domenica 10 luglio 2011

Il Timoniere della Chiesa dinanzi all' "anarchia della rottura" (traduzione del commento di Armin Schwibach)

Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine segnaliamo la seguente traduzione del commento di Armin Schwibach.
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IL TIMONIERE DELLA CHIESA DINANZI ALL' "ANARCHIA DELLA ROTTURA"

L’attacco contro l’ermeneutica della continuità. L’autentico rinnovamento può venire solo da Roma ed essere sostenuta da Roma

di Armin Schwibach

San Bonifacio ha detto: “La Chiesa, è come una grande nave che solca il mare del mondo. Sbattuta com’è dai diversi flutti di avversità, non si deve abbandonare, ma guidare”. Proprio in un tempo di “tempesta” per la Chiesa, in cui i flutti sembrano colpire sempre più in alto e spesso non si riesce a vedere una luce affacciarsi da dietro le nuvole, rimane la domanda su come questa nave può essere guidata. E non poche voci si sono alzate, approfittando delle tenebre, per mettere in questione i fondamenti stessi della fede, evocando un nuovo cristianesimo non costruito “cum Petro et sub Petro”, ma contro il Papa e la gerarchia, contro l’insegnamento della Chiesa.
Non è un caso che proprio i progressisti di ogni colore ed età si fanno avanti sempre di nuovo e in diverse formazioni, in modo del tutto fazioso. Ad esempio, nel caso di uno scandalo per abuso sessuale, accusando il celibato, oppure vescovi emeriti e storici del Concilio che prospettano un “Concilio Vaticano III”, il che al momento è realmente il nocciolo del problema. Infatti diventa sempre più evidente che l’attacco generale, sapientemente sostenuto dagli insaziabili e, ahimè, infernali mass-media, è portato dall’interno. Cioè, quelli che si facevano chiamare “noi siamo Papa Benedetto”, non sono in lotta contro la cultura post- moderna di relativismo della nostra società, ma con settori determinanti della Chiesa, approfittando del momento di crisi, per portare a nuova vita i soliti e disorientanti elementi ben noti di “critica alla Chiesa”.
Si butta tutto in un calderone (non di rado in forma offensiva e spudorata), per contestare missione e natura della Chiesa e interpretarla nuovamente. La “ermeneutica della continuità” – tema centrale del pontificato di Benedetto XVI – è di nuovo sul tappeto, a quanto pare. Dopo la prima “rottura” nell’ebbrezza di un tanto invocato “spirito del Concilio”, nel deliro di un falso panico morale, si vuole ora realizzare in modo deciso un “cammino di via da Roma”, la “rottura” definitiva in nome di una nuova pseudo-religione umanizzante, fondamentalmente irrazionale e adattata. Ma essi “non praevalebunt”, anche se hanno a disposizione per sé tutti i palcoscenici dei mass-media.
La storia insegna che il vero rinnovamento viene solo da Roma e sostenuto da Roma. Il successore di Pietro sta al centro di questo rinnovamento, realizzabile solo con la purificazione e la rinascita del senso cristiano in un mondo scristianizzato e in una Chiesa secolarizzata. Il Papa è il timoniere della nave della Chiesa sbattuta dalle onde, e non è un caso che proprio Benedetto XVI, nella sua catechesi su san Bonaventura durante l’Udienza Generale del 10 marzo 2010, ha fornito indicazioni cruciali per comprendere il suo servizio e la sua visione di Chiesa e di governo della Chiesa.
Come già aveva fatto all’inizio della sua carriera accademica il giovane teologo Joseph Ratzinger (La teologia della storia di san Bonaventura, Habil.-Schr.Univ. Monaco 1955), il Papa, nella teologia della storia di san Bonaventura presenta un ritmo trinitario contrario a quello propugnato da Gioacchino da Fiore e da altri, agli inizi dell’Ordine francescano, che aveva condotto al movimento degli “spirituali”. Gioacchino da Fiore voleva spiegare la storia come una storia del progresso: dalla severità dell’Antico Testamento alla relativa libertà del tempo del Figlio nella Chiesa, fino alla piena libertà dei figli di Dio nel tempo dello Spirito Santo, che finalmente doveva essere anche l’era della pace tra gli uomini, della riconciliazione tra i popoli e le religioni.
E’ sintomatico che venga ripresentata tale interpretazione proprio nel momento attuale di crisi della Chiesa: interpretazione che non corrisponde alla Chiesa “una sancta”, ma che annuncia un’era tutta nuova che oltrepassa la rivelazione del Vangelo. Della nuova interpretazione, fa parte anche la negazione della necessità della Chiesa gerarchica. Su questo, aveva appunto chiarito san Bonaventura, ricordato da Benedetto XVI, che non c’è da attendersi nessun altro Vangelo e nessuna altra Chiesa. Cristo è riconosciuto come centro della storia, e non come traguardo di un’epoca.
Sempre di nuovo ritorna per il Papa l’interpretazione di una storia segnata dall’idea del declino. Al contempo, Benedetto XVI individua “un utopismo spirituale” che si ripete: “Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente “altra”. Un utopismo anarchico!”. Al contrario, il Papa difende l’unicità e la continuità della Chiesa, una Chiesa “che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia”.
Benedetto XVI guiderà la Chiesa: a suo modo, seguendo l’insegnamento del suo grande maestro Bonaventura, nel quale convivono “sano realismo” e “coraggio spirituale”, i quali si avvicinano il più possibile al cuore del Vangelo. Come parlasse di se stesso, il Papa spiega che “per san Bonaventura governare non era semplicemente un fare, ma era soprattutto pensare e pregare. Alla base del suo governo troviamo sempre la preghiera e il pensiero; tutte le sue decisioni risultano dalla riflessione, dal pensiero illuminato dalla preghiera. Il suo contatto intimo con Cristo ha accompagnato sempre il suo lavoro di Ministro Generale e perciò ha composto una serie di scritti teologico-mistici, che esprimono l’animo del suo governo e manifestano l’intenzione di guidare interiormente l’Ordine, cioè, non solo mediante comandi e strutture, ma guidando e illuminando le anime, orientando a Cristo”.
Benedetto XVI spiega ancora che gli scritti teologici e mistici di san Bonaventura “erano l’anima del suo governo”. Lo stesso vale per lui. Il suo insegnamento è “illuminato dalla preghiera e dal pensiero”. Il timoniere prega che la nave che guida sappia resistere alle acque tempestose, di venire fortificato dalla preghiera, poiché la preghiera, ricerca dell’unione mistica con Cristo, costruisce la sua struttura portante. Il Papa risponde a ogni sporcizia, a ogni attacco – con la preghiera. I suoi strumenti forti e nobili sono la predicazione, l’insegnamento, l’esemplarità, la liturgia, l’insistenza amorevole, poiché occorre fare sul serio con il messaggio del cristianesimo.
Concludeva Benedetto XVI la sua grande catechesi sul “Dottore serafico”, con una citazione di san Bonaventura tratta dal suo capolavoro mistico “Itinerarium mentis in Deum” – parole che il Santo Padre e Vicario di Cristo desidera che scendano nel profondo del cuore di tutti i cristiani. Queste parole costituiscono, per il timoniere, il punto di partenza e di arrivo della vita: “Se ora brami sapere come avvenga la comunione mistica con Dio interroga la grazia, non la dottrina; il desiderio, non l’intelletto; il gemito della preghiera, non lo studio della lettera; lo sposo, non il maestro; Dio, non l’uomo; la caligine, non la chiarezza; non la luce, ma il fuoco che tutto infiamma e trasporta in Dio con le forti unzioni e gli ardentissimi affetti… Entriamo dunque nella caligine, tacitiamo gli affanni, le passioni e i fantasmi; passiamo con Cristo crocifisso da questo mondo al Padre, affinché, dopo averlo visto, diciamo con Filippo: ciò mi basta”.
E deve bastare. Tutto il resto può essere solo opera dello spirito maligno e complicità con i seminatori di confusione. E chi vorrebbe essere servitore del diavolo – o forse lo è già?

tratto da Kath.net 08/07/2011
(articolo originale: http://www.kath.net/detail.php?id=32257 - trad. it. don G. Rizzieri)

http://www.diocesiportosantarufina.it/home/news_det.php?neid=1289

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