Il Congresso eucaristico nazionale di Ancona
Un nutrimento per le città degli uomini
Ancona, 9. L'Eucaristia illumina ogni strada, anche la più impervia. Per questo il cristiano, soprattutto quando si moltiplicano le zone d'ombra, è chiamato a portare la luce della sua testimonianza al servizio della società. Quello della «cittadinanza» -- l'ultimo dei cinque ambiti di riflessione -- è stato il tema al centro della giornata odierna del Congresso eucaristico nazionale. Un aspetto messo in luce dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) che nel pomeriggio ha presieduto la messa nella cattedrale di San Ciriaco.
E che è stato sottolineato anche dal vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino. «Siamo un'umanità che ancora registra, nonostante i progressi straordinari della scienza e della tecnologia, un'immensa schiera di uomini e di donne toccati dalla fame, dalla malattia, dall'emarginazione, dalla violenza. Un mondo fatto così umilia tutte le sapienze informatiche e politiche, e pone problemi di senso, di strategie di futuro». Al contrario, la «sapienza eucaristica», rende gli uomini capaci di «uscire dalla logica di un egoismo che umilia la persona e la comunità, per aprirci alla logica della gratuità e del dono» e imporre «una logica nuova della società». Per questo, i credenti hanno il compito di accettare le «sfide» del tempo presente.
Il compito che attende il cristiano di fronte all'«enorme fenomeno della mobilità umana» è stato poi ribadito dall'arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Antonio Maria Vegliò. Il presule, parlando a Osimo, ha messo in luce il legame che esiste tra l'Eucaristia e la «sollecitudine pastorale in favore dei migranti» ed è tornato a chiedere «percorsi di autentica integrazione» e il «rispetto dei diritti» di tutti. In precedenza, nella mattinata, sul tema della cittadinanza è intervenuto anche il vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi.
«Il nuovo protagonismo della società civile e della comunità ecclesiale a opera di una “nuova generazione di laici cristiani impegnati”, con il loro impegno in campo sociale, economico e politico», auspicato da Benedetto XVI, «può derivare solamente da persone rinnovate nell'amore oblativo dalla partecipazione al pasto sacramentale e sacrificale con il Crocifisso-Risorto e dalla presenza dello Spirito, che rinnova la faccia della terra». Per il presule, infatti, «è necessario riscoprire la ricchezza dell'Eucaristia non solo per la rigenerazione delle nostre comunità cristiane ma per la rigenerazione della città dell'uomo». In questo senso, «l'Eucaristia ci insegna ad abbattere le barriere che impediscono o mortificano lo sviluppo della vita: ci dà la forza per difendere la vita di ogni persona, per vincere la spirale della violenza mediante il perdono e il sacrificio di se stessi, per rompere le catene dell'accaparramento dei beni promovendo ovunque condivisione e solidarietà».
La giornata di ieri, giovedì 8, dedicata all'ambito della «tradizione» -- intesa come capacità di trasmettere i contenuti della fede -- si era conclusa con una processione eucaristica per le vie della città. A guidarla l'arcivescovo presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, Piero Marini. «Che significato ha per la nostra vita di fede questo cammino processionale?», si è domandato il presule, il quale, come risposta, ha offerto la certezza che «nel cammino della vita non siamo soli, non vaghiamo senza meta: il Figlio divino nato da Maria si è fatto a noi vicino, è diventato nostro compagno di viaggio. Gesù è con noi, cammina con noi lungo le vie delle nostre città, dei nostri paesi, entra nelle nostre case, condivide e i nostri dolori, le nostre angosce, le nostre gioie e le nostre speranze, ci consola». Precedentemente il vescovo di Brescia, Luciano Monari, ha affrontato il tema dell'Eucaristia in rapporto alla vocazione del ministero ordinato. Il presule ha messo in guardia dall'essere «puri esecutori materiali di un gesto», dal momento che «ci si chiede invece di essere innamorati della gente, di essere conformati a Cristo, al suo mistero pasquale, perché siamo servitori di Cristo, annunciatori del suo amore». E ha quindi esortato a non cercare «nulla per noi, né fama né onori né ricchezza. Siamo attenti e accoglienti verso tutti i fratelli, sia i simpatici sia gli sgradevoli. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli deve diventare una forma di comportamento e questo stile si deve tradurre nel non desiderare di fare carriera, non lasciarsi condizionare dal confronto che intristisce, che crea risentimento. Si tratta di atteggiamenti che è umanissimo avere, ma l'Eucarestia ci è data per sanare il cuore e liberarlo».
(©L'Osservatore Romano 10 settembre 2011)
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