Siamo alla caduta dell’impero
Dal Papa una lettura drammatica
Andrea Riccardi
Nel discorso alla Curia romana, Benedetto XVI ha evocato la fine dell’impero romano: «Un mondo stava tramontando, non si vedeva alcuna forza che potesse porre freno a tale declino».
La fine dell’impero ha sempre esercitato un fascino nelle riflessioni sulla sorte delle civiltà. Niente si ripete nella storia, ma ci sono assonanze che il Papa individua con il nostro tempo nel dissolvimento del consenso morale («senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano» ).
Il Papa non allude solo all’Occidente, ma alle guerre, la corruzione nel Terzo mondo e la violenza contro i cristiani in Iraq (parla di «cristianofobia» ).
In questo discorso si coglie il dramma e la proposta di papa Ratzinger. Si sente il suo profondo dolore per la Chiesa a causa degli scandali di pedofilia: «Il volto della Chiesa è coperto di polvere» . C’è una lettura drammatica del mondo contemporaneo sotto la «dittatura di mammona che perverte l’uomo» : commercio dei corpi e delle anime, droga («che con forza crescente stende i suoi tentacoli di polipo intorno all’intero globo» )... Il Papa non indulge al pessimismo, ma valorizza— come sempre— i fatti positivi pur esterni alla Chiesa, come l’accoglienza fraterna nella Cipro ortodossa o l’intervento sinodale del musulmano Sammak (che ha detto: «Con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi» ). Ma per il Papa ci vuole un soprassalto spirituale e morale. Benedetto XVI manifesta il suo dolore per l’Occidente, frantumato in soggettivismi e senza forza, incapace di cambiare la storia. La visione del Papa non è cupa, perché crede in una verità profonda, che può fondare il tessuto di consenso morale di cui la società ha bisogno per non sfilacciarsi o essere manipolata.
Rozzamente si potrebbe dire che vuole confessionalizzare società orgogliosamente laiche. Sarebbe un errore credere in una restaurazione di Benedetto XVI. Nel discorso di ieri, John Henry Newman è stato evocato a lungo. Questi, morto nel 1890, visse in un tempo in cui gran parte dei cattolici pensava che, per risolvere la crisi del proprio tempo, bisognasse restaurare lo Stato cattolico confessionale ed eliminare il pluralismo. La visione di Newman era molto avanti: ruotava attorno ad un’idea di coscienza, non come istanza soggettivistica, ma come capacità personale e libera di riconoscere la verità. Per Benedetto XVI la sua lezione è decisiva nella crisi attuale che, nelle sue multiformi espressioni, non chiede prima di tutto ricette politiche, ma pone un’ineludibile questione spirituale agli uomini e alle comunità civili. In questo clima di declino, si colloca il Natale 2010, che è per il Papa una risposta alla crisi di civiltà: dall’ «apparente assenza» alla scoperta della presenza di Dio.
© Copyright Corriere della sera, 21 dicembre 2010 consultabile online anche qui.
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