mercoledì 14 settembre 2011

A cinque anni dalla lezione di Benedetto XVI all'università di Ratisbona. Manuele ii Paleologo e la croce azzurra di padre Brown

A cinque anni dalla lezione di Benedetto XVI all'università di Ratisbona

Manuele ii Paleologo e la croce azzurra di padre Brown

di Miguel Delgado Galindo*

Cinque anni fa, il 12 settembre, Benedetto XVI tenne la memorabile lectio magistralis, «Fede, ragione e università: ricordi e riflessioni» -- in occasione del suo viaggio apostolico in Baviera del 2006 -- presso l'università di Ratisbona, dove egli aveva insegnato teologia dogmatica e storia dei dogmi dal 1969 al 1977. Penso che di quella lezione tutti ricordino bene la prima parte, in cui il Papa riportò uno stralcio di un dialogo avvenuto tra il colto imperatore bizantino, Manuele ii Paleologo, e un saggio persiano, che ebbe luogo probabilmente nell'anno 1391 nell'attuale Ankara.
In quel colloquio, l'imperatore -- contestando il ricorso alla violenza come mezzo per la diffusione della fede -- dichiara con fermezza al suo interlocutore che non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. Come ha avuto modo di affermare, a più riprese e in diversi modi con esplicita chiarezza lo stesso Benedetto XVI, nel riportare questa citazione il Pontefice intendeva mettere in rilievo il rapporto essenziale che intercorre tra fede e ragione, senza fare sue in alcun modo le espressioni polemiche del Paleologo.
Questo passo della lezione magistrale del Papa a Ratisbona, mi è tornato di recente alla memoria, mentre rileggevo il racconto del celebre scrittore britannico Gilbert K. Chesterton -- di cui lo scorso 14 giugno sono stati ricordati i settantacinque anni dalla scomparsa -- La croce azzurra, pubblicato per la prima volta nel settembre del 1910 su una rivista londinese, «The Story-Teller», e raccolto nel primo volume delle novelle di padre Brown, volume che porta come titolo L'innocenza di Padre Brown.
Questo racconto è il primo di una lunga serie di gialli, tanto conosciuti quanto geniali, che vedono come protagonista padre Brown, forse il personaggio più noto di Chesterton. L'eroe è un prete cattolico, descritto dall'autore come un uomo di bassa statura e dai modi gentili, originario di un villaggio dell'Essex, che coinvolto di volta in volta in varie vicende investigative riesce a risolvere i casi più strani e intricati.
A differenza di Sherlock Holmes -- il leggendario personaggio ideato da Arthur I. Conan Doyle e famoso per le sue acute osservazioni basate su deduzioni razionali coadiuvate dalla scienza -- il metodo di indagine di padre Brown si fonda essenzialmente su una profonda conoscenza dell'anima umana, oltre che su una vasta esperienza sacerdotale. È per questa ragione che le storie del prete investigatore sono sempre piene di umanità e di acuta intelligenza.
All'inizio del racconto La croce azzurra, padre Brown approda al porto britannico di Harwich. Nel suo bagaglio il sacerdote porta con sé una croce d'argento riccamente ornata da zaffiri, giacché intende mostrarla ai partecipanti a un congresso eucaristico a Londra dove dovrà recarsi.
Tra i passeggeri del treno che collega Harwich alla metropoli britannica, viaggiano insieme a padre Brown, Hercule Flambeau, il ladro più famoso e ricercato del mondo, nonché Aristide Valentin, capo della polizia parigina, che sta dando la caccia al primo sin dal Belgio, ritenendo che Flambeau sia giunto in Inghilterra. Durante il viaggio verso Londra padre Brown fa presente ai suoi compagni di viaggio, con un certo candore, che egli deve mantenere una certa prudenza, perché in uno dei suoi bagagli porta con sé un oggetto di grande valore. Il poliziotto avverte subito il prete di badare con molta attenzione a quell'oggetto e di evitare di parlarne a tutti quelli che incontra.
Giunti a Londra, Valentin -- nel corso delle sue indagini -- si ritrova a seguire le tracce, apparentemente contraddittorie, di due sacerdoti. Uno di questi, infatti, è padre Brown; l'altro è proprio Hercule Flambeau, il quale, venuto a conoscenza dell'esistenza della pregiata croce azzurra, si è travestito da prete per tentare di impossessarsene.
Messo in allarme, il prete vero fa spedire la croce azzurra a Westminster. Quando Valentin riesce a raggiungere finalmente padre Brown e Flambeau sui prati di Hampstead, assiste, nascosto nei cespugli, a un interessante dialogo fra i due, durante il quale il ladro dice al prete: «Ah sì, questi infedeli moderni fanno appello alla ragione; ma chi può guardare a quei milioni di mondi senza sentire che ci possono ben essere meravigliosi universi al di sopra di noi dove la ragione è assolutamente irragionevole?». Padre Brown replica d'immediato: «No, la ragione è sempre ragionevole, anche nell'ultimo limbo, all'ultimo confine delle cose. So che accusano la Chiesa di umiliare la ragione, ma è proprio il contrario. Sola sulla terra, la Chiesa sostiene che la ragione è realmente suprema. Sola sulla terra, la Chiesa afferma che Dio stesso è legato dalla ragione».
Subito dopo, Flambeau chiede apertamente a padre Brown di consegnargli la croce di zaffiri, ma il sacerdote si rifiuta. Allora il ladro, deridendo il prete, gli rivela che egli aveva preparato in precedenza un pacchetto, in tutto simile a quello dello stesso padre Brown, e lo aveva scambiato con quello contenente la preziosa croce. Ma il sacerdote investigatore risponde al ladro che, immaginando lo stratagemma, si era premurato di scambiare nuovamente i pacchetti, riuscendo a mettere in salvo la croce azzurra. Flambeau è insomma in possesso di semplici pezzi di ferro senza valore.
Il racconto si conclude quando il ladro travestito domanda a padre Brown come avesse fatto ad accorgersi che egli non era un vero prete. Il sacerdote risponde allora con saggezza e semplicità: «Ha attaccato la ragione. È cattiva teologia». Bisogna aggiungere che in seguito Flambeau lascerà la strada della delinquenza, diverrà un grande amico di padre Brown e lo accompagnerà in alcune delle sue avventure.
Benedetto XVI, sin dall'inizio del suo pontificato, ha voluto affermare la bellezza della fede e, nello stesso tempo, la sua ragionevolezza. Dio, infatti, è anche ragione (lògos), e di conseguenza credere è ragionevole.
Per questo, i cattolici sono chiamati a testimoniare e portare Cristo agli altri con convinzione e gioia, proprio come ha fatto il Papa a Madrid, in occasione della Giornata mondiale della gioventù, e come ogni giorno continua a fare. Come cinque anni a Ratisbona, dove Benedetto XVI ha offerto una magistrale lezione di teologia.

(©L'Osservatore Romano 15 settembre 2011)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

raffa,sai se l'osservatore ha scritto qualcosa sull'aja?
max2

Raffaella ha detto...

Ciao Max, l'Osservatore Romano (il "giornale del Papa") non ha ritenuto di scrivere una sola parola per ribattere alle accuse contro Benedetto XVI.
R.

Anonimo ha detto...

la linea è quella di non parlarne in maniera ufficiale. ciò comporta che neppure organi ufficiosi come l'osservatore e la Radio Vaticana si espongano dal momento che la loro reazione sarebbe immediatamente imputata alla Santa Sede. può non piacere ma ha un senso visto che l'astrusità della denuncia è tale che anche solo il fatto di prenderla in considerazione può sembrare legittimarla. comunque più ci penso alle modalità della denuncia più la cosa mi sembra talmente assurda. al di là delle notazione già da più parti evidenziate, dovrebbe far riflettere solo il fatto che, a quanto ho capito, il ricorso sarebbe basato su 5 casi definiti emblematici. ma come cavolo si fa a pronunciarsi sull'esistenza di una direttiva generalizzata di attacco ai minori, perchè è di questo che si tratta, sulla base di 5 soli casi? può andar bene per un'inchiesta giornalistica (forse) ma in un processo penale con tutte le garanzie del caso è del tutto assurdo e li squalifica in partenza. è solo propaganda. piuttosto si esiga che quando verrà dichiarata l'inammissibilità della richiesta vi sia lo stesso interesse nel riportare la notizia da parte dei media.

Antonio

Raffaella ha detto...

Il punto e' che il Papa e' stato sbattuto di nuovo in prima pagina e nascondere la testa sotto la sabbia non risolve proprio nulla.
Ho come la sensazione che la Santa Sede, come sempre, si culli nella pia illusione che, non parlando del problema, esso si risolva magicamente da solo.
Non funziona cosi' e l'esperienza degli scorsi anni deve avere pure insegnato qualcosa.
R.

Anonimo ha detto...

bisogna rispondere quando ci sono accuse specifiche. in questo caso siamo di fronte a un qualcosa di talmente amorfo e gigantesco che non si sa che cosa contestare per prima. secondo me gli interventi dovrebbero venire dalla chiesa tutta e in generale dagli uomini di buona volontà e non dal diretto interessato. sarebbe l'intervento più importante perchè dimostrerebbe la compattezza rispetto a questi attacchi che vengono sferrati proprio perchè si conta anche sulla mancanza di unità altrui. comunque quello che fai tu e le altre persone che scrivono e contribuiscono a costruire il blog è davvero preziosissimo.

Antonio

Raffaella ha detto...

E intanto un matematico continua, anche nei commenti al suo post, a confondere una semplice citazione (diritto processuale civile) con una incriminazione (diritto processuale penale) senza che nessuno si degni di dire una sola parola.
Forse in Vaticano manca la carta per scrivere a Repubblica o mancano le connessioni internet per mandare una mail?
Ma in fondo la cosa riguarda solo il Papa, questo Papa, e allora un bel "chissenefrega" non fa mai male.
R.

Raffaella ha detto...

La mancanza di unita' e' il dramma della chiesa attuale.
Ciascuno pensa per se' e per il suo orticello.
R.

mariateresa ha detto...

cara amica.
pensare solo al proprio orticello è una caratteristica di tutta la società e la Chiesa non è un'eccezione.
per questo stiamo andando a ramengo o a schfìo se preferite.

Raffaella ha detto...

Appunto :-))
R.

gemma ha detto...

insisto nel dire che chi dovrebbe interloquire col matematico precisando la questione non è il vaticano ma un qualsivoglia giurista laico cattolico con gli attribuiti