Vescovi & nomine
Il mezzo-scisma cinese
Agostino Giovagnoli
Tra il 7 e il 9 dicembre si è finalmente svolto a Pechino l’ottavo congresso dei rappresentanti cattolici cinesi, i cui vertici erano vacanti da tempo e che è stato rinviato da diversi anni. Motivo del rinvio non sono state le resistenze dei vescovi, ma la speranza di giungere a un accordo con la santa sede. Infatti, dal 2006 non ci sono più state ordinazioni illegittime e cioè non sono stati più consacrati vescovi senza l’approvazione del papa: tutti i nuovi vescovi – dieci, solo quest’anno – sono stati scelti con una tacita intesa tra Roma e Pechino. Il governo cinese, dopo aver sperato di tradurre in un accordo formale questo modus vivendi, ha ripreso la vecchia strada e, dopo l’ordinazione illegittima di Guo Jincai, il 20 novembre, ha convocato il congresso dei rappresentanti cattolici cinesi. Il congresso si è concluso eleggendo i vertici di due organismi, l’associazione patriottica e il collegio dei vescovi (entrambi appartengono al cattolicesimo ufficiale o “patriottico” ed entrambi non sono riconosciuti dalla santa sede).
Il congresso ha scelto Ma Yinglin (illegittimo) e Fang Xinyao (riconosciuto da Roma) quali presidenti, rispettivamente, del Collegio dei vescovi e dell’Associazione patriottica. È un risultato a sorpresa: fino a poche ore prima, sia in Cina sia all’estero, le ipotesi più accreditate indicavano Ma al secondo organismo e Fang al primo.
All’interno di questo “scambio” si deve dunque guardare per cercare la chiave interpretativa dell’evento. Balza anzitutto agli occhi la perfetta “simmetria” creata dalla scelta di un vescovo illegittimo alla guida di uno dei due organismi e di un vescovo legittimo alla guida dell’altro. È un modo per evidenziare – anche simbolicamente – che le autorità non hanno scelto, paradossalmente, né di affermare l’indipendenza della Chiesa cinese da Roma né di affermare la sua dipendenza da Roma. O, se si vuole, hanno scelto di indicare una conciliazione tra le due cose.
È una scelta molto contraddittoria, ma anche molto cinese. All’aut-aut posto dal forte comunicato del Vaticano, il governo di Pechino risponde con un et-et (seppure al termine di una dolorosissima vicenda con cui ha voluto dimostrare platealmente tutta la sua forza). Scavando dentro le scelte compiute, l’et-et si ripete a tutti i livelli. Indubbiamente, porre un illegittimo alla guida del Collegio dei vescovi creerà molti problemi, mentre getta discredito su un vescovo legittimo la nomina all’Associazione patriottica. È però anche vero che la scelta di Ma per l’Associazione patriottica sarebbe stata vista molto negativamente e che la sua nomina al Collegio dei vescovi accresce il prestigio di quest’ultimo rispetto alla prima. Suona come una conferma in questo senso anche la “qualità” delle persone: Ma, infatti, gode di una stima superiore a quella di Fang.
Tra le decisioni del Congresso, particolare rilievo presentano quelle riguardanti Liu Bainian, colui che ha avuto maggiore influenza all’interno della Chiesa cattolica in Cina negli ultimi trent’anni. È anche considerato da molti come il responsabile di tutti i problemi tra Cina e Vaticano e il recente comunicato della santa sede gli attribuiva esplicitamente «atteggiamenti che danneggiano gravemente la Chiesa cattolica». Il congresso lo ha, contemporaneamente, eletto presidente onorario dell’Associazione patriottica e mandato in pensione: insomma, gli ha dato un importante riconoscimento “alla carriera”, mentre egli abbandonava qualunque incarico operativo. Certamente, uomini di Liu Bainian restano in entrambi gli organismi, ma le sue dimissioni aprono una fase nuova. Insomma, riconoscimento e dimissioni salvano la faccia sia del governo cinese sia del Vaticano: ora, nella logica cinese, entrambe le parti potrebbero riprendere a dialogare e cercare un accordo, inseguito invano da circa trent’anni.
Pechino ha rilanciato la palla nella metà campo vaticana e ora spetta alla santa sede rispondere, anche se la diplomazia vaticana potrebbe spiazzare la sua controparte con un raffinato silenzio. In ogni caso, il Vaticano ha indubbiamente una difficoltà in più, che Pechino ignora: deve muoversi tenendo conto anche o, forse, soprattutto della Chiesa cattolica che è in Cina. I vescovi sono usciti tristi e depressi da queste vicende e ora i cattolici cinesi – senza distinzioni tra patriottici o clandestini, laici o vescovi ecc. – hanno bisogno soprattutto dell’incoraggiamento, dell’affetto e del sostegno della Chiesa universale.
© Copyright Europa, 10 dicembre 2010 consultabile online anche qui.
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2 commenti:
Cos'e'? La Comunita' di S. Egidio vuole insegnare alla Santa Sede quello che deve fare? Apprezzabile il tono, piu' moderato rispetto all'articolo dell'altro giorno, ma il ditino alzato da maestrino rimane ancora li', sospeso a mezz'aria!
Mi dispiace che ancora si creda nella volonta' di Pechino di fare il bene della chiesa cinese. Qui da noi c'e' solo tristezza per quello che e' accaduto, e' stupore per articoli come quello di Givagnoli.
(scritto da uno che vive da 20 anni a Hong Kong)
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