lunedì 26 settembre 2011

"L'incontro" fra il bavarese Ratzinger ed il sassone Lutero. Da Erfurt s'innalza un nobile e generoso messaggio di speranza (Cardini)

IL COMMENTO

Lutero e lo scisma da superare

DI FRANCO CARDINI

Papa Ratzinger è, al pari di colui che noi chiamiamo Lutero, un grande biblista. Ed è bavarese, laddove l'agostinano che dette avvìo alla Riforma (dai cattolici più tardi definita "protestante") era sassone.

Non è certo retorica l'affermare che l'evento or ora verificatosi nell'antico convento agostiniano di Erfurt corrisponde a un'autentica data storica. Un papa bavarese s'incontra, nell'antico centro sassone, con alcuni tra i maggiori rappresentanti della Chiesa evangelica tedesca, nata appunto quasi mezzo millennio fa, nel 1517, dalle celebri «Novantacinque Tesi» che il trentaquattrenne agostiniano e docente universitario Martin Luther aveva appeso alla grande porta della cattedrale di Wittenberg, la città dove egli insegnava teologia biblica.
Papa Ratzinger è, al pari di colui che noi chiamiamo Lutero, un grande biblista. Ed è bavarese, laddove l'agostinano che dette avvìo alla Riforma (dai cattolici più tardi definita «protestante») era sassone. Strani destini incrociati. Baviera e Sassonia sono, nella storia tedesca, le due «sorelle avversarie».
La Baviera, con la vicina Austria, è la patria della cultura letteraria tedesca fin dal medioevo; eppure il tedesco moderno è il sassone di quel duro minatore ch'era il padre di Lutero, e che egli stesso usò per tradurre la Bibbia nel «volgare» della sua gente, in un tempo in cui la Chiesa disponeva che la Sacra Scrittura si tramandasse solo in latino. Su ciò, come su altre cose, il Concilio Vaticano II è sembrato dar ragione al frate agostiniano ribelle.
La Baviera è, da sempre, la roccaforte cattolica della Germania. Lo rimase perfino durante il nazismo, che pure era nato proprio nella sua capitale, Monaco. La Sassonia è viceversa il nucleo forte del protestantesimo luterano: eppure, nel 1697, il suo duca e principe elettore dell'impero, Augusto «il Forte», accettò di convertirsi alla confessione romana per diventare sovrano della cattolicissima Polonia.
Varsavia, come la Parigi di Enrico IV, valeva bene una messa. Destini incrociati, ancora una volta. Chissà quali pensieri hanno attraversato la mente del Santo Padre, in quel luogo venerabile. Era ancora un ragazzino, per quanto obbligato a vestir l'uniforma della Wermacht, quando nel '45 anche Erfurt fu colpita da feroci bombardamenti che danneggiarono fra l'altro l'edificio tardogotico della sua Università. Ma l'oggi, in termini differenti, non è meno difficile di quel sanguinoso e fiammeggiante ieri. Nella sua Germania, ormai riunita e da tempo liberata dall'ateismo di stato che ne aveva afflitto per quasi mezzo secolo la sua parte orientale, il papa è stato circondato dall'effetto dei suoi connazionali (non solo cattolici), ma ha anche dovuto affrontare espressioni di dissenso dure, tra le quali quelle che gli hanno - ingenerosamente, ma significativamente - rinfacciato gli episodi di pedofilia purtroppo verificatisi nella Chiesa.
A Erfurt, non privo d'imbarazzo è stato il pur corretto e rispettoso incontro del pontefice romano, fedele difensore del principio veterotestamentario del sacerdozio maschile, con alcune «vescovesse» protestanti. Eppure, tanto il papa quanto i capi della Chiesa evangelica di Germania sapevano bene perché erano lì, nel convento di Lutero: per render omaggio a quel grande pensatore, da secoli considerato uno degli «eroi» della nazione tedesca, e al tempo stesso per porre le basi di qualcosa che serva a superare la tragedia che cinque secoli fa si verificò a causa non certo solo, tuttavia anche delle sue parole e dei suoi scritti, e che portò allo scisma. Gli scismi, si sa, hanno cause teologiche. Ma non solo. Forse quello «d'Oriente», che nel 1054 separò la Chiesa occidentale latina da quella orientale ortodossa, non fu originato solo dalle opposte opinioni dei prelati di ciascuna di esse sulla «processione» dello Spirito Santo o sull'uso del pane azzimo nella consacrazione eucaristica o sul matrimonio del basso clero secolare. Alla base di esso v'erano anche concreti motivi politici e giurisdizionali, che solo oggi si vanno lentamente superando.
Allo stesso modo, la protesta e la denunzia dell'agostiniano Lutero contro la Chiesa mondana, la "superstizione" dei pellegrinaggi e delle reliquie, gli abusi della mondanità dell'alto clero, le razzìe fiscali delle decime e la venalità delle indulgenze, non avrebbero causato la spaccarura della Cristianità europea in due. Né vi sarebbero bastate le dottrine luterane del «servo arbitrio» e della «consustanziazione» eucaristica. Tredici secoli di concìli, da quello di Nicea del 325 in poi, avevano metabolizzato ben altro. Ma ci si misero di traverso le contrastanti mire dei principi tedeschi, gli errori della Curia, l'intricata situazione dell'impero e dell'Europa di allora. Furono gli interessi politici ed economici, non la teologia, a rompere l'unità dei cristiani d'Occidente.
Da Erfurt, oggi, s'innalza un nobile e generoso messaggio di speranza. È giunta l'ora di saldare e di chiudere quel vecchio conto. È il momento di riconoscere l'inanità sostanziale, quindi la pretestuosità, di quello e di qualunque altro scisma. È il momento di tornare uniti, anche per meglio affrontare la tempesta economico-finanziaria e forse sociopolitica che sta per scatenarsi sui cieli del nostro continente. Alla fine degli Anni Settanta del secolo scorso, un pontefice venuto dall'Europa orientale fu il segnale che la maledetta cortina eretta dai patti di Yalta a dividere l'Europa stava per crollare. Oggi, forse il pontefice venuto dalla patria della Riforma è il segnale che la lacerazione di mezzo secolo fa sta per cedere il passo alla riconciliazione. Auguriamoci che questo segnale sia avvistato da tutti i capi delle Chiese cristiane: a Londra, a Mosca, a Istanbul, al Cairo, a Damasco, a Erevan, ad Addis Abeba, dovunque nel mondo c'è un gruppo di fedeli che attende di riunirsi al grande gregge del Cristo. Vi saranno certo difficoltà da superare e prezzi, anche alti, da pagare. Ma questa è la strada.
Ancora un volta che Tu sia benedetto, Beatissimo Padre, per la speranza che hai saputo infondere in tutti noi.

© Copyright Il Tempo, 25 settembre 2011

1 commento:

Francesco ha detto...

Egregio Cardini: non è stato l'occidente cattolico a separarsi dall'oriente ma l'esatto contrario: le comunità cristiane orientali, disconosciuto il primato del successore di Pietro, si sono separate dalla comunione con la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica.