mercoledì 8 dicembre 2010

Maria figura e anticipazione dell'umanità purificata. Sole e luna tra dodici stelle (Timothy Verdon)

Maria figura e anticipazione dell'umanità purificata

Sole e luna tra dodici stelle

di Timothy Verdon

La prima festa importante del nuovo anno liturgico, la solennità dell'Immacolata Concezione, riguarda la persona umana voluta da Dio come collaboratrice nell'impresa di introdurre il Verbo nella storia come vero uomo: Maria. Guarda infatti verso Natale, come suggerisce il prefazio quando dichiara che l'Altissimo ha preservato la Vergine da ogni macchia di peccato originale «perché, piena di grazia, diventasse degna madre» del suo Figlio. Si apre l'anno ecclesiastico e si caratterizza la prima parte dell'Avvento cioè con l'apertura della storia di Maria.
All'interno della sua riflessione su Maria come «figura», la Chiesa attraverso i secoli ha infatti sviluppato un'indagine su Maria come «donna». Questo secondo percorso, di tipo biografico, non è interamente separabile dal primo, teologico, che esso incrocia in continuazione, a volte sovrapponendosi, a volte sottoponendosi. Le due vie hanno infatti lo stesso punto di partenza: il Vangelo, un testo teologico, non biografico, che presenta Gesù Cristo come figlio di Dio morto e risorto per la salvezza del genere umano, e che di lui offre anche «una costellazione biografica compiuta e omogenea», mentre di sua madre reca informazioni frammentarie, «cristalli biografici, singole icone» (Furio Jesi, «Nota», in Marina Warner, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria vergine, Palermo 1980, p. 412).
Lo sviluppo delle conoscenze riguardanti Maria come donna segue lo schema evolutivo del Vangelo stesso, che da un nucleo «pasquale» — uno strato originario che narra la Passione e Resurrezione — si è allargato nel corso del i secolo per includere informazioni relative ai tre anni di ministero pubblico di Gesù e, nel caso dei testi di Matteo e Luca, informazioni che riguardano anche la nascita, infanzia e «vita nascosta» del Salvatore. Maria è spesso menzionata nel racconto allargato come madre, ma la sua presenza ha il medesimo carattere funzionale di quella del suo Figlio, servendo a preparare e illustrare il messaggio centrale di salvezza: la riconciliazione con Dio e la gloria. Il Vangelo infatti non è mai semplice reportage.
Proprio questo carattere funzionale del materiale biografico fornito dal Vangelo, nonché il suo palese scopo «rivelativo» e — nel caso di Maria — la sua frammentarietà, portarono alla produzione di racconti paralleli che, tra il ii e il vi secolo assunsero la forma di «vangeli apocrifi». Questi testi, concepiti con finalità didattiche, sopperirono alla scarsità d'informazioni dettagliate sui personaggi chiave della fede cristiana, a volte con meccanismi narrativi tendenti alla mitologizzazione, e — seppur influissero sulla religiosità popolare — rimasero distinti dal «canone» scritturale consolidatosi tra i secoli v-vii. Gli apocrifi, cioè, conosciuti e sfruttati dall'innografia, dal dramma sacro e dall'arte cristiana per tutto il medioevo, non vennero confusi con i quattro vangeli canonici, e al livello della programmazione iconografica riscontriamo spesso una consapevole differenziazione delle fonti. Tutto questo materiale, poi, edito e riedito di secolo in secolo, fu raccolto verso la fine del Duecento dal vescovo di Genova, il domenicano Jacopo da Varagine, nella cosiddetta Legenda aurea: il grande florilegio di racconti edificanti desunti da fonti diverse che tramandò al rinascimento i contenuti e la spiritualità di più di mille anni di meditazione su Cristo, Maria e i santi.

Queste osservazioni suggeriscono i problemi storiografici inerenti a ogni tentativo di scrivere una «biografia» della Vergine, e nel contempo la difficoltà — per chi vuole raccontare la vita di Maria per immagini — di ordinare il dato iconografico all'evolversi di una riflessione teologica e devozionale sviluppatasi nei secoli. L'inizio della vicenda di Maria ad esempio — l'Immacolata Concezione — assume forma iconografica definitiva solo nei secoli xvii-xviii, poco prima della solenne formulazione del dogma da parte di Pio ix nel 1854, ma i primi indizi di una tendenza a concepire l'origine della Vergine in termini di straordinarietà risalgono all'apocrifo Protovangelo di Giacomo nel ii secolo, dove viene affermato che Anna, la madre di Maria, l'abbia concepita senza l'intervento di uomo. Tale racconto — sorto in un ambiente popolare, elaborato in un genere letterario fantasioso e privo di riferimenti al vero senso dell'Immacolata Concezione (l'assenza del peccato originale in Maria) — rappresenta tuttavia «una prima presa di coscienza intuitiva e mitica della santità perfetta e originale di Maria nella sua stessa concezione», come osserva un esimio mariologo del nostro tempo (René Laurentin, Maria nella storia della salvezza, Torino, 1972, p. 139).
L'evoluzione iconografica del tema dell'Immacolata, che giunge a maturità nella formula della «donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi», è essa stessa parte di un processo di visualizzazione del mistero delle origini della Vergine segnato da notevole creatività e ricco di intuizioni teologiche. Una tappa interessante in questo processo è il pannello centrale del trittico eseguito per volere del duca Pierre de Bourbon per la Collegiata di Moulins verso il 1498. Ventiquattro anni prima, nel 1474, il fratello maggiore del committente, l'allora duca Jean ii, aveva commissionato una vetrata illustrante questo soggetto per la stessa chiesa, e il trittico commissionato dal nuovo duca doveva evidentemente rivaleggiare con la luce e col colore dell'opera precedente; la scelta del medesimo soggetto rientra nella logica della gara e soprattutto nell'associazione della figura apocalittica con l'embrionale iconografia dell'Immacolata Concezione, dogma mariano molto discusso nel secondo Quattrocento.
L'artista, chiamato appunto Maestro di Moulins, illustra esattamente il testo dell'Apocalisse, «vestendo» Maria di un sole incandescente, facendola incoronare da angeli e ponendo la luna sotto i suoi piedi, dove altri angeli reggono la scritta: «Questa è colei di cui le sacre Scritture cantano le lodi: vestita di sole, con la luna sotto i piedi, che merita d'essere coronata di dodici stelle». Nel contesto francese, possiamo subito osservare che tale esattezza corrisponde al sostegno particolare dato dai dei teologi d'oltralpe al dogma dell'Immacolata, per difendere il quale i professori della Sorbona s'erano impegnati pochi anni prima, nel 1496, con solenne voto.
La connessione del dogma col passo dell'Apocalisse è articolata a più livelli. L'introduzione del brano, «si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza» (Apocalisse, 11, 19), trova riscontro nello strato più antico di riflessione sulla santità di Maria: in sant'Ippolito che, nel iii secolo, oltre a chiamarla «santa Vergine», afferma che Maria era come un'arca «di legno incorrotto» (De Cristo et anticristo, 4 e Frammento al Salmo, 22). L'idea che Maria sia stata preservata da ogni macchia di peccato anche originale viene poi collegata al «rifugio nel deserto» offerto da Dio alla donna partoriente, perché l'enorme drago rosso non abbia potere su di lei. Dal iv secolo, infine, i difensori del dogma accettavano che tutto questo, pur configurandosi come singolare privilegio, tuttavia era avvenuto dentro la normale logica della redenzione: che cioè era stato sempre Cristo, «sole di giustizia con guarigione nei suoi raggi» (Malachia, 3, 20), a giustificare la madre prima che ella nascesse, in segno della futura purificazione di tutti, per realizzare la quale egli avrebbe preso un corpo da lei. Così le parole, «Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole», vengono interpretate in riferimento a Maria, nella cui condizione privilegiata la Chiesa ancor oggi riconosce «un segno di consolazione e di sicura speranza».
Il segno che la vicenda di Maria offre all'umanità è quello di una perfetta unione dell'essere umano con Dio. La sua preservazione dal peccato era in funzione di una libertà interiore così totale da permetterle di dire di sì all'angelo, accogliendo la vita di Dio in sé. In Maria prima e più che in altri venne adempiuta la promessa di Dio, «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo» (Gioele, 3, 1), perché già nella sua Concezione, poi all'Annunciazione e infine alla Pentecoste Maria fu purificata, colmata e animata dallo Spirito Santo.

(©L'Osservatore Romano - 8 dicembre 2010)

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