precisi giorni, come ci ricordano le cronache da Genova.
Pagina 241, siamo sotto la croce cui è appeso Gesù: «Sempre di nuovo ci troviamo nell’abissale oggi della sofferenza. Sempre, però, anche la risurrezione e l’appagamento dei poveri avvengono già “oggi”.»
Altri due esempi, da testi diversi.
Nel gennaio 2008, se gentilmente gli avessero dato la parola, il Papa avrebbe concluso così la sua allocuzione all’Università La Sapienza di Roma, dando un compito a se stesso, e non agli altri: compito del Papa è «mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio».
E nello storico discorso ai rappresentanti della scienza, all’Università di Regensburg il 12 settembre 2006 concludeva così: «È a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell’università.»
Torniamo al libro su Gesù di Nazaret, che verrà presentato stasera dal Card. Carlo Caffarra (ore 21,15, Best Western Palace Hotel, Serravalle, San Marino) in un appuntamento promosso dalla Fondazione internazionale Giovanni Paolo II presieduta dal vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri.
Il punto fondamentale della lettura di Benedetto XVI è l’affermazione, alla base anche del primo volume, della necessità, per l’esegesi storico-critica di matrice positivistica, di «riconoscere che un’ermeneutica della fede, sviluppata in modo giusto, è conforme al testo e può congiungersi con un’ermeneutica storica consapevole dei propri limiti per formare un’interezza metodologica». Schematicamente: leggere in modo storico-critico i vangeli non è sufficiente, bisogna invece leggerli “insieme” ai Padri, alla Chiesa come ha camminato fino ad oggi, insieme alla Tradizione che è un corpo vivente e non cristallizzato.
Sempre di nuovo”: per il Papa l’Avvenimento di Cristo è novità che sorprende, colpisce, affascina, dà un nuovo senso alla vita, all’oggi - come accadde ai primi che lo seguirono. E’ contemporaneo. «Il Signore è veramente risorto, Egli è il Vivente», dice Benedetto XVI.
Una contemporaneità di vita che si trasmette: «I discepoli dopo Pasqua: che cosa prevaleva in loro? Una novità che rendeva nuova la vita, il lavoro e l’abbraccio, il pentimento e il proposito, il compito e la missione. I ‘viventi’, venivano chiamati», ha ricordato recentemente don Julián Carrón. Il Vivente e i viventi.
Ancora dal libro del Papa: «La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere - una sorta di concezione religiosa del mondo -, ma la fede cristiana è morta.»
Perché non sarebbe più qualcosa di valido “sempre”, qualcosa che accade “di nuovo”.
E’ questo il livello della sfida: che nel mondo ci siano uomini attraversati e commossi da una novità di vita, valida “sempre” e riconosciuta “di nuovo”.
Una sfida lanciata da Benedetto XVI agli uomini d’oggi, tutti, a partire da se stesso.

© Copyright La Voce di Romagna, 31 maggio 2011

1 commento:

Anonimo ha detto...

Monastero tradizionalista americano già scismatico ringrazia il Santo Padre e ritorna in piena comunione con Roma.
http://www.ncregister.com/daily-news/a-tale-of-reconciliation/

Alberto