domenica 19 dicembre 2010

Benedetto XVI e le due chiese. Il commento di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro (Formiche)

Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo:

Le due chiese

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

In linea di principio, i teologi saranno pure una benedizione di Dio, ma se su certe questioni fossero i vescovi a dire qualcosa di assennato sarebbe molto meglio: primo perché sarebbe parte essenziale del loro ufficio, secondo perché le loro parole avrebbero benefico effetto su un gregge disorientato, terzo perché si paleserebbe un sostegno al papa da parte di chi gli ha giurato fedeltà.
L’uso del condizionale, per quanto aderente al quadro della Chiesa di questi tempi, in Italia comincia a essere leggermente impreciso. Grazie a Dio, qualche vescovo ha fatto sentire autorevolmente la propria voce di sostegno al Santo padre durante e dopo la tempesta mediatica scatenata su veri e presunti scandali pedofili in seno al corpo ecclesiale.
Monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, monsignor Oliveri, vescovo di Albenga-Imperia, sono tra coloro che hanno parlato più chiaramente.
Tanto chiaramente e con uso talmente cattolico del pensiero, da essere giunti tutti alla stessa conclusione: stante la gravità degli attacchi del mondo a Benedetto XVI, è ben peggio il dissenso livoroso e infingardo che si è contemporaneamente manifestato dentro la Chiesa, una vera e propria macchina del fango messa in atto contro la persona di Joseph Ratzinger per colpire il suo ufficio di guida della cristianità.
Un fenomeno talmente vasto che, lo scorso aprile, monsignor Crepaldi, dando corpo alla sua riflessione in un articolo sul settimanale diocesano di Trieste Vita Nuova titolato “Gli antipapi e i pericoli del magistero parallelo”, ha efficacemente evocato con la figura delle “due Chiese”: una cattolica, fedele alla dottrina immutabile garantita dal papa, l’altra certamente difficile da definire cattolica visto lo stravolgimento della dottrina, della liturgia, della morale e, naturalmente, del concetto di obbedienza che la rendono qualcosa di inedito in venti secoli di storia, quanto meno per la vastità del fenomeno. C’è ben altro che la pedofilia a soffocare la Chiesa, è l’eresia, spiega monsignor Negri.
Il quale, nella premessa a una nuova edizione dell’enciclica Pascendi dominici gregis e del decreto Lamentabili sane exitu di San Pio X, ha constatato che “le proposizioni fondamentali” condannate dal papa al principio del Novecento “tutte chiaramente in contrasto con la dottrina cattolica, hanno costituito in questi ultimi vent’anni il contenuto anche esplicito di tante pubblicazioni teologiche ed esegetiche e hanno sicuramente influenzato l’insegnamento in facoltà e in seminari”. Tradotto nel bell’amore per il latino di monsignor Oliveri, ciò significa che dentro la Chiesa di oggi, troppi teologi, troppi vescovi, troppi sacerdoti e, quindi, troppi fedeli hanno preso a dire “nova”, cioè “cose nuove”, invece che “nove”, cioè cose antiche “in modo nuovo”.
Concetto opportunamente espresso nella prefazione al fondamentale studio di monsignor Brunero Gherardini Concilio Vaticano II. Un discorso da fare. Bruciato il grano d’incenso sull’ovvia deprecazione della dissoluzione morale e sulle nefandezze pedofile che scandalizzano i più piccoli, non si può nascondere che il problema della Chiesa è un altro, è “l’altra Chiesa” che da sempre la aggredisce e che, dal modernismo in poi, ha preso sempre più forza e usato più astuzia.
Cosicché oggi ci si trova davanti a un fenomeno che Ernesto Buonaiuti, punta di diamante del modernismo italiano, disegnò a suo tempo come modalità perfetta della rivoluzione: «Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma, fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati. Ecco il vero e infallibile metodo; ma è difficile. Hoc opus, hic labor. [...] Il culto esteriore durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice e liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo; ma un protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato». La lungimirante efficacia di tale programma si mostra nella tragedia di tanti fedeli, tanti parroci, tanti vescovi, tanti teologi e tanti intellettuali che, in tutta sincerità, si credono conservatori e, invece, sono progressisti della più bell’acqua. Pur accreditando loro la “buona fede”, non si può certo fare altrettanto con la “fede buona”. Volenti o nolenti, hanno fatto proprio il nocciolo duro del modernismo, che non stava tanto nell’opposizione all’una o all’altra delle verità rivelate, ma nel cambiamento radicale della nozione stessa di verità, mediante l’accettazione del “principio di immanenza” che sta alla base del pensiero moderno: “La verità non è più immutabile dell’uomo stesso, giacché essa si evolve con lui, in lui e per mezzo di lui”. Proposizione, quest’ultima, condannata dal decreto Lamentabili. La conseguenza più clamorosa di questo errore modernista è la convinzione che i dogmi progrediscono, in un vortice evolutivo in cui l’essere si confonde con il non essere, il bene con il male, il vero con il falso, nel più clamoroso ripudio del principio di non contraddizione. Qualcuno potrebbe obiettare che il modernismo è un fenomeno storico, che ormai
appartiene al passato. Non la pensava in questo modo Paolo VI, che durante l’udienza generale del 19 gennaio 1972 spiegava ai fedeli che il modernismo “sotto altri nomi è ancora di attualità”, in quanto espressione di una serie di errori che potrebbero “rovinare totalmente la nostra concezione della vita e della storia”. Nel 1966 era stato Jacques Maritain nel suo Il contadino della Garonna ad affermare che il modernismo non era che “un modesto raffreddore da fieno” se paragonato alla “febbre neomodernista” allora diffusa nella cultura cattolica. Dottrina, liturgia, morale e disciplina ne sono uscite a pezzi. Per capire come tutto questo si traduca nella pratica quotidiana, basta por mente alla miriade di convegni e conferenze promossi da diocesi e parrocchie, in cui vengono messi in cattedra studiosi e intellettuali che insegnano una dottrina capovolta rispetto a quella cattolica. Oppure alla terrificante confusione innescata da analoghe, numerose iniziative promosse sul terreno del dialogo interreligioso. Scrive a proposito monsignor Crepaldi: «Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sui “valori non
negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo. Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006,
la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte».
Il problema, dunque, non è solo nell’ostilità dei nemici esterni alla Chiesa, ma è innanzitutto nella dabbenaggine dei cattolici stessi, documentata da “teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica”, chiara allusione a ben identificabili testate nel limitato gruppetto di quotidiani e settimanali formalmente ecclesiali. Cui si aggiunge la bordata contro il “cattolicesimo democratico” che “antepone la democrazia o la Costituzione al Vangelo”.
Data la naturale e soprannaturale corripondenza tra lex orandi e lex credendi, tra liturgia e dottrina, tutto ciò si trasforma nella devastazione della Messa. Nella maggior parte delle chiese, ormai, la celebrazione non è più intesa come rinnovamento del sacrificio del Calvario, ma come festa con uso di banchetto conviviale, non è più regolata dal rispetto del diritto di Dio al culto, ma dalla autoglorificazione dell’uomo.
Da questo scende una semplicissima constatazione: a due culti diversi corrispondono due fedi diverse e, quindi due chiese diverse. Una da scrivere con la “C” maiuscola, l’altra sembrerebbe di no.

ALESSANDRO GNOCCHI E MARIO PALMARO Autori di Viva il papa. Perché lo attaccano, perché difenderlo, Vallecchi editore, 2010

© Copyright Formiche anno VII - numero 54 - dicembre 2010

9 commenti:

raffaele ha detto...

Trovo del tutto fuori luogo queste affermazioni dei due giornalisti ed anche la scelta di mons. Negri di ristampare la "Pascendi" e la "Lamentabili sine exitu", due documenti magisteriali di cent'anni fa, quando ce ne sono altri più recenti molto migliori.Non a caso i tre prelati qui lodati sono i più conservatori e "ddi destra" nel panorama italiano attuale. E del papa non si citano mai le aperture, ma solo le (presunte) chiusure.
Benedetto XVI non ha bisogno di questi difensori. Ed i vescovi hanno bisogno dell'aiuto di teologi per operare l'"aggiornamento" che Giovanni XXIII chiese ai cristiani e che Benedetto XVI ha più volte richiamato.

Anonimo ha detto...

mons Crepaldi è uno di quelli che predicano bene e razzolano male, perché nella sua diocesi ha creato ponti d'oro al cammino neocatecumenale che quanto a "Chiesa parallela" non ha nulla da invidiare a nessuno!

Anonimo ha detto...

Qual'è il link dell'articolo? Mica l'ho trovato in rete. Non vorrei ci fossero problemi di copyright.

Raffaella ha detto...

Nessun problema di diritti d'autore.
La rivista "Formiche" ha voluto farci questo bellissimo e graditissimo regalo.
R.

gigi ha detto...

Ha ragione Raffaele nel primo commento. L'opera di questi ipologeti (apologeti all'incontrario), insultatori della Chiesa, consiste nel descrivere continuamente una presunta "catastrofe", la quale in realtà esiste solo nell'analisi di un certo tradizionalismo ateistico, gnostico e tendenzialmente eretico, che fu la spinta decisiva dello scisma lefebvriano.

Costoro aderiscono, infatti, alle dottrine "anti-conciliari" e anticattoliche delle frange estreme della FSSPX.
Ed è davvero paradossale che, proprio mentre i vertici di questa Fraternità si sforzano di assimilare lentamente le chiarificazioni e le rettifiche dottrinali che la Santa Sede sta impartendo (con specifici colloqui) per recuperarli pienamente alla comunione, gli ipologeti "cattolici" si scatenano...

Dispiace, se di ciò davvero si tratta, che alcuni vescovi offrano sponde a tali farneticazioni settarie. Personalmente ne dubito, è probabile che siano solo strumentalizzati.

Gli errori del modernismo, ai quali Gnocchi e Palmaro sono tanto affezionati (chissà perché!) si superano studiando il Magistero attuale: leggete i testi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. La Chiesa è viva più che mai (nonostante Gnocchi e Palmaro)!

Anonimo ha detto...

Possibile si sia ancora fermi ai distinguo Chiesa di destra o di sinistra, per non parlare dell'ossessione neocat.
Alessia

Fabiola ha detto...

I toni di alcuni post sono, decisamente, più "intolleranti" di quelli di Gnocchi e Palmaro. Quanto alla scelta "fuori luogo" di pubblicare documenti magisteriali di cent'anni fa mi domando: avrebbero una data di scadenza? sono, forse, andati a male? E pensare che io leggo ancora oggi, con profitto, le omelie di Gregorio Magno. Stupida che sono!!! Un po' più umiltà e un po' meno supponenza non guasterebbero. A tutti. Me compresa, ovviamente.
Quanto alla Chiesa "più viva che mai" riferirsi al Discorso di oggi, recentissimo, alla Curia Romana.
Magistero fresco di giornata.

gemma ha detto...

senza entrare nel merito dei contenuti, non ha tutti i torti fabiola. Non sapevo che i documenti del passato avessero scadenza, e soprattutto chi può dire cosa è migliore o peggiore ?
Non è che quando i progressisti dello spirito del Concilio criticano il passato siano nei metodi e nelle chiusure poi meno oscurantisti dei conservatori che vogliono negarne i frutti
Il partito preso, da qualunque parte arrivi, finisce sempre con l'annebbiare la visione di insieme e negare all'altro la dignità delle sue idee. Non mi piace, nè da destra, nè da sinistra. Come non mi piacciono la lottizzazione politica della chiesa e la rottamazione di ciò tutto ciò che c'era prima del Concilio

Raffaella ha detto...

Amen!
Guai se pensassimo che esiste un prima e un dopo il Vaticano II.
La storia della Chiesa e' unica e non possono esistere rotture ma riforme.
La Chiesa non e' nata con il Concilio e non e' rimasta ferma a prima di esso.
R.