sabato 5 febbraio 2011

Ratzinger rivelò nel 1999 di essere un iscritto alla lista dei donatori: Donare i propri organi è «un profondo atto d' amore» (La Rocca)

Il Papa non può donare gli organi e il Vaticano lo cancella dalla lista

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO

Donare i propri organi è «un profondo atto d' amore» disse nel 1999 l' allora cardinale Joseph Ratzinger, rivelando di essere lui stesso un iscritto alla lista dei donatori. Ma un Papa non può farlo.
La puntualizzazione arriva dal segretario di Ratzinger, monsignor Georg Gaenswein, in una lettera scritta per mettere a tacere alcune insistenti voci circolate nei giorni scorsi in Germania sulla disponibilità di Benedetto XVI a mettere a disposizione i suoi organi per eventuali trapianti. Quella iscrizione di Ratzinger nella lista dei donatori, puntualizza ora il Vaticano, è diventata però praticamente nulla con l' elezione dell' aprile del 2005. Monsignor Gaenswein - ha rivelato ieri la Radio Vaticana nel programma in lingua tedesca - lo ha scritto in una lettera per «smentire indiscrezioni inopportune» indirizzata al dottor Gero Winkelmann, medico cattolico di Monaco di Baviera. Quest' ultimo, impegnato a promuovere la cultura della donazione degli organi, recentemente aveva più volte fatto riferimento alla disponibilità sottoscritta da Ratzinger quando non era ancora Papa, parlandone anche in articoli e conferenze. «Se è vero che il Santo Padre possiede una carta di donazione di organi - scrive Gaenswein - è vero anche, contrariamente ad alcune affermazione pubbliche, che con l' elezione del cardinale Ratzinger a capo della Chiesa Cattolica, ipso facto essa è diventata obsoleta». Il segretario papale non specifica il motivo per cui un pontefice non può far parte della schiera dei donatori di organi. Ma in Curia i motivi sono evidenti: «Evidentemente una simile eventualità non è ammissibile perché il corpo di un Papa appartiene a tutta la Chiesa universale», spiega l' arcivescovo polacco Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari e "ministro" della Sanità della Santa Sede, pur precisando di non essere «assolutamente in grado di commentare la lettera di monsignor Gaenswein» non conoscendone il «contenuto reale». «Tuttavia- azzarda Zimowski - è comprensibile che il corpo di un pontefice resti intatto perché, nella sua veste di successore di San Pietro e di pastore universale della cattolicità appartiene in tutto e per tutto alla Chiesa, sia con l' anima che col corpo. Comprensibile, quindi, che alla sua morte la salma papale sia conservata integralmente, anche in vista di future e possibili venerazioni. Senza nulla togliere alla validità e alla bellezza del gesto della donazione degli organi». «Validità e bellezza» di cui - ricorda Zimowski - non a caso Ratzinger ha parlato in più occasioni sia da cardinale che da Papa. Nel ' 99, quando era prefetto della Congregazione della dottrina della fede, definì la donazione per i trapianti «un atto gratuito d' amore verso il prossimo». Da Papa, nel 2008, ricevendo i partecipanti a un congresso internazionale sui trapianti, parlò della donazione di organi come di «una forma peculiare di testimonianza della carità». Tuttavia, sempre in quell' occasione, Benedetto XVI chiese a medici e ad operatori sanitari di fare grande attenzione nello stabilire quando da un corpo si possono espiantare gli organi, perché - avvertì - i trapianti sono leciti solo se la persona che si è detta disponibile alla donazione è «effettivamente» deceduta.

© Copyright Repubblica, 4 febbraio 2011 consultabile online anche qui.

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