giovedì 7 luglio 2011

I Lefebvriani tornano all'ovile? Un (piccolo) spiraglio si apre...(Siro Mazza)

I lefevriani tornano all'ovile? Un (piccolo) spiraglio si apre...

Siro Mazza

Esiste «la possibilità che il Papa proponga una soluzione canonica alla Fraternità San Pio X per entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica, attraverso l'istituzione di un Ordinariato». A sostenerlo, in un articolo scritto per la rivista spagnola Palabra, è Andrea Tornelli, fra i più qualificati e informati vaticanisti italiani, il quale ha inoltre riferito che nei giorni scorsi sarebbero terminati, discretamente e senza pubbliche dichiarazioni, i colloqui teologici tra la Santa Sede e rappresentanti della Fraternità tradizionalista fondata da mons. Lefebvre. La notizia alimenta il clima di confusione e incertezza intorno all'intera questione del cosiddetto "pieno reintegro" dei "lefebvriani" in seno alla Chiesa cattolica, che sta molto a cuore allo stesso Papa, ma che pare di non facile soluzione.
In effetti, ad aumentare le difficoltà ha contribuito ieri il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, per il quale le ordinazioni di preti lefebvriani sarebbero da considerarsi "illegittime".
Il riferimento è alle ultime ordinazioni sacerdotali compiute dalla Fraternità di San Pio X senza autorizzazione pontificia: lo scorso 29 giugno, infatti, sono stati ordinati 13 nuovi sacerdoti nella sede centrale della Fraternità ad Econe, in Svizzera. Alla cerimonia hanno partecipato i quattro vescovi a cui, nel 2007, Benedetto XVI aveva revocato la scomunica, compreso il Superiore della Fraternità, monsignor Bernard Fellay. «Non vi è che da ribadire - ha detto Lombardi - quanto già dichiarato in situazioni analoghe in passato, cioè rinviare a quanto affermato dal Santo Padre nella sua Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica del 10 marzo 2009: "Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa", e ancora: "Finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa"...».
Eppure, immediatamente dopo la revoca della scomunica, la Fraternità aveva per un certo periodo goduto di una sorta di reintegrazione de facto. Solo la vicenda di mons. Williamson pose termine a questa sorta di limbo: come si ricorderà, il vescovo britannico della Fraternità - uno dei quattro consacrati da mons. Lefebvre nel 1988, atto che causò la scomunica inflitta dall'allora regnante Giovanni Paolo II - fu coinvolto in una campagna scandalistica (il cui vero obiettivo era in realtà la Fraternità in quanto tale e, ancor di più, lo stesso Pontefice, "reo" di volerla riappacificare con Roma), a motivo di alcune infelici dichiarazioni sull'olocausto. Non a caso, le agenzie che ieri hanno riportato le dichiarazioni di padre Lombardi hanno insistito sul fatto che alle citate ultime ordinazioni di Econe fosse pure presente proprio mons. Williamson, in questi giorni sotto processo, in Germania, per "negazionismo". Nel pieno della tempesta mediatica (confezionata ad arte) lo stesso portavoce Lombardi asserì allora che il decreto di revoca delle scomuniche "andava interpretato": a suo avviso, infatti, esso non comportava automaticamente "il pieno reintegro", né una giurisdizione particolare per la Fraternità.
Quest'ultima, a sua volta, ha sempre invocato lo "stato di necessità" che la crisi attuale della Chiesa determinerebbe, e che la stessa dottrina tradizionale cattolica ammette, a certe gravi condizioni. La carità, intesa come assoluta priorità per la salus animarum, determinerebbe pertanto la legittimità di tutti gli atti compiuti dai lefebvriani, anche senza esplicita autorizzazione da Roma. In effetti, come riportato da padre Lombardi, il nocciolo della questione non è tanto giuridico-canonico, quanto dottrinale, e pertanto di assai complicata soluzione: si tratta di riconoscere o meno lo "stato di necessità" e la situazione di crisi della Chiesa, che il Concilio Vaticano II avrebbe aperto e gli ultimi pontificati non risolto. Cosa impossibile da parte della Santa Sede, benché oggi - a differenza solo di qualche anno fa - si tratta di un argomento coraggiosamente affrontato da un sempre crescente numero di intellettuali, sacerdoti, ordini religiosi e agenzie culturali di fede cattolica.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 7 luglio 2011

1 commento:

Gianpaolo1951 ha detto...

Diamo tempo al tempo!!!...