Riceviamo e con piacere pubblichiamo:
COMUNICATO STAMPA
del 7 agosto 2011 ore 12.00
Si è concluso sabato 6 agosto il XXIII Convegno Nazionale della Comunità del Diaconato in Italia.
E' stato un finale molto denso di significato. Dopo la celebrazione delle lodi con la meditazione di don Luca Bassetti, nella Sala Manzoni è stato proiettato un filmato realizzato dal Presidente Enzo Petrolino sul “Progetto di adozione dei diaconi cubani, con immagini, interviste e testimonianze.
Puntuale alle 9.30 è arrivato al Convegno S.E. Mons. Giancarlo Bregantini, Arcivescovo di Campobasso, Presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.
Accolto con calore da tutti i Convegnisti, Mons. Bregantini ha tenuto una relazione sul tema: “E' ormai tempo di svegliarsi dal sonno” (Rm 13,11) Diaconi educati al servizio del Vangelo per il bene della società.
Mons. Bregantini ha centrato il suo intervento su cinque segni del diaconato che sono anche cinque doni che i diaconi ricevono con l'ordinazione.
LA TERRA, che ogni diacono riceve in dono e che sceglie con l'incardinazione che non è solo una questione giuridica ma è, prima di tutto, il primo dei grandi segni e doni di Dio. Una terra che va amata con CUORE verginale. Come modello ha indicato San Giuseppe, vero modello dei diaconi che ha saputo operare scelte di campo in un contesto difficile gettando il cuore oltre l'ostacolo e passando dal destino al Progetto, dall'ormai all'Ancora.
L'altra dono sono i POVERI che sono i segni che incontriamo lungo il cammino della vita. Il quarto dono è il VANGELO che va meditato con la lectio e il giornale. L'ultimo done è quello della PREGHIERA. Pregare per la comunità. L'intercessione deve appartenerci. E' un'arma contro il male.
Le conclusioni sono state tratte dal Presidente Enzo Petrolino.
Ha esordito che questo Convegno 2011 è stato molto particolare. Si è cercato di guardare al bene della nostra società in questo tempo. Ha sottolineato come non dobbiamo perdere la memoria di cosa è stato il diaconato in questi primi 40 anni dal suo ripristino e ha chiarito come l'identità dei diaconi è già stata ampiamente tracciata nei documenti della Chiesa e in particolare nel documento fondativo del 1971. In quel documento si parla chiaramente della Grazia Sacramentale del diaconato. Ha poi invitato a rinnovare l'impegno missionario e di evangelizzazione così come si diceva nello stesso documento del 1971 che richiedeva una presenza dei diaconi quali animatori di comunità minori.
Tutto questo, dice Petrolino, va ripreso e attuato.
Poi cita altri documenti “Evangelizzazione e testimonianza della Carità” (1990) nei quali i Vescovi indicano i diaconi come segno della Chiesa che serve in mezzo ai fratelli. La stessa espressione i Vescovi la riprendono in “Orientamenti e Norme” dove è affidata ai diaconati l'educazione dei giovani al Vangelo della Carità.
In questo ambito Petrolino inserisce il discorso della formazione dei diaconi. Qui c'è una questione molto seria dopo la chiusura degli istituti diocesani di formazione. Oggi è necessario che ci sia una formazione ad hoc per i diaconi. Occorre una formazione mirata. Questo ambito riguarda anche le spose dei diaconi. La formazione, naturalmente, riguarda sia la fase precedente l'ordinazione che quella successiva (permanente).
Ancora una questione. Occorre una “santa inquietudine” che i diaconi devono incarnare nell'esercizio del loro ministero. Questa va coniugata con la “scelta dei poveri” che attraversa l'esercizio del ministero diaconale in maniera trasversale. E' una scelta da prendere a cuore nelle nostre realtà parrocchiali e diocesane. Un impegno che ci è stato consegnato nel documento finale del Convegno di Verona dove si dice che occorre ridare speranza ad ogni fragilità. A questo proposito Petrolino ricorda come proprio nel documento finale del gruppo della Fragilità a Verona si invitavano le comunità ecclesiali a dare accoglienza e assicurare al diaconato lo spazio che gli spetta per contribuire al riconoscimento del valore straordinario di questo ministero per il e nel servizio alle persone fragili. I diaconi devono prendersi cura dell'incertezza della persona.
Petrolino, però, ha però sottolineato che se è vero che ai diaconi va dato questo spazio è anche vero che i diaconi debbono farsi trovare dentro questo spazio. Invita, perciò, i diaconi a fare un esame di coscienza vero e profondo.
I diaconi, infine, sono invitati ad avere fiducia e ad “osare il coraggio della speranza”. Nel documento “Un Paese solidale, Chiesa e Mezzogiorno sono stati definiti “eletti dispensatori della carità”.
Petrolino chiude il suo intervento domandandosi e domandando: “Quale è il modello di Chiesa che abbiamo in testa”.
In questo campo ci vogliono scelte precise. “La Chiesa -dice il Presidente Petrolino, riproponendo le parole di Giovanni Paolo II- deve ritrovare se stessa fuori di se stessa”. E' questa la conversione di cui abbiamo bisogno: una conversione pastorale. I diaconi sono chiamati perciò a spingere tenendo conto di cosa sta accadendo nel nostro tempo e debbono avere la capacità di indignarsi non per essere contro ma per annunciare il Vangelo di Cristo. Lo stesso Gesù Cristo si è indignato nel suo tempo.
E' necessario che i diaconi si facciamo missionari e avviino sperimentazioni occupando spazi diaconali specifici come quello della famiglia. Occorre far crescere famiglie diaconali che si facciano carico delle povertà. E' stata importante allora la presenza delle spose anche in questo Convegno. Quindi si cercherà di avviare una rete delle spose affinchè possano aiutare e sostenere i loro mariti.
L'altro grande campo di azione è quello di aiutare i presbiteri a fare comunione. Anche questo è un compito diaconale.
Infine, i diaconi sono chiamati a portare la speranza in ogni ambiente dove operano. E' un dovere e un impegno programmatico.
Ufficio Stampa del Convegno
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