CRISI: S.SEDE, SERVONO RAGIONAMENTI PACATI E NON GRIDA INDIGNADOS
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 24 ott.
Se ci sono punti di contatto tra l'analisi della crisi economica internazionale fatta dalla Santa Sede e la protesta degli indignados, c'e' pero' una grande differenza di metodo nel formulare possibili vie d'uscita dalla situazione attuale.
"E' vero, gli indignados dicono alcune di queste cose ma cio' non significa che queste proposte perdono di validita', hanno valore in se stesse", ha affermato il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, monsignor Mario Toso, rispondendo ai giornalisti.
"Invece di proporre gridando come fanno gli indignados, noi - ha tenuto a sottolineare il vescovo salesiano - scegliamo la strada del ragionamento pacato".
"La Chiesa - ha ricordato Toso nella conferenza stampa di oggi - allorche' interviene a parlare sulla questione sociale, si muove sul piano della sua competenza etica e religiosa. Pertanto, se essa affronta l'attuale crisi del sistema monetario e finanziario non intende addentrarsi in questioni prettamente tecniche, pur non ignorandole.
Il discernimento e la progettualita' che essa mette in campo sono frutto della cooptazione di molteplici saperi entro una prospettiva teologico-morale.
E' cosi' che, nell'analisi, nell'interpretazione e negli orientamenti pratici elaborati, la Chiesa propone un sapere sapienziale, di tipo sintetico, globale, quale quadro etico-culturale che innerva ed orienta la prassi costruttrice e riformatrice secondo l'ispirazione cristiana".
Secondo Toso, "in particolare, nelle riflessioni del Pontificio Consiglio viene offerta una rilettura della grave crisi economica e finanziaria in cui ancora siamo immersi, segnalando, tra le altre cause, non solo quelle etiche, ma piu' specificamente quelle ideologiche".
Di fatto, ha osservato il numero due del dicastero vaticano, "le vecchie ideologie sono tramontate. Ma ne sono sorte di nuove, non meno pericolose per lo sviluppo integrale della famiglia umana. Esse hanno inciso negativamente sul sistema monetario e finanziario internazionale e globalizzato, provocando diseguaglianze sul piano dello sviluppo economico sostenibile, nonche' gravi problemi di giustizia sociale, mettendo a dura prova soprattutto i popoli piu' deboli". "Si tratta - ha concluso - di ideologie neoliberiste, neoutilitariste e tecnocratiche che, mentre appiattiscono il bene comune su dimensioni economiche, finanziarie e tecniche assolutizzate, mettono a repentaglio il futuro delle stesse istituzioni democratiche".
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CRISI: S. SEDE, COMBINATO DI ERRORI TECNICI E MORALI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 24 ott.
La grave crisi economica e finanziaria, che il mondo oggi attraversa, trova la sua origine in "una combinazione di errori tecnici e di responsabilita' morali".
Lo afferma il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in un documento dedicato alla crisi economica internazionale e all'esigenza di un governo mondiale dell'economia. In sostanza, per il dicastero vaticano "gli errori insiti nelle politiche economiche e finanziarie; altri insistono sulle debolezze strutturali delle istituzioni politiche, economiche e finanziarie", sono stati aggravati da "cedimenti di natura etica intervenuti a tutti i livelli, nel quadro di un'economia mondiale sempre piu' dominata dall'utilitarismo e dal materialismo".
"Negli ultimi decenni - ricostruisce il testo - sono state le banche ad estendere il credito, il quale ha generato moneta, che a sua volta ha sollecitato un'ulteriore espansione del credito. Il sistema economico e' stato in tale maniera spinto verso una spirale inflazionistica che inevitabilmente ha trovato un limite nel rischio sostenibile per gli istituti di credito, sottoposti ad un pericolo ulteriore di fallimento, con conseguenze negative per l'intero sistema economico e finanziario". Davanti alla formazione di "sacche eccessive di liquidita' e di bolle speculative che poi si sono trasformate in una serie di crisi di solvibilita' e di fiducia" e' crollata anche la cosiddetta "economia reale", in primo luogo il settore dell'edilizia. Inoltre, "il diffondersi di aspettative sfavorevoli", ha generato "una tendenza negativa della produzione e del commercio internazionale, con gravi riflessi sull'occupazione, e con effetti che ancora non hanno probabilmente esaurito tutta la loro portata. I costi per milioni, anzi miliardi di persone, nei Paesi sviluppati ma anche soprattutto in quelli in via di sviluppo, sono rilevanti". "In Paesi ed aree dove mancano ancora i beni piu' elementari della salute, del cibo, del riparo dalle intemperie, oltre un miliardo di persone - rileva con amarezza la Santa Sede - sono costrette a sopravvivere con un reddito medio di poco piu' di un dollaro al giorno".
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CRISI: S.SEDE, AUMENTO DISEGUAGLIANZE METTE A RISCHIO LA PACE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 24 ott.
"La crisi economica internazionale, di fatto, ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala.
Nessuno puo' rassegnarsi a vedere l'uomo vivere come 'un lupo per l'altro uomo. Nessuno, in coscienza, puo' accettare lo sviluppo di alcuni Paesi a scapito di altri. Se non si pone un rimedio alle varie forme di ingiustizia gli effetti negativi che ne deriveranno sul piano sociale, politico ed economico saranno destinati a generare un clima di crescente ostilita' e perfino di violenza, sino a minare le stesse basi delle istituzioni democratiche, anche di quelle ritenute piu' solide". Lo denuncia il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in un documento dedicato alla crisi economica internazionale e all'esigenza di un governo mondiale dell'economia.
"Sono aumentate enormemente le disuguaglianze all'interno dei vari Paesi e tra di essi", e in questo modo si e' imboccata "una direzione estremamente problematica anche per la pace", afferma il dicastero rilevando che "oggi i moderni mezzi di comunicazione rendono evidenti a tutti i popoli, ricchi e poveri, le disuguaglianze economiche, sociali e culturali che si sono determinate a livello globale generando tensioni e imponenti movimenti migratori".
"Mentre alcuni Paesi e aree economiche, quelle piu' industrializzate e sviluppate, hanno visto crescere notevolmente la produzione del reddito, altri Paesi sono stati di fatto esclusi dal miglioramento generalizzato dell'economia, e persino hanno peggiorato la loro situazione", sottolinea il testo osservando che di fatto cio' e' accaduto "nel corso della seconda meta' del XX secolo", quando per alcuni le condizioni di vita sono migliorate "in una misura e con una rapidita' mai sperimentate nella storia del genere umano".
In proposito, il documento ricorda che "tra il 1900 e il 2000 la popolazione mondiale si e' quasi quadruplicata e che la ricchezza prodotta a livello mondiale e' cresciuta in misura molto piu' rapida cosicche' il reddito medio pro capite e' fortemente aumentato. Allo stesso tempo, pero', non e' aumentata l'equa distribuzione della ricchezza, piuttosto, in molti casi essa e' peggiorata". Per il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, all'origine di tutto questo c'e' "anzitutto un liberismo economico senza regole e senza controlli" divenuto "ideologia" nella forma di un 'apriorismo economico' in quanto pretende di stabilire le leggi del funzionamento del mercato e dello sviluppo economico senza confrontarsi con la realta'". Tale ideologia, per il Vaticano, "rischia di diventare uno strumento subordinato agli interessi dei Paesi che godono di fatto di una posizione di vantaggio economico e finanziario". Cosi' "regole e controlli, che sia pure in maniera imperfetta, sono spesso presenti a livello nazionale e regionale; tuttavia, a livello internazionale tali regole e controlli fanno fatica a realizzarsi e a consolidarsi". Ma, continua il documento, "alla base delle disparita' e delle distorsioni dello sviluppo capitalistico c'e', in gran parte, oltre all'ideologia del liberismo economico, l'ideologia utilitarista, ossia quella impostazione teorico-pratica per cui 'l'utile personale conduce al bene della comunita''", il che "contiene un'anima di verita', ma non si puo' ignorare che non sempre l'utile individuale, sebbene legittimo, favorisce il bene comune". Servirebbe invece "uno spirito di solidarieta' che trascenda l'utile personale per il bene della comunita'". E le decisioni sull'economia mondiale dovrebbero "essere assunte nell'interesse di tutti, non solo a vantaggio di alcuni gruppi, siano essi formati da lobby private o da Governi nazionali". Il che per la Santa Sede oggi non avviene.
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CRISI: S. SEDE, ANCHE G20 HA DETTO CHE SERVE GOVERNO MONDIALE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 24 ott.
I leader del G20, nella Dichiarazione finale di Pittsburgh del 2009, affermano che "la crisi economica dimostra l'importanza di avviare una nuova era dell'economia globale fondata sulla responsabilita'" e avanzano la proposta di una "riforma dell'architettura globale per fare fronte alle esigenze del 21esimo secolo", creando "un quadro che consenta di definire le politiche e le misure comuni per generare uno sviluppo globale solido, sostenibile e bilanciato".
Lo ricorda il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace che rilancia oggi in un suo documento "la necessita' di costituire un'Autorita' politica mondiale".
"Tale necessita' - spiega - appare evidente, se si pensa al fatto che l'agenda delle questioni da trattare a livello globale diventa costantemente piu' ampia" che vanno dai temi della pace e della sicurezza "al disarmo e al controllo degli armamenti; alla promozione e alla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo; al governo dell'economia e alle politiche di sviluppo; alla gestione dei flussi migratori e alla sicurezza alimentare; alla tutela dell'ambiente. In tutti questi ambiti risulta sempre piu' evidente la crescente interdipendenza tra Stati e regioni del mondo e la necessita' di risposte, non solo settoriali e isolate, ma sistematiche e integrate, ispirate dalla solidarieta' e dalla sussidiarieta' e orientate al bene comune universale".
Il dicastero vaticano cita piu' volte i documenti con i quali nel secolo scorso un po' tutti i Papi si sono schierati a favore di un "Governo Mondiale".
"Una tradizione del Magistero - si legge - ripresa con vigore da Benedetto XVI". Ma, ammette, "un'impostazione realistica" mostra che "un'Autorita' dall'orizzonte planetario" dovrebbe "sorgere da un processo di maturazione progressiva delle coscienze e delle liberta', nonche' dalla consapevolezza di crescenti responsabilita'". E "coinvolgere coerentemente tutti i popoli, in una collaborazione in cui essi sono chiamati a contribuire con il patrimonio delle loro virtu' e delle loro civilta'". Secondo il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, "la costituzione di un'Autorita' politica mondiale dovrebbe essere preceduta da una fase preliminare di concertazione, dalla quale emergera' una istituzione legittimata, in grado di offrire una guida efficace e, al tempo stesso, di permettere a ciascun Paese di esprimere e di perseguire il proprio bene particolare. L'esercizio di una simile Autorita', posta al servizio del bene di tutti e di ciascuno, sara' necessariamente super partes, ossia al di sopra di ogni visione parziale e di ogni bene particolare, in vista della realizzazione del bene comune". "Le sue decisioni - si legge nel testo - non dovranno essere il risultato del pre-potere dei Paesi piu' sviluppati sui Paesi piu' deboli.
Dovranno, invece, essere assunte nell'interesse di tutti, non solo a vantaggio di alcuni gruppi, siano essi formati da lobby private o da Governi nazionali".
"Un'Istituzione sopranazionale, espressione di una 'comunita' delle Nazioni', non potra' peraltro durare a lungo - rileva l'organismo della Santa Sede - se le diversita' dei Paesi, sul piano delle culture, delle risorse materiali ed immateriali, delle condizioni storiche e geografiche non sono riconosciute e pienamente rispettate. L'assenza di un consenso convinto, alimentato da un'incessante comunione morale della comunita' mondiale, indebolirebbe l'efficacia della corrispettiva Autorita'".
"Un sano realismo - ammette il documento, manifestando tuttavia molto idealismo utopico - richiederebbe il tempo necessario per costruire consensi ampi, ma l'orizzonte del bene comune universale e' sempre presente con le sue esigenze ineludibili".
Ed e' pertanto "auspicabile che tutti coloro che, nelle Universita' e nei vari Istituti, sono chiamati a formare le classi dirigenti di domani si dedichino a prepararle alle loro responsabilita' di discernere e di servire il bene pubblico globale in un mondo in costante cambiamento". Per la Santa Sede, del resto, "e' necessario colmare il divario presente tra formazione etica e preparazione tecnica, evidenziando in particolar modo l'ineludibile sinergia tra i due piani della prassi e della teoria".
"Lo stesso sforzo - conclude il dicastero - e' richiesto a tutti coloro che sono in grado di illuminare l'opinione pubblica mondiale, per aiutarla ad affrontare questo mondo nuovo non piu' nell'angoscia ma nella speranza e nella solidarieta'".
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