È Gesù Cristo il centro delle Scritture
DA ROMA MIMMO MUOLO
Qual è il centro della Scrittura? Si badi bene, non un centro letterario o tematico, ma «il compimento vivo e vivificante della Scrittura stessa». Il XIX Convegno nazionale dell’Apostolato biblico, apertosi ieri pomeriggio a Roma, risponde a questa domanda fin dal suo titolo: «Gesù Cristo centro delle Scritture». In effetti la prima sessione di lavoro ha cominciato a sviluppare il tema, ponendolo in stretto collegamento con l’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini di Benedetto XVI. «Adesso, la Parola non solo è udibile, non solo possiede una voce, ora la Parola ha un volto, che dunque possiamo vedere: Gesù di Nazareth», ha sottolineato – citandone un passo – don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale (Ucn). Il suo saluto, infatti, (insieme con quello di don Cesare Bissoli, responsabile del Settore Apostolato biblico nazionale) ha dato il via al convegno. «La Costituzione dogmatica Dei Verbum – ha sottolineato Benzi –, fin dal suo proemio, citando la prima lettera di Giovanni, focalizza la sua attenzione sulla centralità di Cristo e sull’esperienza che l’Apostolo ha fatto di lui. Di seguito, mette in evidenza due distinti caratteri della rivelazione di Dio: la relazione di comunione tra Dio e gli uomini, attraverso il Cristo, e la storicità della rivelazione stessa. Alla fine poi del medesimo paragrafo il Cristo è chiamato 'il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione'. Egli è – ha sottolineato il direttore dell’Ucn – il mediatore in quanto è l’inviato del Padre, la cui venuta è preparata da tutto l’Antico Testamento, ed è la pienezza perché Dio si rivela in lui definitivamente».
Come leggere, dunque, la Bibbia? Secondo don Benzi, «sono necessarie ed indispensabili quelle operazioni critiche ed esegetiche che sole possono aiutare gli interpreti a penetrare il senso letterale dei testi, ma, d’altro canto, essendo frutto dell’Ispirazione, la Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi. Anche per l’interprete, e non solo per gli autori biblici, si deve realizzare quella 'intimità' nello Spirito che abbiamo visto essere presente negli autori antichi e pienamente nel Figlio. E dal momento che unico è lo Spirito che ha ispirato gli autori antichi, e che aiuta la lettura dei moderni, proprio per questo la pagina della Bibbia può conquistare ancora oggi tanti uomini e donne alla salvezza ed alla rivelazione di Dio in Gesù Cristo ».
Un esercizio di lettura, infatti, è venuto dall’intervento di suor Benedetta Rossi, biblista di Arezzo. «La parola profetica – ha ricordato – svela la storia, portando alla luce dinamiche non immediatamente percepibili, cogliendone il senso e la direzione, e diventando così appello per il futuro». La Sacra Scrittura, ha dunque concluso la religiosa, «diventa dono di senso, chiave di interpretazione non di una storia qualunque, ma proprio della storia del lettore, della sua stessa vita». E anche in questo senso il riferimento a Cristo è centrale. Come ha fatto notare don Claudio Doglio, docente alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, «in Gesù Antico e Nuovo Testamento sono messi in stretto e reciproco rapporto, fino a diventare inseparabili». E questo «mostrare Cristo» deve essere ben visibile anche nell’omiletica.
© Copyright Avvenire, 5 febbraio 2011
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