Nella festa della “mochila”
Cosa vogliono dire e dirsi i giovani di Madrid?
Cristiana Dobner
Lo stile dei giovani ha sempre imbarazzato i paludati adulti, ormai inquadrati e forse fossilizzati, suscitando facili ironie ed ampie disapprovazioni. Non è un mistero e neppure un’ipotesi da comprovare, solo un dato da accettare. L’interrogativo tacitamente sotteso però non si può eludere e bisogna affrontarlo: che cosa vogliono dire e dirsi i giovani con uno stile diverso?
Qualche decennio fa sarebbe stata inimmaginabile una folla variopinta ed internazionale che colmasse vie e piazze di una città, una folla incanalata e pacifica ma quanto mai mobile, rumorosa e canterina, fuori dagli schemi consueti.
Viene così denunciato il bisogno giovanile creativo che rompa strutture fisse, etichette e galatei. Salvo poi a crearne altri che, pur essendo diversi, tutto sommato risultano uguali perché, quanto è trendy omologa e, nell’appello alla diversità, intesa come affrancamento se non proprio come libertà, si ricade in una somiglianza che non lascia spazio alla persona, così com’è e come vuole essere.
Lo zainetto della Gmg va pensato e riempito con saggezza, non fosse altro che per non gravarsi di pesi inutili, lo si chiama in questo 2011 mochila, ed ormai è oggetto cult e segno simbolo pregiatissimo. Sacca, tascapane, bisaccia del pellegrino, richiamano e propongono altre realtà, questo è diverso. Perché?
Perché questa è la festa della mochila, di un incontro che sta portando l’impronta dello spirito iberico, di quel tocco spagnolo che colora i balli ed i canti, e vi conferisce un’aria di fiesta ben distinta dalla gravità del pellegrinaggio penitenziale antico con abiti dimessi e stinti, contrassegnato dalle lunghe litaniche preghiere di pentimento e dall’aria pensosa.
Mochila indubbiamente potrebbe rivelarsi spuma e, come tale, dissolversi ma, se la spuma è l’espressione dell’impeto, il contenuto della mochila conduce altrove, più in fondo, alla ricerca della sorgente.
Chi fra i giovani più saprà attingervi, più ritornerà al suo Paese non solo con il ricordo del clima di fiesta ma sedotto anche da un’altra parola spagnola: alegría che non è sinonimo di ebbrezza, di sprizzare incontenibile ma di gioia trasparente, nata dall’incontro con la realtà della Persona di Gesù Cristo.
La alegría se spumeggia non si…siede ed evapora scomparendo, ma è spia di una mano che si è lasciata afferrare dalla mano di Dio sempre tesa verso la donna e verso l’uomo, quindi sentire profondo che si sedimenta e diventa molla di vita, anche quando esce dalla gioventù e si impone la svolta all’età adulta.
Si potrebbe dire che si crea un rapporto davvero…figo (dallo swahili pheego, cioè "bello da morire"), perché si fonda sulla roccia che è Cristo e regge ad ogni urto, perché la fede, cioè quella stretta potente di due mani intrecciate, decide della vita e di ogni momento della vita.
Perché l’incontro con la Parola di Dio è dirompente e sigilla, non portando allo sballo e alla perdita della coscienza e delle dimensioni della realtà, ma immergendo in un’acqua che, se disseta, lascia ancora più assetati: wow! Quest’acqua va assaggiata!
Papa Benedetto che ritrova un momento di gioventù - ben ardua la sua sotto il tallone nazista - con poche parole ne ritaglia i confini e li consegna alla vita di ciascuno: “Dio desidera un interlocutore responsabile, qualcuno che possa dialogare con Lui e amarlo. Per mezzo di Cristo lo possiamo conseguire veramente e, radicati in Lui, diamo ali alla nostra libertà. Non è forse questo il grande motivo della nostra gioia? Non è forse questo un terreno solido per edificare la civiltà dell’amore e della vita, capace di umanizzare ogni uomo?”.
Ed allora la mochila che, prima o poi, bisogna deporre, non rimane soltanto trofeo appeso alla parete della propria stanza, ma si stempera e si diffonde nell’agire quotidiano, nelle opzioni ineludibili, nella crescita e nello sviluppo della persona afferrata da Cristo che costruisce rapporti nuovi e inediti e, in micro realizzazioni, plasma la macro realizzazione della società.
I germi di novità stanno esplodendo, non possiamo consegnare ai giovani una società che fa acqua da tutte le parti e una comunità ecclesiale che si ripiega su stessa, ma dobbiamo insieme aprirci ad un soffio di novità, di uno spendersi in proprio, giocando la propria esistenza con coraggio, guardando ai deboli che vengono emarginati, agli affamati che languono e muoiono, ai piccoli di cui viene distrutta l’infanzia con l’abuso sessuale o con azioni di guerra, agli sbarchi delle carrette della morte che ormai hanno ridotto il mare nostrum, l’azzurro bacino mediterraneo, in una liquida ed oscura fossa di morte.
I boys e le girls della Gmg vogliono una movida diversa, di altra valenza, che non intorbidi la vita e riduca a pappa il cervello per eccesso d’alcool, con il loro convenire e riunirsi, esprimono quindi una sana rivoluzione.
Immersi in questa folla multicolore vociante e dinamica ci sono i maestri di spirito del futuro, questa gioventù attraversa il presente per raggiungere l’avvenire: non è figo, cioè "bello da morire"?
© Copyright Sir
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