Nel libro-intervista del Papa una grande specificità del cristianesimo
Dio si fa vicino e ci anticipa
E ogni ascesa diventa possibile
Giacomo Samek Lodovici
Nel libro-intervista di Benedetto XVI tra i tanti temi profondi ce n’è uno, che emerge in punti diversi del testo, molto congeniale a questo tempo di Avvento: quello del Dio cristiano come Dio vicino all’uomo con l’Incarnazione e nell’Eucaristia. In ciò emerge una delle specificità del cristianesimo rispetto alle altre religioni o a varie concezioni teiste. Infatti, in alcune concezioni il divino è impersonale, è una sorta di fondo razionale dell’essere che può essere intuito dall’uomo riflettendo sulla razionalità della natura, sulle sue leggi, sulla sua intelligibilità.
Lo stesso Papa Benedetto alcune volte ha ripreso questo utile antico argomento in favore dell’esistenza di Dio, ma, oltre a ciò, spesso ci invita a riflettere sull’esperienza cristiana come incontro con una Persona, cioè con un Io dotato di intelligenza e di volontà-amore: «all’inizio dell’essere cristiano», dice la sua prima enciclica, c’è «l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita […] la direzione decisiva». Un incontro voluto dall’Alto, come dice il libro-intervista: «Dio voleva che non lo intuissimo da lontano, solo attraverso la fisica e la matematica. Si voleva mostrare a noi». Questo Dio-Ragione suprema, infatti, è anche Amore, ha un cuore, e rinuncia alla sua immensità per farsi carne.
Se, per esempio, il greco Platone riteneva che l’uomo dovesse cercare di compiere una salita verso Dio, e se, subito dopo di lui, Aristotele affermava che Dio è oggetto, ma non soggetto d’amore, la rivoluzione cristiana è quella di un Dio che anticipa e anzi rende possibile ogni iniziativa dell’uomo e ogni ascesa: prima che l’uomo si volga a lui, è Dio che compie una discesa verso l’uomo, creandolo e con l’Incarnazione, la quale esprime un amore che poi arriva fino alla morte in croce.
D’altra parte, nemmeno dopo la croce Dio lascia il mondo. Non solo esercita ininterrottamente la sua premura provvidente verso ogni essere umano, ma resta altresì nell’Eucaristia: «Inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia e darsi come cibo sull’altare» (discorso alla Gmg 2005 di Colonia). Perciò, dice Benedetto XVI nel libro-intervista, in certe celebrazioni «facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio […] ho voluto […] mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale» di Cristo nell’ostia consacrata.
Così, se spesso si recrimina nei confronti della Chiesa perché non si sopporta l’aspetto etico del suo annuncio, bisognerebbe ricordare che il nucleo di questo annuncio è appunto l’invito alla relazione col Dio di Gesù. L’aspetto morale non va tolto, però trova compimento e spiegazione ultima come preparazione alla comunione con Dio (ultima perché l’etica cristiana è già in buona parte guadagnabile razionalmente). Perciò bisognerebbe esprimere alla Chiesa una riconoscenza infinita: «Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui».
E se, a volte, la nostra cultura è pervasa da una fiducia incondizionata nella capacità della scienza di migliorare la nostra vita, se qualcuno pensa che la scienza possa addirittura darci l’immortalità, nondimeno, «Quello che la religione annuncia è ciò di cui abbiamo bisogno. La sola scienza, isolandosi e autonomizzandosi, non riempie tutta la nostra vita». Lo diceva già la Spe salvi, «Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore. […] L’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato». Quello che si è manifestato a Betlemme e a Gerusalemme duemila anni fa.
© Copyright Avvenire, 4 dicembre 2010 consultabile online anche qui.
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