I COLLOQUI DOTTRINALI FRA SANTA SEDE E FRATERNITA' SACERDORTALE SAN PIO X: LO SPECIALE DEL BLOG
VATICANEIDE - Giugno il mese decisivo per ricucire lo strappo
Lefebvriani, passi avanti verso la riconciliazione
di Andrea Bevilacqua
Il mese di giugno potrebbe portare a una conclusione le consultazioni esistenti da tempo tra il Vaticano e la Fraternità sacerdotale San Pio X, la comunità ultratradizionalista fondata dal vescovo scismatico Marcel Lefebvre scomunicato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II.
Recentemente è stato l'attuale superiore generale della Fraternità, monsignor Bernard Fellay, a dire che ciò che la Santa Sede ha in mente per loro sarebbe la costituzione di un ordinariato che lascerebbe la piena autonomia ai lefebvriani nei confronti dei vescovi diocesani.
Se così fosse la strategia di Benedetto XVI per non escludere i lefebvriani dalla comunità ecclesiale si avvicinerebbe di molto a quella adottata recentemente con gli anglicani. Anche agli anglicani che intendono tornare con Roma è stata offerta la possibilità di farlo creando diversi ordinariati.
La tappa di riavvicinamento tra Roma e i lefebvriani è stata lunga e laboriosa. Un'accelerazione è avvenuta 7 luglio 2007 con il motu proprio Summorum Pontificum che riconosce a ogni prete cattolico di rito romano il diritto di celebrare la messa secondo l'antico uso. Era questa la prima condizione preliminare che gli stessi lefebvriani avevano chiesto per un'eventuale riconciliazione.
Il 21 gennaio del 2009 ci fu un di revoca della scomunica per i quattro vescovi della Fraternità. Anche questo fu un enorme passo verso i lefebvriani, un passo non senza conseguenze drammatiche come fu la reazione di tutto il mondo quando uscì la notizia che uno dei quattro presuli, monsignor Richard Williamson, era negazionista quanto alla Shoah. Ratzinger subì pesanti critiche provenienti soprattutto dal mondo ebraico.
Poi Roma invitò una commissione teologica della Fraternità a partecipare a dei colloqui dottrinali presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. Il tavolo della discussione, tutt'ora aperto, vede impegnati tre teologi della Fraternità e tre teologi romani.
La Santa Sede ha un obiettivo: tenere vicina a Roma la Fraternità e non permettere che si allontani ulteriormente. Ovviamente ci sono dei paletti.
Su tutti il fatto che la Fraternità deve accettare tutti i testi usciti dal lavoro del Concilio Vaticano II senza considerarli carta straccia. Per la chiesa il Vaticano II non ha tradito la dottrina della chiesa, traditrice semmai è stata l'ermeneutica successiva al Concilio, quell'ermeneutica della rottura che lo stesso Benedetto XVI ha stigmatizzato nel discorso alla curia romana del 22 dicembre del 2005: il Concilio per il Papa va letto in continuità con la tradizione passata. Su questo punto lefebvriani hanno più volte avuti uscite molto dure. Ma se dimostreranno un cambiamento in merito le porte del Vaticano torneranno ad aprirsi del tutto per loro. La strada è l'ordinariato, sul modello di quello adottato per le comunità anglicane.
© Copyright Italia Oggi, 11 giugno 2011 consultabile online anche qui.
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