martedì 31 maggio 2011

Venti cardinali a metà giugno si giocano la cinquina di Milano. In pole position c’è Angelo Scola (Rodari)

Venti cardinali a metà giugno si giocano la cinquina di Milano. In pole position c’è Angelo Scola

di Paolo Rodari

Si riuniranno giovedì 16 giugno in sessione plenaria i venti cardinali membri della Congregazione dei vescovi (sono una trentina, ma alcuni dall’estero daranno forfait). All’ordine del giorno la nomina del nuovo arcivescovo di Milano. Il sabato successivo il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione, salirà dal Papa e gli consegnerà i tre nomi ritenuti idonei all’elezione. Quindi Benedetto XVI deciderà e l’annuncio del successore di Dionigi Tettamanzi verrà dato dalla Santa Sede di lì a pochi giorni. C’è chi dice prima della festa di san Pietro e Paolo, il 29 giugno.
Le consultazioni promosse presso i vescovi e i cardinali lombardi dal nunzio in Italia Giuseppe Bertello consegnano alla plenaria cinque nomi sui quali ci sarà aspra battaglia. Perché se è vero che Angelo Scola, patriarca di Venezia, resta il favorito, un coupe de théatre è sempre possibile. Scola è il nome che il Papa da mesi ha in serbo nonostante le critiche di coloro che non vogliono una figura di formazione ciellina. Ma questi attacchi si faranno sentire ancora il 16 giugno.
Due sembrano i nomi in grado di contrastare Scola: Gianfranco Ravasi, a capo della cultura vaticana, e Pietro Parolin, nunzio in Venezuela. Ravasi è stimato dal Papa e sulla carta ha delle chance da giocarsi seppure sia un curiale (fin dall’inizio sembra siano state escluse figure in forza alla curia romana) e non abbia esperienze pastorali. L’inserimento di Parolin nella rosa, invece, sorprende. A Caracas da meno di due anni, un passato in segreteria di stato, farà parlare di sé in futuro. La domanda che tutti si fanno è una: è lui l’outsider che la curia di Milano, che non gradisce un nome legato a Cl, cerca? E poi: gli basterà l’amicizia con Bertello per fare il balzo fino a Milano?
Aldo Giordano e Francesco Lambiasi, gli ultimi due nomi contenuti nella lista dei cinque – rispettivamente osservatore permanente della Santa Sede presso il consiglio d’Europa e vescovo di Rimini – oltre a non avere origini lombarde non sembrano avere la forza per convincere Ratzinger. Già “scartati” per Torino e Vicenza sembra difficile riescano a farcela per Milano. Durante le consultazioni sono stati fatti anche altri nomi. E questi potrebbero tornare durante la plenaria ma, se messi a verbale, serviranno per future nomine a cominciare da quella di Venezia, la cattedra che Scola se eletto lascerebbe libera.
Milano è la città dove la campagna elettorale per il sindaco ha diviso i cattolici. Giuliano Pisapia è stato appoggiato dagli eredi della tradizione cattolica democratica da sempre vicina alla curia ambrosiana: Lino Duilio, Mariapia Garavaglia, Patrizia Toia, Fabio Pizzul, Franco Monac, Paolo Danuvola. Letizia Moratti, invece, ha avuto dalla sua molti ciellini. Ma in Vaticano assicurano che la vittoria di Pisapia non influenzerà la scelta del Papa. Se Scola sarà nominato, in sostanza, non sarà per bilanciare la vittoria di Pisapia. Anche perché, come Tettamanzi insegna, non è detto che una volta eletto il vescovo resti fedele alla sua linea. Tettamanzi divenne vescovo di Ancona e poi segretario generale della Cei non senza la benevolenza del cardinale Camillo Ruini che lo considerava vicino a sé. Poi la sterzata. A Genova Tettamanzi cavalcò l’onda anti globalizzazione durante il G8, e quell’onda lo portò a Milano.
Il Papa ha dimostrato di aver un unico criterio nelle nomine: la conoscenza e la fiducia verso il suo candidato. Così ha fatto nelle nomine più importanti: dal segretario di stato Tarcisio Bertone per anni suo fedele collaboratore alla Dottrina della fede, al prefetto dello stesso ex Sant’Uffizio, il cardinale William Joseph Levada, l’unico nordamericano a partecipare alla commissione presieduta dal cardinale Ratzinger per il nuovo catechismo della chiesa cattolica, fino al prefetto dei vescovi Ouellet, membro della redazione di Communio, la rivista fondata da Hans Urs von Balthasar assieme, ancora, a Ratzinger.

Pubblicato sul Foglio martedì 31 maggio 2011

© Copyright Il Foglio, 31 maggio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella. OT.
Il Parroco tedesco Hendrick Jolie: In Germania la disapplicazione del Motu Proprio sta causando un'emorragia di seminaristi dai seminari diocesani.
http://www.katholisches.info/2011/05/20/pfarrer-henrick-jolie-die-befurchtungen-der-theologen-und-bischofe-hinsichtlich-der-papstlichen-wunsche-sind-durchaus-begrundet/

Alberto

sonny ha detto...

Un contributo per aprire, volendo, un dibattito:

http://www.lettera43.it/politica/17475/la-chiesa-dietro-la-vittoria-di-pisapia.htm

Anonimo ha detto...

"Aldo Giordano e Francesco Lambiasi, gli ultimi due nomi contenuti nella lista dei cinque – rispettivamente osservatore permanente della Santa Sede presso il consiglio d’Europa e vescovo di Rimini – oltre a non avere origini lombarde non sembrano avere la forza per convincere Ratzinger"

E quindi? L´arcivescovo di Milano deve essere per forza lombardo? Il vescovo di Roma è laziale? Il vescovo di Genova è ligure? No: card. Bagnasco è di Pontevico (Brescia). Il patriarca di Venezia è ligure? No: card. Scola è di Malgrate (Lecco). Card. Tettamanzi prima di arrivare sotto la Madonnina è stato vescovo di Ancona-Osimo (Marche) e Genova (Liguria). Mons. Mani (Firenze) è vescovo di Cagliari.
Io non sento grida di protesta dalle diocesi di Genova, di Venezia ecc. perché il loro vescovo non è nativo non della loro regione! Se va bene per tutte queste città, va bene anche per Milano!
Questa alterità, questa aria di "noi siamo più speciali degli altri", quest´aria di antropologica superiorità della diocesi di Milano mi scoccia parecchio: non se ne comprende il motivo!

Jacu