domenica 12 dicembre 2010

Wikileaks, Bertone scherza: sì, sono uno yes man (Giansoldati)

Santa Sede: gravissima pubblicazione di documenti riservati
Bertone scherza: sì, sono uno yes man


di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

I vertici della curia erano stati avvertiti per tempo dai diplomatici americani ma l’onda d’urto di Wikileaks ha preso ugualmente alla sprovvista. Un colpo basso. Certamente immaginavano che i rapporti dell’ambasciata americana presso la Santa Sede riguardassero anche i casi di pedofilia, lo stile di governo del Segretario di Stato Bertone o le scivolate del pontificato, come per esempio il caso Williamson (il vescovo lefebvriano negazionista a cui il Papa ha tolto la scomunica), frutto evidente della pasticciata organizzazione interna alla curia. Tuttavia, al di là del Tevere, nessuno poteva immaginare un impatto tanto duro, perché vedere diffusi urbi et orbi giudizi poco lusinghieri e al limite dell’offensivo è cosa difficile da digerire. Per chiunque. Soprattutto non piace l’insinuazione che nei Sacri Palazzi alberghi ancora l’antisemitismo.
Così ieri mattina al portavoce del Vaticano, padre Lombardi è stata affidata una nota che gronda indignazione. La pubblicazione di quei file è «di estrema gravità» poiché si tratta di «documenti riservati e confidenziali che possono avere conseguenze». La controffensiva a livello di comunicazione messa in campo da Lombardi per arginare gli effetti collaterali di Wikileaks è di ridimensionare i contenuti dei rapporti inviati al Dipartimento di Stato dall’ambasciatore Diaz, il teologo di origine cubana scelto da Obama per curare i rapporti con la Santa Sede.
«Sono rapporti che vanno valutati con riserva a molta prudenza» e «riflettono le percezioni e le opinioni di coloro che li hanno redatti, dunque non possono essere considerati espressione della stessa Santa Sede, né citazioni precise delle parole dei suoi Officiali». La puntualizzazione fa capire il timore del Vaticano di danneggiare la sua immagine neutrale.
In diversi passaggi dei file, i diplomatici americani descrivono l’attuale pontificato molto vicino alle posizioni dell’amministrazione americana come sul fronte della difesa ambientale o contro il regime di Ahmadinejad. Se durante il vertice della Fao, due anni fa, il presidente iraniano non riuscì a vedere Papa Ratzinger in udienza fu per l’azione di moral suasion svolta dagli Usa. E’ chiaro che tutto ciò rischia di mettere a rischio il lavoro di appeasement col mondo islamico che la Chiesa sta portando avanti, soprattutto in Medio Oriente per salvaguardare le minoranze cattoliche.
L’Osservatore Romano (che oggi tace sulle rivelazioni di Wikileaks), nei giorni scorsi aveva messo le mani avanti minimizzando la portata dei rapporti. La parola d’ordine è di sdrammatizzare. Il cardinale Bertone definito tout court uno ‘yes man’ del Papa e poco diplomatico, non se la prende anzi, e secondo un commento captato dall’Adnkronos, ci scherza addirittura su: «Sono ben orgoglioso di essere stato definito così, visto che questa immagine un po’ colorita in realtà rappresenta bene la mia sintonia con l’azione pastorale del Papa».
Più preoccupato, invece, l’ambasciatore Diaz che prova a circoscrivere i danni, ma ormai è come spegnere l’incendio con un secchio: «L’Ambasciata degli Stati Uniti è impegnata in costanti sforzi con il Vaticano per tradurre il dialogo interreligioso in azioni concrete in tutti questi campi, nell’interesse del bene comune.
In ogni parte del mondo, e anche con la Santa Sede stiamo lavorando insieme con i nostri partner per perseguire importanti risultati». Anche il presidente Obama è intervenuto ieri sull’argomento, commentando con il collega messicano Calderon la rivelazione di documenti riservati da parte di Wikileaks: «Azioni deplorevoli e atti irresoponsabili». Intanto si aspetta per i prossimi giorni una nuova (brutta) ondata di cablogrammi riservati.

© Copyright Il Messaggero, 12 dicembre 2010

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