Incontro di Assisi: le riflessioni del prof. Bodei, del cardinale Tauran e di mons. Paglia
Domani, dunque, Benedetto XVI e circa 300 esponenti delle varie fedi mondiali si riuniranno ad Assisi per una giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo. Il Papa e le delegazioni partiranno in treno alla volta della città di San Francesco che nel 1986 vide il primo grande Incontro delle religioni per la pace voluto da Giovanni Paolo II. Il servizio della nostra inviata ad Assisi Francesca Sabatinelli:
Come 25 anni fa le religioni ancora insieme per pregare, questa volta con in più la forte dimensione del pellegrinaggio. Ritrovarsi nel 2011 di nuovo ad Assisi significa per le religioni affrontare un itinerario verso la giustizia e la pace connotato dalla ricerca della verità. Da quando il primo gennaio scorso Benedetto XVI annunciò la Giornata del 27 ottobre, i protagonisti tutti, a cominciare dai Pontifici Consigli coinvolti nell’organizzazione, hanno ripetuto in questi mesi l’importanza di questo cammino, necessario a dimostrare al mondo che gli uomini di religione assieme – altra novità – agli uomini di cultura, anche non credenti, possono dare il proprio contributo alla costruzione di una casa comune migliore. Cristiani, musulmani, ebrei, indù, buddisti, esponenti di altre fedi, si ritrovano per un’esperienza di fraternità, come già fu nel 1986, e per rilanciare il loro impegno di fronte alle sfide di questo tempo. 25 anni fa il mondo era ancora diviso in due grandi blocchi. Di lì a tre anni sarebbe caduto il muro di Berlino, qualcuno ne aveva già intravvisto i segnali ma Giovanni Paolo II volle dare il suo messaggio di portata storica: le religioni, senza fare politica, possono essere portavoce del senso della pace. Oggi, gli uomini di fede ci dicono che di fronte alle minacce moderne del laicismo, del fondamentalismo, del terrorismo, di fronte ai rischi trainati dalla grave crisi economica, e quindi povertà, diseguaglianze sociali, discriminazioni, anche religiose, occorre la ricerca della verità a presupposto della ricerca della pace. Assisi 2011 a differenza dell’86, non sarà un momento pubblico di preghiera delle diverse religioni, ma di silenzio e dialogo che coinvolgerà anche i non credenti perché “il pellegrinaggio della verità, vissuto autenticamente, apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace”.
A differenza della giornata del 1986, ad Assisi quest’anno saranno presenti anche esponenti del mondo della cultura e della scienza, non credenti, che oggi pomeriggio si ritroveranno all’Università di Roma Tre per una tavola rotonda sul tema “Credenti e non credenti di fronte alle sfide della modernità”, alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il prof. Remo Bodei, filosofo, docente presso la University of California, è tra questi. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Io parto dalla convinzione che siamo tutti ospiti della vita, tutti migranti nel tempo e che in realtà nessuno possiede la verità in se stesso. Quindi il confronto con la fede è un confronto libero, tra uomini di buona volontà e di buon intelletto che sono disposti a cercare la verità in un periodo in cui la verità è diventata un optional, è degradata ad opinione. Per questo il confronto mi sembra sempre più utile.
D. – Prof. Bodei, quindi lei si allinea a quanto detto dal cardinale Ravasi, cioè che questa presenza dei non credenti è un modo per ribadire il rilievo del rapporto tra “fides et ratio”?
R. - Se ricordo bene, anche nella “Caritas in veritate” Benedetto XVI ha messo in evidenza che un cristianesimo senza verità diventa soltanto una raccolta di buoni sentimenti, ma questi sono marginali. L’idea che io ho è che il confronto debba essere anche una forma di ascolto e di “disarmo bilaterale”. Ciascuno rinuncia ai suoi dogmi: il laico all’idea che parlare con i religiosi sia un sacrificio dell’intelletto, dall’altra parte i religiosi non restano attaccati agli scogli del dogma e quindi si mettono in gioco.
D. – Questa giornata del 27 è all’insegna del pellegrinaggio verso la pace che deve raccordarsi con un pellegrinaggio verso la verità. In che modo si può lavorare insieme?
R. – Intanto, riconoscendo che esistono valori comuni e condivisi che ci riguardano in quanto uomini. La ricerca della pace, la ricerca dei diritti, l’aiuto dei più deboli e dei più poveri, sono valori su cui si può benissimo lavorare insieme, ciascuno per le proprie motivazioni.
D. – Giovanni Paolo II chiese alle religioni di essere testimoni della pace e del dialogo. In questi 25 anni, secondo lei, si è assistito a un cambiamento del ruolo delle religioni nel mondo?
R. – Certamente. Soprattutto dopo la crisi dei regimi comunisti, dell’ateismo di Stato, le Chiese hanno allargato le loro ali e hanno accolto milioni di persone che prima erano legate a queste forme di fedi laiche. Questo, però, unito alla radicalizzazione di certe religioni, ha fatto delle religioni un terreno di lotta più che di unità. Dal punto di vista della convivenza, probabilmente, certe forme di retaggio teologico andrebbero ridiscusse.
D. – Secondo lei, quali potrebbero essere gli eventuali frutti di questa giornata assisana?
R. – Non credo che ci saranno subito frutti maturi. Penso però che, se da una parte il processo che la Chiesa cattolica sta facendo dal Concilio Vaticano II in poi è un modo per la Chiesa di rispondere alle sfide del mondo moderno, dall’altra i laici stanno perdendo alcune scaglie della loro corazza - che è diventata praticamente inutile, per certi aspetti - e mantengono le loro posizioni in maniera dialogante, senza arroganza e con volontà di capire, sperando che questa sia reciproca. (bf)
Sul significato di questo incontro di Assisi, Thomas Chabolle ha raccolto la riflessione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:
R. – Viviamo - lo vediamo ogni giorno leggendo i nostri giornali - in un mondo precario dove non sono garantiti a tutti la giustizia e la pace. Le armi, purtroppo, si fanno sentire con più forza del diritto. Ecco perché Benedetto XVI ha voluto questo terzo incontro ad Assisi. Gli incontri di Assisi vogliono dimostrare che per rivendicare i propri diritti esiste un’altra dimensione, diversa dalla lotta armata: la preghiera. Oltrepassando la diversità delle religioni, la preghiera esprime una relazione con una Potenza suprema, una relazione che supera le nostre capacità umane. Allora, praticando quello che hanno in comune tutte le famiglie spirituali – preghiera, digiuno e pellegrinaggio – si tratterà di dimostrare che le religioni sono un fattore di pace, non di guerra, che la pace presuppone la verità. Camminiamo tutti verso la sorgente della luce. La ricerca della verità non riguarda solamente i cristiani. Infine, penso che ci sono alcune caratteristiche specifiche di questo incontro di Assisi: questa volta più tempo sarà dato alla riflessione e al silenzio, che diverrà preghiera. Inoltre, gli agnostici faranno sentire la loro voce.(bf)
Lo “spirito di Assisi” fu ereditato dalla Comunità di Sant’Egidio che dal 1987, ogni anno, ripropone l’evento in diverse città italiane ed europee. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Vincenzo Paglia, presidente della Conferenza episcopale umbra e guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio.
R. - Io ricordo l’emozione di tutti i partecipanti in quel giorno, perché era la prima volta nella storia che credenti di diverse fedi si ritrovavano assieme, “non più - come poi disse Giovanni Paolo II - gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto all’altri” per chiedere a Dio quella pace che gli uomini non sanno darsi. Avevano in comune, se così si può dire, la preoccupazione per la guerra e l’ansia per la pace.
D. - In questi 25 anni, a suo giudizio, non si è forse assistito ad una radicalizzazione delle religioni? Questo 27 ottobre che rapporti trova tra le religioni?
R. - Io credo che il filo rosso che si è acceso in quel lontano 1986 non si sia mai interrotto. Certo, purtroppo, poteri non certo religiosi, convinzioni non certo di amore e di pace, ma poteri economici, politici, etnici o occulti hanno cercato - e talvolta purtroppo con successo - di strumentalizzare il credo religioso per scopi che religiosi non sono, magari anche legato al terrorismo. Ecco perché l’incontro pacifico tra le religioni resta un tesoro preziosissimo. Sono passati 25 anni, il mondo si è trasformato molte volte, ma lo spirito di Assisi, quest’incontro di Assisi, oggi acquista un suo valore straordinario.
D. - “Pellegrini della verità, pellegrini della pace” è il titolo di questa giornata: lei che caratteristiche vi individua e quali possibilità vede nel dopo 27 ottobre 2011?
R. - Vedo - diciamo - un arricchimento che si deve in particolare a Benedetto XVI. Papa Benedetto ha fatto emergere una dimensione che ad Assisi era come nascosta, ma che oggi, invece, si esprime in maniera molto evidente: nel pellegrinaggio verso la pace deve raccordarsi anche il pellegrinaggio verso la verità. Ed ecco allora che le religioni non possono fare a meno dell’incontro con la cultura o con gli uomini di cultura nell’attenzione verso la verità; che pellegrini non credenti si uniscano a pellegrini credenti è, forse, un’immagine ancor più ricca di quella del primo Assisi e a me pare straordinariamente importante poterlo sottolineare. Potremmo dire che il discorso di Ratisbona - che poi suscitò reazioni soprattutto in chi non lo aveva letto o non lo aveva ascoltato - in verità trova tutta la sua dignità: dobbiamo evitare che le religioni cadano nella tentazione o dello spiritualismo o del fondamentalismo… Questo può avvenire solo attraverso una ricerca della verità e quindi anche una presenza della ragione per aiutare - diciamo - a criticare le derive patologiche anche degli uomini e delle donne di religione. (mg)
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