Appello del Papa dal Benin: l'Africa è il continente della speranza, non amputate il futuro dei popoli che cercano la libertà
La seconda giornata di Benedetto XVI in Benin è iniziata al Palazzo presidenziale di Coutonou, dove ha incontrato i responsabili politici e religiosi del Paese. Il Papa ha pronunciato un vibrante discorso, tutto incentrato sulla speranza, ricordando la spinta verso la libertà espressa negli ultimi mesi anche da tanti popoli africani. Quindi, ha rivolto un appello ai leader politici del mondo affinché combattano scandali e ingiustizie e non privino i loro popoli della speranza. A margine dell’incontro con la società civile beninese, il Papa ha avuto un incontro privato con il presidente della Repubblica, Thomas Yayi Boni. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Parlare della speranza significa parlare del futuro e dunque di Dio”: è uno dei passaggi del discorso del Papa alle istituzioni politiche e religiose del Benin, tutto incentrato sulla speranza, parola chiave del suo viaggio apostolico:
“Lorsque je dis que l’Afrique est le continent…”
“Quando dico che l’Africa è il continente della speranza – ha sottolineato – non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa”.
Il Papa ha così messo in guardia da quei pregiudizi ed immagini “che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista”. In particolare, il Papa ha indicato il rischio di toni sentenziosi da moralizzatore o da etnologo curioso che vedono nell’Africa solo un’ “enorme riserva” da sfruttare per interessi poco nobili. “Queste – è stato il monito del Pontefice – sono visioni riduttive e irrispettose che portano ad una cosificazione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti”. Ha così rivolto il pensiero a quei movimenti di libertà che stanno cambiando la storia di molti Paesi, anche africani:
“Ces derniers mois, de nombreux peuples ont…”
“In questi ultimi mesi – ha constatato – numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni”.
Ed ha ricordato la nascita di un nuovo Stato, il Sud Sudan. Al contempo, ha detto, vi sono stati anche conflitti “generati dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici, che escludono la dignità delle persone o quella della natura”. Ha quindi ribadito che la “persona umana aspira alla libertà”, vuole “essere rispettata, rivendica un modo di governare limpido che non confonda l’interesse privato con l’interesse generale”. In definitiva, vuole “la pace e la giustizia”.
“En ce moment, il ya trop de scandales…”
“In questo momento – ha affermato – ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione ed avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte”.
Questi mali, ha tenuto a evidenziare il Papa, “affliggono certamente” l’Africa, ma “ugualmente il resto del mondo”. Ogni popolo, ha soggiunto, “vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome” e quando “si accorge della manipolazione”, la sua reazione “è a volte violenta”. Ecco, ha avvertito il Papa, che ci troviamo allora “davanti ad una rivendicazione che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità e soprattutto per una maggiore umanità”. Di qui, un appello rivolto dal Papa a “tutti i responsabili politici ed economici” africani e del resto del mondo:
“Ne privez pas vos peuples de l’espérance…”
“Non private i vostri popoli della speranza! – è stata la sua esortazione – non amputate il loro futuro mutilando il loro presente”.
Ed ha aggiunto: “Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza”. Ancora, ha riaffermato che i leader politici devono “restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi” ed essere dunque “servitori della speranza”:
“L’Eglise n’apporte aucune solution tecquinque…”
“La Chiesa – ha ribadito – non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica”, ma ha aggiunto: porta un “messaggio di speranza, una speranza di energia”. E’ la speranza che le viene da Dio, dal sapere che “l’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo”.
La speranza “è comunione”, ha poi rilevato, la “disperazione è individualista”. Nella parte conclusiva del suo intervento, il Pontefice si è soffermato sul dialogo interreligioso. E ancora una volta ha avvertito che “nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello e il ricorso all’intolleranza e alla violenza”. Giustificare la violenza in nome di Dio, ha soggiunto, “è un gravissimo errore”. Al tempo stesso, il Papa ha messo l’accento sulla verità quale via per un autentico dialogo:
“Cette vérité n’exclut pas, et elle n’est pas une confusion…”
“Questa verità non esclude, e non è una confsuione”, è stato il suo ammonimento. Il dialogo interreligioso “mal compreso – ha detto – porta alla confusione o al sincretismo”.
Ed ha riconosciuto che talvolta “il dialogo interreligioso non è facile”, ma questo non significa affatto una sconfitta”. E questo perché “non si dialoga per debolezza”, ma "perché si crede in Dio”. “Avere speranza – è stato il suo incoraggiamento – non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore”. Il Papa ha concluso il suo discorso con un augurio di speranza per tutta l’Africa:
“Aie confiance, Afrique, et lève toi!...”
“Abbi fiducia, Africa ed alzati! Il Signore ti chiama”.
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