Papa: anche le migrazioni sono occasione di annuncio del Vangelo
Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Rischia di perdere la fede chi arriva nell’occidente scristianizzato o in Paesi ove la maggioranza è di un’altra religione. Il contatto con chi lascia la propria terra è occasione di evangelizzazione, come può esserlo anche la testimonianza degli stessi migranti. Ai rifugiati gli Stati diano asilo ed evitino discriminazioni.
Città del Vaticano (AsiaNews)
La globalizzazione che rende più vicini le persone e i popoli e i crescenti fenomeni migratori da un lato e “le attuali ed evidenti conseguenze della secolarizzazione, l’emergere di nuovi movimenti settari, una diffusa insensibilità nei confronti della fede cristiana, una marcata tendenza alla frammentarietà” dall’altro richiedono di “risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide annunciatrici della novità evangelica”. E’ un impegno che riguarda anche i migranti cristiani che arrivando nell’Occidente scristianizzato o in Paesi ove sono una minoranza rischiano di perdere la fede e i non cristiani ai quali vanno offerti “fraterna condivisione e rispettoso annuncio”
E’ quanto afferma Benedetto XVI, che ha dedicato a”Migrazioni e nuova evangelizzazione” la 98ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il 15 gennaio 2012, reso pubblico oggi.
Nel contesto della globalizzazione, scrive il Papa, “le migrazioni interne o internazionali, come sbocco per la ricerca di migliori condizioni di vita o per fuggire dalla minaccia di persecuzioni, guerre, violenza, fame e catastrofi naturali, hanno prodotto una mescolanza di persone e di popoli senza precedenti, con problematiche nuove non solo da un punto di vista umano, ma anche etico, religioso e spirituale. Le attuali ed evidenti conseguenze della secolarizzazione, l’emergere di nuovi movimenti settari, una diffusa insensibilità nei confronti della fede cristiana, una marcata tendenza alla frammentarietà, rendono difficile focalizzare un riferimento unificante che incoraggi la formazione di ‘una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze’, come scrivevo nel Messaggio dello scorso anno per questa Giornata Mondiale. Il nostro tempo è segnato da tentativi di cancellare Dio e l’insegnamento della Chiesa dall’orizzonte della vita, mentre si fanno strada il dubbio, lo scetticismo e l’indifferenza, che vorrebbero eliminare persino ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana”.
“In tale contesto, i migranti che hanno conosciuto Cristo e l’hanno accolto non di rado sono spinti a non ritenerlo più rilevante nella propria vita, a perdere il senso della fede, a non riconoscersi più come parte della Chiesa e spesso conducono un’esistenza non più segnata da Cristo e dal suo Vangelo. Cresciuti in seno a popoli marcati dalla fede cristiana, spesso emigrano verso Paesi in cui i cristiani sono una minoranza o dove l’antica tradizione di fede non è più convinzione personale, né confessione comunitaria, ma è ridotta ad un fatto culturale. Qui la Chiesa è posta di fronte alla sfida di aiutare i migranti a mantenere salda la fede, anche quando manca l’appoggio culturale che esisteva nel Paese d’origine, individuando anche nuove strategie pastorali, come pure metodi e linguaggi per un’accoglienza sempre vitale della Parola di Dio. In alcuni casi si tratta di un’occasione per proclamare che in Gesù Cristo l’umanità è resa partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore, viene aperta ad un orizzonte di speranza e di pace, anche attraverso il dialogo rispettoso e la testimonianza concreta della solidarietà, mentre in altri casi c’è la possibilità di risvegliare la coscienza cristiana assopita, attraverso un rinnovato annuncio della Buona Novella e una vita cristiana più coerente, in modo da far riscoprire la bellezza dell’incontro con Cristo, che chiama il cristiano alla santità dovunque si trovi, anche in terra straniera”.
“L’odierno fenomeno migratorio è anche un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Uomini e donne provenienti da varie regioni della terra, che non hanno ancora incontrato Gesù Cristo o lo conoscono soltanto in maniera parziale, chiedono di essere accolti in Paesi di antica tradizione cristiana. Nei loro confronti è necessario trovare adeguate modalità perché possano incontrare e conoscere Gesù Cristo e sperimentare il dono inestimabile della salvezza, che per tutti è sorgente di ‘vita in abbondanza’ (cfr Gv 10,10); gli stessi migranti hanno un ruolo prezioso a questo riguardo poiché possono a loro volta diventare ‘annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo’ (Esort. ap. Verbum Domini, 105)”.
I rifugiati, poi, “che chiedono asilo, fuggiti da persecuzioni, violenze e situazioni che mettono in pericolo la loro vita, hanno bisogno della nostra comprensione e accoglienza, del rispetto della loro dignità umana e dei loro diritti, nonché della consapevolezza dei loro doveri. La loro sofferenza invoca dai singoli Stati e dalla comunità internazionale che vi siano atteggiamenti di mutua accoglienza, superando timori ed evitando forme di discriminazione e che si provveda a rendere concreta la solidarietà anche mediante adeguate strutture di ospitalità e programmi di reinsediamento”.
“Le comunità cristiane - conclude il messaggio - riservino particolare attenzione per i lavoratori migranti e le loro famiglie, attraverso l’accompagnamento della preghiera, della solidarietà e della carità cristiana; la valorizzazione di ciò che reciprocamente arricchisce, come pure la promozione di nuove progettualità politiche, economiche e sociali, che favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela della famiglia, l’accesso ad una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza”.
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