martedì 31 maggio 2011

Mons. Mansueto Bianchi (Pistoia): «Se ci sono abusi il sacerdote deve essere rimosso e le vittime invitate subito a rivolgersi alla magistratura» (Goti)

Via i preti accusati e test sui seminaristi

Juna Goti

30 maggio 2011 — pagina 03 sezione: Toscana

«Se ci sono abusi il sacerdote deve essere rimosso e le vittime invitate subito a rivolgersi alla magistratura». Sono le parole del numero due della Conferenza episcopale toscana, monsignor Mansueto Bianchi, dopo l’assemblea generale della Cei a Roma.
I vescovi delle diocesi toscane giovedì hanno fatto il primo punto sulle «linee guida» contro la pedofilia che Benedetto XVI ha chiesto di definire «entro maggio 2012». In Toscana, almeno per ora, non c’è traccia degli sportelli per segnalare le violenze lanciati a Bolzano.

E le reazioni delle diocesi di fronte alla direttiva che nasconde infiniti drammi umani sono molte diverse: c’è chi si trincera dietro l’attesa di «indicazioni più precise», chi è impegnato con le cresime e non parla. Ma le indicazioni di fondo sono soprattutto due: attenzione alla selezione del clero nei seminari e, in caso di abusi, porte aperte alla magistratura. Evitando però la “caccia alle streghe”.

Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».
Lo ripete sottolineando che la Cei «risulta uno degli episcopati al mondo più provveduti»: ha «piena consapevolezza della serietà e gravità del problema» e tornerà «presto a riflettere sulla questione». In pratica, nelle singole diocesi, anche quelle toscane, «dovrà essere rafforzata la proposta educativa nei seminari per identificare robustezze e fragilità dei singoli seminaristi». Di fronte alle fragilità, capire se l’aspirante prete può recuperarle o no: «Cioè se la persona non è adatta al sacerdozio (e allora deve uscire subito) oppure se possono essere utili percorsi di recupero e di assistenza psicologica».
E se saltano fuori abusi? Monsignor Bianchi non usa giri di parole e invita all’«assoluta chiarezza»: «immediata rimozione del sacerdote e parallelo invito alle vittime a rivolgersi subito alla magistratura ordinaria. Nessun insabbiamento, nessun timore, fiducia nella magistratura».
Anche il vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, parla dell’importanza del seminario. «Quando ero vicerettore di quello di Pisa - racconta - tutti i candidati, prima dell’ordinazione, dovevano passare dallo psicologo, fare test attitudinali. Allontanando qualche seminarista abbiamo evitato tanti problemi». Già sotto la guida di Ruini e Betori si era alzata la guardia contro la pedofilia, dice Giusti («evitando lo sfracello emerso in alcuni Paesi europei e negli Usa»).
Monsignor Giusti sostiene che il caso di don Riccardo Seppia, il sacerdote genovese condannato e arrestato per abusi sessuali, sia «isolato», ma «gravissimo, perché sufficiente a fare danni infiniti». Però «attenzione a non creare un clima da caccia alle streghe», sottolinea raccontando che qualche settimana fa due persone si sono presentate in una parrocchia della costa spacciandosi per carabinieri in borghese che stavano indagando su un caso di pedofilia. Tutto falso.
Di rischio “caccia alle streghe” aveva parlato anche il vescovo di Massa, monsignor Giovanni Santucci, facendo visita a don Giuseppe Peretti, fino a due settimane fa agli arresti domiciliari per presunti abusi su due prostitute minorenni. «Quando si aiuta gli altri - aveva dichiarato - si è sempre a rischio».
Il vescovo di Prato, Gastone Simoni, preferisce aspettare indicazioni più precise prima di rilasciare dichiarazioni, ma dalla diocesi ricordano che nel 2006, quando padre Denis fu arrestato per pedofilia, «prese il problema di petto, informando subito l’opinione pubblica e sollevando il frate dall’incarico».
Nell’arcidiocesi fiorentina, guidata da mons. Giuseppe Betori, la vicenda di don Lelio Cantini (vent’anni di accuse di pedofilia, tutte finite in prescrizione anche per il «comportamento omissivo della Chiesa», come si legge nelle carte della Procura) è ancora fonte di imbarazzi e silenzi.
Sulle linee guida anti-pedofilia la risposta è telegrafica: «Quando ci saranno ottempereremo».

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Leggo:

Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».

Mi dispiace ma non ci siamo proprio!
La Lettera Circolare precisa e approfondisce certamente alcune norme fissate da Joseph Ratzinger, ma non quelle del 2001 bensi' quelle del 2010.
Lo scorso anno, infatti, il Santo Padre modifico' e rese ancora piu' severa la normativa sui "delitti piu' gravi". Cerchiamo di non sminuire la portata eccezionale degli interventi di Benedetto XVI!
La risposta della curia fiorentina, lapidaria, ha poco senso visto che gia' da ora i vescovi sono obbligati a rispettare le norme imposte dalla Santa Sede
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R.

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