Il Papa al Tribunale della Segnatura Apostolica: amministrare la giustizia per il bene della concordia e della riconciliazione
Una corte chiamata a sovrintendere alla “retta amministrazione della giustizia nella Chiesa”. E’ questa la principale responsabilità del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, i cui membri sono stati ricevuti questa mattina in udienza da Benedetto XVI, in occasione della plenaria dell’organismo vaticano. Il Papa ha passato in rassegna le varie funzioni del Tribunale, con una particolare attenzione al lavoro svolto nella cause di nullità matrimoniale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Conciliare una controversia legale con parole e atti ispirati dalla carità cristiana è possibile anche in un’aula di giustizia. È l’obiettivo “alto” che si propone nella sua attività il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Alla sua sfera di competenza, ha affermato all’inizio Benedetto XVI, attiene in particolare, ma non solo, una funzione di “vigilanza” sulla correttezza con cui viene amministrata la giustizia nei tribunali ecclesiastici di grado più basso. In sostanza, ha ricordato il Papa, sono quattro gli ambiti di competenza di quella che rappresenta la massima istanza giudiziale della Santa Sede: aggiornarsi sull’attività dei “tribunali locali” – diocesani e interdiocesani – elaborare i dati che annualmente provengono da essi, valorizzarne le risorse umane e istituzionali e svolgere nei loro riguardi una costante “funzione di indirizzo”:
“Si tratta di un’opera coordinata e paziente, volta soprattutto a fornire ai fedeli un’amministrazione della giustizia retta, pronta ed efficiente, come chiedevo, in relazione alle cause di nullità matrimoniale, nell’esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis: ‘Là dove sorgono legittimamente dei dubbi sulla validità del Matrimonio sacramentale contratto, si deve intraprendere quanto è necessario per verificarne la fondatezza’”.
E qui Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione sull’Istruzione Dignitas connubii, il documento-vademecum che fornisce a chi si occupa di nullità matrimoniale “tutte le norme necessarie”, ha detto, affinché tali cause “siano trattate e definite nel modo più celere e sicuro”, e tenendo conto anche delle “giuste esigenze” di “semplicità”. Il Tribunale della Segnatura Apostolica deve dunque provvedere, ha auspicato il Papa, a che ogni atto si compia nel solco della più completa equità:
“Incoraggio, pertanto, anche la riflessione, che vi impegnerà in questi giorni, sulla retta giurisprudenza da proporre ai tribunali locali in materia di error iuris quale motivo di nullità matrimoniale”.
Benedetto XVI ha poi spostato l’attenzione su un altro ambito, da lui definito “delicato”: la trattazione di eventuali “controversie” sorte in ambito ecclesiastico, riguardanti singoli ma anche le istituzioni vaticane in quanto tali, ad esempio un conflitto di competenza tra dicasteri. Al Supremo Tribunale spetta, ha ribadito il Pontefice, un “servizio di primaria importanza”, cioè quello di predisporre “strumenti di giustizia” in grado di portare a una “pacifica composizione delle controversie”:
“Se è vero, infatti che l’ingiustizia va affrontata anzitutto con le armi spirituali della preghiera, della carità, del perdono e della penitenza, tuttavia non si può escludere, in alcuni casi, l’opportunità e la necessità che essa sia fronteggiata con gli strumenti processuali. Questi costituiscono, anzitutto, luoghi di dialogo, che talvolta conducono alla concordia e alla riconciliazione”.
E qualora, ha proseguito, non sia possibile comporre pacificamente tale controversia, anche lo svolgimento del processo dovrà puntare all’obiettivo più alto, la “ricostituzione della comunione ecclesiale”, che sola può riportare “un’autentica pace e concordia”:
“Il faticoso ristabilimento della giustizia è destinato a ricostruire giuste e ordinate relazioni tra i fedeli e tra loro e l’Autorità ecclesiastica. Infatti la pace interiore e la volonterosa collaborazione dei fedeli nella missione della Chiesa scaturiscono dalla ristabilita coscienza di svolgere pienamente la propria vocazione”.
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