giovedì 6 ottobre 2011

Articolo molto "urticante" di Lidia Lombardi sul libro di Gian Franco Svidercoschi "Mal di Chiesa"

Pamphlet «Mal di Chiesa» di Gian Franco Svidercoschi. A confronto con il non credente Adriano Sofri

Io, cristiano sfibrato dal dubbio

La crisi del pontificato di Ratzinger, lo scadimento morale E la speranza che si completi la rivoluzione del Vaticano II

di Lidia Lombardi

Gianfranco Svidercoschi ha cominciato a fare il vaticanista - a lungo per «Il Tempo» - all'avvio del Vaticano II.
È diventato vicedirettore dell'Osservatore Romano. Ha vissuto quotidianamente il travolgente pontificato di Wojtyla. Viaggi, incontri, sfociati anche nella collaborazione con Giovanni Paolo II per il libro «Dono e mistero». E di libri ne ha scritti altri, come «Storia di Karol» diventato film, e «Una vita con Karol», cui ha lavorato con il segretario del papa polacco ora arcivescovo a Cracovia, Stanislao Dziwisz. È un cattolico tra i più entusiasti del raccordo della Chiesa con l'apostolato laico. E del legame con il mare magnum dei fedeli, la ricchezza vera del cattolicesimo. Ma adesso è «un cristiano in crisi». E lo scrive sulla copertina di un libriccino lieve di peso ma grave nel contenuto e fin dal titolo, che l'Autore ha fortissimamente voluto bussando alla porta di troppi editori prima di trovarne uno coraggioso. «Mal di Chiesa» è un pamphlet, un atto di accusa e di indignazione di chi vede stritolata la cupola di San Pietro, ondivaga la Curia romana, massacrato troppe volte il Papa di oggi. È vero, avverte Svidercoschi, la crisi viene da lontano. È cominciata quando la Chiesa doveva rilanciarsi nella revisione del Concilio Vaticano II. Che poi non è stato attuato compiutamente, che si è scontrato con il relativismo, la politicizzazione latinoamericana, gli scandali dello Ior e di altri poco limpidi affari combinati Oltretevere. Ma insomma, il canto alto di Wojtyla, il rovesciamento della Storia avviato dalla caduta del Muro di Berlino, aveva dato ali al soglio di Pietro. Invece è un veliero troppo spesso squassato dal vento quello sul quale naviga Benedetto XVI. Lo sbatacchia lo scandalo dei preti pedofili, la mina vagante degli scismatici lefebvriani, gli impicci con i disonesti della finanza, con i galoppini che maneggiano soldi. Allora Svidercoschi prova a mettere ordine nei suoi pensieri di cristiano preso da «incredulità, sconcerto, sdegno, pena, una grande pena, e fortissima rabbia». E viviseziona il pontificato di Ratzinger, che il fardello della crisi si porta addosso. Una delle tesi forti del libro è che la Chiesa di Benedetto XVI più che nemici esterni - gruppi politici ed economici che orchestrano campagne mediatiche prendendo spunto per esempio dai casi di pedofilia - abbia nemici interni. Mal lo consigliano, come nel caso della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani giunta all'indomani del proclama negazionista di uno di loro che costringe Benedetto XVI a svelare: «Mi è stato detto di seguire le notizie mediante Internet...». Martella Svidercoschi: «Che significa infatti se un Papa arriva a dire di avere scoperto che nell'ambiente ecclesiale "può essere pure lui trattato con odio senza timore e riserbo?". Che significa se sempre Benedetto XVI, esploso il problema della pedofilia in Irlanda, scrive direttamente ai cattolici di quel Paese, saltando così l'intero episcopato?». E ancora, che significa se il pontefice tedesco trova vette di popolarità quando esce dalla Curia, come nel viaggio negli Stati Uniti? È chiaro, il nodo è nel sistema - nel «sistema clericale» via via degenerato - e non nella figura del pontefice. Come in un refrain Svidercoschi ripete: «Non poteva essere che lui, il nuovo Papa». Diversissimo da Wojtyla, come era giusto che fosse (e fu una gaffe madornale, anche in questo caso interna al Vaticano, affermare che con Karol la gente andava a vedere e con Joseph ad ascoltare). Ma a lui vicinissimo nel sentire la missione della Chiesa al servizio di Dio e degli uomini. Wojtyla l'aveva voluto come principale spalla e parve investitura divina la celebrazione dei funerali del papa polacco che aveva conosciuto il nazismo da parte di quello che sarebbe stato il papa tedesco, cresciuto nel nazismo. Il conclave che lo elesse al quarto scrutinio (i primi tre mostrarono subito l'orientamento dei 115 cardinali chiusi nella Sistina) è stato - osserva l'Autore - «il più rappresentativo e diversificato della Storia» con solo la metà degli elettori europei. Eppure la scelta fu netta. A favore di colui che era stato qualche anno prima irriso come «Panzerkardinal» per l'altolà alla teologia della liberazione. C'è molto da sfatare su Ratzinger. Non è un pontefice lontano dal suo popolo, ma sa parlare con le proprie pecore, come ha appena mostrato a Madrid, nella Giornata Mondiale della Gioventù. Il cristiano in crisi Svidercoschi ha sete di quelle parole, come di quelle di Giovanni XXIII, che aprendo il Vaticano II esclamò davanti a piazza San Pietro gremita: «Si direbbe che anche la luna si è affrettata stasera. Guardalela là in alto». Il cristiano in crisi spera che la Chiesa ritrovi il «coraggio di cambiare, di purificarsi, di riformarsi». È la Chiesa che vorrebbe anche un non credente duro e puro come Adriano Sofri che firma la postfazione al pamphlet. Certo, non accetterà mai la crociata contro la «dittatura del relativismo» perché «le dittature sono assolutiste» e perché «il non credente non può rinunciare a una misura del relativismo». Però vagheggia - da esterno - una Chiesa che viva la povertà evangelica. Una Chiesa delle Beatitudini.

© Copyright Il Tempo, 6 ottobre 2011 consultabile online anche qui.

Io non so fino a che punto certe affermazioni siano una libera interpretazione dell'autrice di questo articolo o siano piuttosto farina del sacco di Svidercoschi. In ogni caso si resta basiti a leggere frasi del genere:

"Ma insomma, il canto alto di Wojtyla, il rovesciamento della Storia avviato dalla caduta del Muro di Berlino, aveva dato ali al soglio di Pietro. Invece è un veliero troppo spesso squassato dal vento quello sul quale naviga Benedetto XVI".

Enno', cari miei, enno'!
Benedetto XVI si e' trovato a risolvere intrighi e scandali che vengono da lontano e che non sono nati sotto il suo Pontificato.
Quando sono stati perpetrati i crimini, odiosi, dei preti pedofili?
Dall'aprile 2005? Non credo proprio!
Quando e' stato permesso a Maciel di agire indisturbato con ampie coperture anche nella curia romana? Dopo il 2005? Non mi pare...
Quando si sono consumati gli scandali che hanno coinvolto lo Ior? Prima o dopo il 2005?
Dire che il Papato, prima dell'avvento di Papa Benedetto, avesse le ali ai piedi significa nascondere la testa sotto la sabbia e non vedere la realta'.
Ci si chieda piuttosto perche' i media hanno descritto una Chiesa idilliaca che non esisteva per poi rovesciare fango su Papa Benedetto XVI.
No, questo articolo non mi piace proprio! Ripeto: non so se certe considerazioni siano di Svidercoschi o della giornalista del "Tempo" ma a questo punto preferisco Sofri che almeno non utilizza Ratzinger come capro espiatorio per far risplendere i suoi predecessori.

R.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Io credo Raffaella,

che la buona stampa di Papa Giovanni Paolo II sia dovuta a due fattori: 1. un Papa polacco che combatte attivamente il comunismo, il grande nemico, e che sostiene attivamente i movimenti anti-comunisti polacchi, non poteva e non doveva avere cattiva stampa per decisione dall´alto: bisognava preservarne l´autorità morale per la lotta: che cosa succederebbe se Benedetto XVI decidesse di dare passaporto vaticano a un monsignore indagato dalla giustizia o lo chiamasse a Roma come arciprete di una basilica per sfuggire a possibili mosse della magistratura? Strano per esempio che le vittime della pedofilia, vittime negli anni 70/80/90 (non certo durante il pontificato di Benedetto) solo ora abbiano tutta questa visibilità.
2. Benché Giovanni Paolo II fosse un Papa "conservatore" almeno quanto Benedetto (per quanto valgano queste categorie per questi due Pontefici), Woytila ha consentito alcuni cambiamenti, che, credo , Ratzinger non avrebbe concesso: chierichette, comunione sulla mano, ministri straordinari dell´eucaristia (sia uomini e donne). Molti vescovi, cresciuti con una diversa interpretazione del Vaticano II, non gradiscono la sua politica ecclesiastica e tentano in ogni modo di indebolirne l´autorità: il Papa è uno di noi e simboleggia, senza potere effettivo, l´unità della Chiesa.

Io vedo purtroppo nel Papato odierno e non intendo quello di Benedetto XVI in particolare un Papato debole, incapace di imporre la sua linea sui vescovi: episodio recente, quando i vescovi italiani votano a maggioranza per una traduzione opposta rispetto a quella che la S. Sede gli ha chiesto di accogliere. Per non parlare dei vescovi tedeschi, austriaci e svizzeri, che gli fanno fronda non dico apertamente, ma che coccolano i pesci piccolo (presbiteri e laici) che vanno contro il Vaticano e Roma.
Il Papa non fa quasi nulla per far rispettare la sua autorità: dove sono gli ammonimenti di quei vescovelli che si permettono di emanare note restrittive sul Summorum pontificum, come se la loro autorità fosse tale da poter rendere una decisione del Papa non valida?

Jacu

Anonimo ha detto...

Buongiorno Raffaella,
ho come l'impressione che hai capito male la frase delle "ali ai piedi". Correggimi se sbaglio, ma a me suona cosi': si aveva l'impressione che con GP2 la Chiesa avesse le ali ai piedi, ma la dura realta', emersa fin troppo bene con B16, e' che e' un veliero alquanto malconcio. Lo era anche prima, ma non lo si voleva vedere.

Raffaella ha detto...

No, ho riletto e confermo la mia interpretazione.
R.

sonny ha detto...

Buongiorno Raffaella. Che dire..è veramente avvilente trovarci, dopo sei anni di pontificato, a formulare ancora queste domande. In questi giorni si sente spesso parlare ( in riferimento alla classe politica) di distacco dalla realtà, di scollamento tra politica e società. Cosa si dovrebbe dire della realtà virtuale letteralmente inventata dai media a discapito di Joseph Ratzinger prima e di Benedetto XVI dopo? Mi fa piacere constatare che Svidercoschi incominci a porsi dei dubbi, ma è un po' troppo comodo passare gli ultimi trent'anni della propria vita a lucidare l'argenteria giovanpaolina, salvo poi redimersi e scrivere che l'attuale Papa è preso a pallettoni e mal consigliato, Dov'era il Sig. Gian Franco? Quando sono scoppiati gli scandali che Raffaella ha citato, nelle migliori delle ipotesi Joseph era o prof. o Arcivescovo di Monaco!!
Per farmi un'opinione completa devo leggere il libro, comunque è incredibile constatare che, dopo diversi anni, siamo avvitati sempre al solito posto.

Anonimo ha detto...

Credo che entrambi stiano cercando di difendere il pontificato di Papa Wojtyla da future riletture in chiave critica che non potranno essere evitate. Tutto qui.
Perché Svidercoschi, a detta della Lombardi, avrebbe trovato difficoltà a trovare un editore?
Alessia

Anonimo ha detto...

Sì, l'articolo è davvero urticante e ho avuto anch'io, leggendolo, lo stesso dubbio di Raffaella: quanto è stato veramente detto dall'autore e quanto è invece una liberissima interpretazione della Lombardi?
per il resto molto pressapochismo e tanti luoghi comuni, fra cui spicca non certo per originalità e buon gusto la differenza fra il papa polacco vittima dei nazisti e il papa tedesco vissuto fra i nazisti: cioè, vi rendete conto che dopo sei anni e mezzo dobbiamo ancora sorbirci certe freddure, che vogliono pure farci passare come analisi lucide di una presunta attuale crisi della Chiesa?! Maria Pia

Anonimo ha detto...

Scusate, ma mi sono proprio "rotto"

sonny ha detto...

Per Anonimo delle 10,31.

Quando si dice capacità di sintesi!

medievale ha detto...

figuratevi che a me dà l'orticaria anche quel "cresciuto nel nazismo", visto che sarebbe stato molto più corretto dire "cresciuto nella terra del nazismo".

Anonimo ha detto...

La nave è squassata dalla tempesta dai tempi di Leone XIII...il malgoverno si è acutizzato sotto Giovanni XXIII che in fatto di amministrazione non capiva nulla .Una volta intrapresa la china discendente....
Non basta essere un buon papa...bisogna saper anche amministrare.
La colpa non è di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI...poi da quando i prelati han voluto lo Stato nel 1929...il male si è incancrenito:scusate lo sfogo,absit iniuria verbis!

Anonimo ha detto...

Dovete mettervi in testa che le gerarchie ecclesiastiche,salvo pochi casi,non vedono l'ora che il papa tolga il distursbo in un modo o nell'altro anche certe notizie infondate sparse ad arte servono allo scopo così i progressisti completeranno il delitto quasi perfetto della chiesa cattolica.Speriamo e preghiamo perchè ciò non avvenga cum Petro sub Petro sempre!