venerdì 25 febbraio 2011

Mons. Carrasco De Paula: mondo sempre più aggressivo contro la vita umana (Radio Vaticana)

Mons. Carrasco De Paula: mondo sempre più aggressivo contro la vita umana

«La sfida è molto seria. Ci troviamo a operare in un mondo che si dimostra sempre più aggressivo nei confronti della vita umana. La nostra missione dunque assume una rilevanza sempre più evidente e richiede un rinnovato impegno». Con queste parole il vescovo Carrasco De Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha inaugurato ieri i lavori della XVII assemblea generale nell’Aula vecchia del Sinodo in Vaticano. Per mons. Carrasco De Paula — nominato presidente il 30 giugno dello scorso anno — si è trattato della prima volta alla guida di un’assemblea generale del dicastero. Nel suo intervento, confermando la linea dei suoi predecessori, il presule – riferisce L’Osservatore Romano - ha ribadito che «al centro del nostro agire non c’è un concetto astratto, tanto meno un’ideologia. C’è una persona concreta. Tanto che la Pontificia Accademia per la Vita potrebbe chiamarsi “Pontificia Accademia per la persona”. Davanti a un mondo tanto aggressivo contro la vita la nostra missione è quella di riaffermare con forza la necessità di difendere l’uomo nella sua integralità». Ciò richiede naturalmente qualche «aggiustamento di rotta. Abbiamo raggiunto la maturità e dunque dobbiamo guardare al futuro con occhi nuovi. La prima cosa da fare è potenziare la nostra attività di studio».

«Siamo chiamati — ha spiegato il presidente — ad affrontare argomenti molto complessi che richiedono competenze scientifiche, tecniche, teologiche, etiche e morali di altissima qualità. Bisogna perciò adeguarsi. Spesso ci chiedono spiegazioni appropriate anche altri dicasteri vaticani, soprattutto quando c’è in gioco la dignità della persona umana». È per questo motivo che vengono riunite unità di studio internazionali composte dai massimi esperti nelle diverse tematiche da affrontare. I primi due gruppi — quelli che hanno approfondito le questioni delle banche di cordone ombelicale e del trauma post-aborto — hanno iniziato a lavorare dallo scorso mese di settembre e oggi sono chiamati a presentare i risultati dei loro studi. E già sta per iniziare il lavoro del terzo gruppo di studio. «Si occuperà — ha anticipato il vescovo — dell’infertilità e delle terapie in grado di superare questo scoglio. Non si occuperà certamente della questione che tiene banco in questo momento, cioè la procreazione assistita. Tanto meno ci occuperemo dei limiti e dei danni per la salute legati a simili procedure. Quello che ci interessa è mostrare le strade alternative».

Le coppie con problemi di fertilità oggi vengono quasi sempre indirizzate verso strutture che praticano tecniche artificiali. «Nessuno — ha affermato il presule — si preoccupa di avviare queste coppie verso centri che curano l’infertilità umana, un campo che ha fatto registrare enormi passi in avanti». Il più delle volte il consiglio «è addirittura quello di non perdere tempo con tentativi inutili. Una mentalità da sconfiggere — ha aggiunto — per restituire la speranza anche e soprattutto a chi non intende ricorrere a tecniche artificiali di procreazione. Proprio per dare risposte concrete abbiamo costituito un gruppo di studio del quale sono stati chiamati a far parte alcuni dei migliori specialisti italiani in materia. Con loro stiamo ora allargando l’orizzonte al mondo scientifico per dare vita ad una unità di lavoro internazionale. L’intenzione è quella di pubblicare un libro bianco sul problema della sterilità con tutte le soluzioni alternative possibili».

Per quanto riguarda gli obiettivi di questa XVII assemblea, il vescovo ha indicato innanzitutto la volontà di dimostrare l’importanza di mettere a disposizione di tutti una risorsa eccezionale, quale il cordone ombelicale, «superando la tentazione di gettarlo come fosse un rimasuglio o di conservarlo per sé, pur sapendo magari che si avranno poche possibilità di utilizzarlo». Secondo intento è quello di dimostrare che «di fronte a problematiche insorgenti in seguito a una interruzione di gravidanza procurata, non si può mai parlare di sindrome». La sindrome è «un concetto clinico molto preciso — ha detto mons. Carrasco De Paula — e nei casi di manifestazioni post-aborto non si può assolutamente parlare di sindromi correlate. Ci sono delle conseguenze, certamente. Possono essere minime o persino traumatiche, e comportare situazioni di disagio psicologico grave, anche in ambito familiare. Si tratta comunque di situazioni da valutare per aiutare chi ne è colpito. Però deve essere chiaro che non ci si trova in presenza di una sindrome».

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