Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Gli auguri di Benedetto: convertiamoci alla verità
Angela Ambrogetti
Gli auguri del papa alla Curia romana e alla Chiesa cattolica sanno un po’ di amaro. Il motivo è disgraziatamente evidente. Ma il dolore e lo sconcerto per Benedetto XVI non lo fanno “giocare in retroguarda”. Anzi, il papa approfitta per cercare di capire il perché sociale di un comportamento non solo peccaminoso, ma profondamente antisociale.
Come già aveva spiegato nel libro intervista Luce del mondo, il papa rilegge la sciagurata ideologia post sessantina e torna a quegli anni ’70 in cui si teorizzava che nulla è bene o male, ma solo “meglio di” o “peggio di”. Erano gli anni in cui tutto era relativo alla “propria coscienza”. E qui ancora arriva la lucida lettura di Benedetto XV che, nel suo discorso alla Curia romana per gli auguri del Natale 2010, fotografa la situazione presente del mondo alla luce del pensiero del Beato Henry Newman. Cosa significa “coscienza”? Non è soggettività, relativismo, l’ultimo istanza del singolo. La coscienza che Newman metta al di sopra di tutto è la verità oggettiva, è a forza vincolante della verità. E a questa coscienza che Newman brinda prima che al papa. Perché ovviamente il papa è il Servitore della Verità.
E’ naturale allora che il cristianesimo è il portatore di quei valori assoluti e comuni sui quali si deve formare la democrazia condivisa, quella che cerca il bene comune basato sulla dignità dell’uomo, quello che fonda la ragione piuttosto che la mera razionalità.
Ed è su questa ragione condivisa, su questo rispetto della dignità che si basa anche la condanna assoluta ad ogni forma di cristianofobia. Non solo per un semplice rifiuto della violenza “che non porta ad alcun progresso”, dice il papa, ma perché è sentimento che si basa sulla “avidità di lucro e l’accecamento ideologico”.
Nei suoi auguri il papa chiede alla Chiesa di fare penitenza per i peccati dei sacerdoti, chiede di riconoscere il bello e il buono che è comunque superiore al male, chiede di essere pronti, come Newman, a convertirsi alla “realtà” di Dio che non è “afferrabile” dai sensi, ma che è la unica verità concreta per l’ uomo.
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