A Erfurt nei luoghi di Lutero e dell'ex Repubblica democratica
Il Vangelo non è diviso
di JOACHIM WANKE
Vescovo di Erfurt
La visita di un Papa in Turingia è un avvenimento storico. Infatti, sebbene abbiano visitato Erfurt ecclesiastici che poi sono divenuti pontefici, quali il nunzio Eugenio Pacelli o in tempi più recenti l'arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, un successore di Pietro non aveva ancora tributato al Land un simile onore.
La Turingia ha una lunga tradizione di fede che risale ai tempi di san Bonifacio e alla patrona di Erfurt, santa Elisabetta. Dopo essere appartenuta alla diocesi di Magonza per un migliaio di anni, Erfurt nel periodo post-napoleonico ha fatto parte per circa cento anni dell'arcidiocesi di Paderborn e negli anni Trenta del ventesimo secolo della diocesi di Fulda, in base al Concordato con la Prussia. Tuttavia, dopo la guerra, a causa dell'isolamento dell'Est sotto il dominio comunista, in Turingia, dove si trovava anche la cattolica Eichsfeld, si è sviluppata una vita ecclesiale autonoma. E nel 1994 Erfurt è divenuta diocesi.
So che, con la visita in Turingia, il Santo Padre vuole lasciare un segno che valga per tutti i cosiddetti "nuovi Länder federali". Noi cristiani, in particolare noi cattolici, viviamo qui in una sorta di diaspora. Chi sosteneva la Chiesa negli anni dello Stato della Repubblica Democratica Tedesca, ideologicamente orientato, ha avuto bisogno di coraggio e di capacità di resistenza. Ora, in un'epoca diversa, occorre fermezza per dichiararsi cristiani in una società liberale e aperta. Quindi alla domanda perché mi rallegro della visita del Pontefice in Turingia rispondo in primo luogo che egli contribuirà a rafforzare la nostra fede. Infatti ne abbiamo bisogno anche ora. Questo è il servizio che Cristo, nostro Signore ha affidato al successore di Pietro. I vescovi di Roma sono soprattutto testimoni di fede. I discorsi del Papa, la nostra preghiera comune con lui nel luogo di pellegrinaggio di Etzelsbach e a Erfurt ci aiuteranno a unirci più profondamente con Cristo. Nel Vangelo di Giovanni il Signore ci ammonisce: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla" (15, 5). Rafforzare, approfondire e rendere feconda questa unione nella vita dei fedeli è la più grande aspettativa che nutro. Inoltre il Papa porta con la sua persona la Chiesa universale nella nostra diocesi. Il suo arrivo ci ricorda che siamo parte della Chiesa universale di Gesù Cristo e che qui, in Turingia, siamo Chiesa di diaspora, minoritaria. Inoltre siamo legati da una fede e da una speranza comuni a una molteplicità di diocesi cattoliche in tutte le parti del mondo. Ci rallegriamo per il rafforzamento della Chiesa in altri luoghi (al quale molti contribuiscono con scambi personali e donazioni economiche) e soffriamo per quanti vengono perseguitati e oppressi perché cristiani. Laddove la Chiesa vive, testimonia il Vangelo. È la Chiesa fra le persone e con le persone. Capire questo amplia i nostri orizzonti e ci fa comprendere anche qual è il nostro compito in Turingia.
Benedetto XVI viene in una Chiesa locale in totale trasformazione. Bisogna superare sfide nuove e finora inusuali. La fede in Dio non è più un dato scontato. La consuetudine ecclesiale non è più quella di una volta. La forma delle nostre comunità si sta modificando. L'appartenenza alla Chiesa ha bisogno, più che in passato, di forza e di determinazione per resistere. La vita nella e con la Chiesa necessita di nuovi atteggiamenti, comportamenti diversi, una devozione in grado di resistere al tempo attuale. Qual è il centro della nostra fede? Che cosa ci aiuta a rimanervi saldamente attaccati? Per rispondere a questi interrogativi mi aspetto un segnale dal Papa. Potrebbe aiutarci a trarre dall'eredità cristiana un nuovo annuncio per la generazione attuale.
Benedetto XVI arriva nei nuovi Länder federali. In tal modo rende onore all'impegno dei loro abitanti per un nuovo inizio politico e sociale. Sicuramente attrarrà l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale su ciò che è accaduto qui: una rivoluzione pacifica, che ha donato a noi tedeschi dell'Est la libertà e a tutti i tedeschi la riunificazione.
La nostra generazione ha ricevuto tanti doni. Tuttavia, abbiamo il grande compito di plasmare la libertà riconquistata in modo responsabile. Dio non deve essere dimenticato o consapevolmente "sospeso". Questo ci insegna il passato. Il Papa ci incoraggerà a portare, anche oggi, nella società la nostra fede in Dio e a non avere paura della corresponsabilità.
Infine Benedetto XVI desidera lasciare un segno ecumenico. Noi cattolici dell'Est sappiamo quanto è importante la reciprocità ecumenica delle Chiese. Le comuni restrizioni nel vecchio sistema politico hanno rafforzato il senso di appartenenza. Il Vangelo di Gesù non è diviso. Lo possiamo vivere solo insieme e così essere testimoni credibili. Sono certo che il Papa conferirà un impulso potente all'unità della Chiesa. Nella scelta del convento agostiniano di Erfurt, luogo luterano, come sede dell'incontro con l'Ekd ha già tracciato un segno. E ancora più importate è che egli non vuole soltanto parlare con i fratelli e le sorelle di fede evangelica, ma anche pregare insieme con loro.
(©L'Osservatore Romano 22 settembre 2011)
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