domenica 6 febbraio 2011

È Gesù Cristo il centro delle Scritture (Muolo)

È Gesù Cristo il centro delle Scritture

DA ROMA MIMMO MUOLO

Qual è il centro della Scrittura? Si badi bene, non un centro letterario o tematico, ma «il compimento vivo e vivifican­te della Scrittura stessa». Il XIX Conve­gno nazionale dell’Apostolato biblico, apertosi ieri po­meriggio a Roma, risponde a questa domanda fin dal suo titolo: «Gesù Cristo centro delle Scritture». In effetti la prima sessione di lavoro ha cominciato a sviluppa­re il tema, ponendolo in stretto collegamento con l’E­sortazione apostolica postsinodale Verbum Domini di Benedetto XVI. «Adesso, la Parola non solo è udibile, non solo possiede una voce, ora la Parola ha un volto, che dunque possiamo vedere: Ge­sù di Nazareth», ha sottoli­neato – citandone un passo – don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico na­zionale (Ucn). Il suo saluto, in­fatti, (insieme con quello di don Cesare Bissoli, responsa­bile del Settore Apostolato bi­blico nazionale) ha dato il via al convegno. «La Costituzio­ne dogmatica Dei Verbum – ha sottolineato Benzi –, fin dal suo proemio, citando la prima lettera di Giovanni, focalizza la sua attenzione sulla centralità di Cristo e sul­l’esperienza che l’Apostolo ha fatto di lui. Di seguito, mette in evidenza due distinti caratteri della rivelazio­ne di Dio: la relazione di comunione tra Dio e gli uo­mini, attraverso il Cristo, e la storicità della rivelazione stessa. Alla fine poi del medesimo paragrafo il Cristo è chiamato 'il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione'. Egli è – ha sottolineato il direttore dell’Ucn – il mediatore in quanto è l’inviato del Padre, la cui ve­nuta è preparata da tutto l’Antico Testamento, ed è la pienezza perché Dio si rivela in lui definitivamente».
Come leggere, dunque, la Bibbia? Secondo don Benzi, «sono necessarie ed indispensabili quelle operazioni critiche ed esegetiche che sole possono aiutare gli in­terpreti a penetrare il senso letterale dei testi, ma, d’al­tro canto, essendo frutto dell’Ispirazione, la Scrittura de­ve essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spi­rito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi. Anche per l’interpre­te, e non solo per gli autori biblici, si deve realizzare quella 'intimità' nello Spirito che abbiamo visto esse­re presente negli autori antichi e pienamente nel Figlio. E dal momento che unico è lo Spirito che ha ispirato gli autori antichi, e che aiuta la lettura dei moderni, proprio per questo la pagina della Bibbia può conquistare ancora oggi tanti uomini e donne alla salvezza ed alla ri­velazione di Dio in Gesù Cri­sto ».
Un esercizio di lettura, infat­ti, è venuto dall’intervento di suor Benedetta Rossi, biblista di Arezzo. «La parola profeti­ca – ha ricordato – svela la sto­ria, portando alla luce dina­miche non immediatamente percepibili, cogliendone il senso e la direzione, e di­ventando così appello per il futuro». La Sacra Scrittu­ra, ha dunque concluso la religiosa, «diventa dono di senso, chiave di interpretazione non di una storia qua­lunque, ma proprio della storia del lettore, della sua stessa vita». E anche in questo senso il riferimento a Cri­sto è centrale. Come ha fatto notare don Claudio Do­glio, docente alla Facoltà teologica dell’Italia Setten­trionale, «in Gesù Antico e Nuovo Testamento sono messi in stretto e reciproco rapporto, fino a diventare inseparabili». E questo «mostrare Cristo» deve essere ben visibile anche nell’omiletica.

© Copyright Avvenire, 5 febbraio 2011

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