Note dalla Spagna in Vaticano al concerto offerto al Papa dal Principato delle Asturie
Le pagine più rappresentative del linguaggio musicale spagnolo, opera di autori ispanici e non, hanno caratterizzato il programma del concerto offerto ieri sera al Papa, nell’Aula Paolo VI, dal governo del Principato delle Asturie. “Un pezzo di Spagna” trasferito in Vaticano, ha detto Benedetto XVI nel suo intervento finale, in cui ha messo in luce la maniera ispanica di comporre e interpretare la musica, ricca di emozioni e religiosità. Grande l’apprezzamento mostrato dal Papa per i protagonisti: l’Orchestra sinfonica del Principato delle Asturie, diretta dal cileno Maximiano Valdés. Il servizio di Gabriella Ceraso:
La Spagna si racconta al Papa, coinvolgendolo, insieme con il pubblico dell’affollata Aula Paolo VI, in quello che il Pontefice stesso definisce “un viaggio interiore”, portati dalla musica, attraverso il folkclore, i sentimenti, il cuore di questa terra. E i narratori sono i componenti dell’Orchestra sinfonica della Comunità autonoma delle Asturie, la prima orchestra spagnola in Vaticano. Con loro rivive la maniera spagnola più pura di fare musica, quella di iberici per eccellenza del Novecento, come Manuel de Falla e Isaac Albèniz, ma anche di chi, come il tedesco Richard Strauss e il russo Rimsky Korsakov, alla Spagna si sono ispirati. Un patrimonio, dice Benedetto XVI, che ha tratti specifici presenti in tutto il programma del concerto:
“Essi hanno una caratteristica di fondo: la capacità di comunicare musicalmente sentimenti, emozioni, anzi direi quasi il tessuto quotidiano della vita. E questo soprattutto perché chi compone 'more hispano' è quasi naturalmente portato a fondere in armonia gli elementi del folclore, della canzone popolare, che vengono dal vivere di ogni giorno, con quella che chiamiamo 'musica colta'”.
Ed è un insieme di sentimenti che ne viene trasmesso. Il Papa cita la gioia di vivere nelle tre danze de ”El sombrero de tres picos” di de Falla o la lotta contro il male descritta nella celebre “Danza ritual del fuego” dello stesso autore. E poi la vita animata dei quartieri delle città, come in “Lavapiés”, da “Iberia” di Albéniz; e infine “il dramma di una vita che non trova pace”, come quella di don Juan nell’omonima opera di Richard Strauss, che “non riesce a vivere l’amore in modo autentico e, alla fine, si rende conto del vuoto della sua esistenza”. “Ma c’è un altro elemento”, prosegue Benedetto XVI, “che emerge costantemente nelle composizioni more hispano, ed è quello religioso di cui è profondamente intrisa la gente della Spagna”. E lo aveva colto molto bene Rimsky-Korsakov, che nello splendido Capriccio Spagnolo op. 34, basato sul patrimonio folklorico iberico, unisce a canti e danze, melodie popolari religiose:
“Sono le meraviglie che opera la musica, questo linguaggio universale che ci permette di superare ogni barriera e di entrare nel mondo dell’altro, di una nazione, di una cultura, e ci permette anche di volgere la mente e il cuore verso l’Altro con la 'A' maiuscola, di innalzarci, cioè, al mondo di Dio".
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