giovedì 9 dicembre 2010

L’impegno cattolico per una economia con l’uomo al centro (Costalli)

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

L’impegno cattolico per una economia con l’uomo al centro

CARLO COSTALLI

Nella condizione critica in cui versa l’Italia recarsi anticipatamente alle urne è un segno di irresponsabilità.
Si corre il rischio di sfasciare ancora di più il Paese mettendo in serio pericolo la stabilità economica, occupazionale e sociale. La vera scelta di campo, piuttosto, è quella della responsabilità: pensare seriamente non alle prossime elezioni politiche, bensì alle prossime scadenze dell’Italia che rischia di andare a fondo. Ma sono altrettanto pericolosi eventuali ribaltoni e governicchi tecnici. Il cosiddetto Terzo polo, l’alleanza Fini-Casini-Rutelli, è un’alleanza “contro”, un progetto che ha il solo scopo di far cadere Berlusconi, mentre noi lavoriamo “per”.
Qualora fosse proprio indispensabile andare a votare, poi, fondamentale sarà la chiarezza e la coerenza di tutti e, soprattutto, la coerenza nelle alleanze: affermare che è necessario recuperare il ritardo dell’Italia rispetto agli standard europei sui cosiddetti diritti civili, avere posizioni equivoche sui “valori non negoziabili” vuol dire porsi lontano, molto lontano, dalle istanze dei valori, dalle posizioni dei cattolici. La centralità per i cattolici è proprio l’impegno in difesa dei valori non negoziabili che diventano punto discriminante, in assoluto, per ogni valutazione, convergenza e alleanza politica. Ed è appunto nell’ottica della riaffermazione e della difesa dei valori che i cattolici debbono calibrare e ri-orientare il loro impegno: è necessario un lavoro propedeutico di approfondimento della linea politica, perché c’è, in realtà, molta confusione. Nell’impegno politico e sociale - che oltre ad essere, innanzitutto, la “più alta forma di carità” è anche, necessariamente, lotta per il potere - è sempre indispensabile individuare con precisione la linea antagonista, cioè l’avversario principale contro il quale bisogna battersi. Oggi in Italia, e anche in Europa, l’antagonista principale dei cattolici è il pensiero relativista con le posizioni politiche e culturali ad esso omogenee. Lo è, in quanto opera radicalmente e sistematicamente per scardinare gli stessi valori fondanti della comunità civile fino a pretendere di fondare la convivenza civile sul “valore del dubbio” come negazione ideologica della verità.
In questa situazione politica, lacerata da continue polemiche, avanza da tempo, e si fa sempre più forte, il tentativo di imporre al Paese una radicale svolta relativista e laicista. Si tratta di una nuova più subdola forma di totalitarismo che, partendo dall’utopia della libertà senza verità, costituisce un gravissimo pericolo di perversione culturale e antropologica per il principio stesso di dignità e di libertà della persona e, di conseguenza, per la stessa democrazia fondata sulla sovranità popolare e sul diritto naturale.La recente “Settimana sociale” ha dato alcune indicazioni (o almeno le hanno date alcuni relatori) a partire dalla lucida relazione del professor Ornaghi, soprattutto sul tema della rappresentatività; e l’appello del cardinal Bagnasco ai cattolici a “buttarsi nell’agone” investendo il loro patrimonio di credibilità, e sottolineando che ci sono “valori senza mediazioni, non parcellizzabili”.
Il pensiero di Papa Ratzinger, poi, e particolarmente quello espresso nella “Caritas in Veritate”, costituisce il vero manifesto ideologico di riferimento per una più incisiva e coordinata azione dei cattolici nella politica italiana.
Compito e onere dei laici cristiani impegnati deve essere quello di distillare dalle indicazioni e dai principi necessariamente generali, contenuti nel pensiero sociale e storico politico del Pontefice, una conseguente concreta e operativa linea politica di presenza e di intervento nella società italiana di oggi. Per fare questo bisogna, comunque, prendere in considerazione due grandi fatti epocali che segnano profondamente il volto della società di oggi e in notevole misura hanno contribuito a riportare al centro del dibattito culturale, sociale e politico i principi e i valori da sempre espressi nella Dottrina sociale della Chiesa: l’implosione, nel corso di poco più di un ventennio, delle due ideologie dominanti ed egemoni nel Ventesimo secolo: quella marxista-comunista nel 1989 e quella liberista-mercatista nel 2007/2008. In un certo senso si potrebbe quasi dire che l’implosione del comunismo ha sostanzialmente accelerato e indotto anche l’implosione del liberismo, lasciandolo senza contrappesi e limiti esterni fino ad arrivare alle più estreme conseguenze della sua stessa logica, alla sua evoluzione in mercatismo e alla crisi devastante del 2007. Quasi si trattasse - e in parte è effettivamente così - di due terminali, strettamente collegati fra loro, di una stessa linea di pensiero. Un pensiero che pretendeva di ridurre la natura umana a una dimensione esclusivamente materiale negando la dimensione trascendente della persona e subordinandola da una parte alla “tirannia” dello Stato e alle esigenze della “costruzione del socialismo”, dall’altra alla “tirannia” del mercato e del profitto fine a se stesso. L’appello del Papa e dei vescovi per una nuova evangelizzazione del “mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati” si fa ora, a ragione, più forte, ripetuto e insistente. In un certo senso, tuttavia, una prima risposta a questi appelli si può considerare arrivata già nel febbraio 2009 con la nascita del Forum delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro. Si tratta, infatti, di un’iniziativa che, per molti versi, rappresenta realmente un avvenimento di dimensioni epocali nella storia del cattolicesimo sociale italiano. Infatti, che il Movimento cristiano dei lavoratori e la Compagnia delle Opere si trovassero naturalmente in sintonia con la linea sociale e politica della Chiesa può anche apparire come un fatto assolutamente ovvio e scontato, ma che su queste posizioni si ritrovasse anche l’intera Cisl non lo era affatto. Così come non lo era affatto che due organizzazioni come Confcooperative e Confartigianato si ponessero con forza, tramite l’adesione al Forum, sulla linea del pieno recupero delle proprie radici e della propria identità cattolica. In questo caso è veramente “l’essere insieme sulla linea della Dottrina sociale della Chiesa” che fa la differenza.Naturalmente nessuno vuole illudersi, né negare che il passo tra una prima forma di coordinamento dei sindacati, dei movimenti e delle organizzazioni dell’area cattolico-sociale che si occupano di lavoro e di economia (seppure tra i più importanti d’Italia) e il sorgere di un’azione di coordinamento politico sia lungo, difficile e particolarmente complesso. Tuttavia è altrettanto fuori discussione che la nascita del Forum può costituire un’opportunità essenziale e determinante per la costruzione di una più incisiva e coordinata presenza cattolica nell’impegno sociale e politico. D’altro canto l’impegno politico dei cattolici è sempre nato dal basso, anche per profonda convinzione culturale: dalla società e dalle organizzazioni che in essa sono radicate, la rappresentano e la tutelano.

© Copyright L'Avanti, 9 dicembre 2010 consultabile online anche qui.

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