Un libro indivisibile
Benedetto XVI e la Convenzione Onu a Durban
Francesco Bonini
Ancora una volta il Papa ha sottolineato l’importanza delle questioni ambientali. All’Angelus della prima domenica di Avvento ha ricordato l’inizio dei lavori a Durban, in Sud Africa, della Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici, che, dall’1 al 9 dicembre, dovrà aggiornare e sviluppare il Protocollo di Kyoto.
“Auspico – ha detto - che tutti i membri della comunità internazionale concordino una risposta responsabile, credibile e solidale a questo preoccupante e complesso fenomeno, tenendo conto delle esigenze delle popolazioni più povere e delle generazioni future”.
L’attenzione ai grandi temi dell’ambiente è uno dei tratti che caratterizzano il magistero di Benedetto XVI. Il motivo profondo di questo convinto “ecologismo” lo ha ribadito proprio presentando il cammino dell’Avvento, “perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio”.
Ritrovare il giusto orientamento significa mettere le cose nel loro ordine: di qui la necessità di tenere insieme l’ecologia ambientale e l’ecologia umana, come instancabilmente ha ripetuto in questi anni.
Proprio in questi tempi di crisi diventa fondamentale riprendere un quadro di attenzione globale. Nell’enciclica ‘Caritas in veritate’ aveva indicato una strada: “Impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità”. In concreto infatti “il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri”. Insomma, il punto è proprio suscitare “quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”.
È infatti forse proprio questa strutturale difficoltà, per la politica e la cultura globale, di tenere insieme i vari aspetti della questione ambientale e la sua cruciale radice umanistica, alla base dell’arduo cammino che ha seguito il protocollo di Kyoto del 1997, mai ratificato da Cina e Stati Uniti, che insieme valgono la metà delle emissioni mondiali.
La strada è tutta in salita: in tempi di globalizzazione è sempre più difficile offrire risposte globali, proprio perché, come si vede in queste settimane, è in corso una sfida globale su chi deve pagare i costi delle successive bolle speculative mondiali.
Quello che i debolissimi attori internazionali e i recalcitranti governi nazionali non riescono a mettere in agenda diventa invece una piattaforma culturale e politica credibile e moderna. A partire dai nostri sistemi europei avanzati. Qui da noi “l’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”, può declinare verso il futuro l’eredità della democrazia occidentale, quello stato sociale di diritto che rischia di implodere per difetto di basi morali, e dunque economiche, adeguate.
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