martedì 15 novembre 2011

Bioetica, Cei: cultura muta atteggiamento, ora tocca ai politici. Ora di religione, Cei: spazio educativo autentico per Italiani e stranieri. Mons. Forte: non sappiamo più proporre la fede (Izzo)

BIOETICA: CEI, CULTURA MUTA ATTEGGIAMENTO, ORA TOCCA AI POLITICI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 nov.

"E' in atto un impercettibile cambiamento di prospettiva dai diritti individuali ai doveri condivisi". Lo rileva - anche in merito alla soluzione che si profila per il Governo - il sottosegretario della e portavoce della Cei, monsignor Domenico Pompili che ha presentato oggi alla stampa il programma di un Convegno su "Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia" promosso dall'associazione Scienza e Vita. L'incontro sara' aperto da una Lectio Magistralis del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, alla quale seguira' la tavola rotonda, moderata dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio con diversi leader politici: Angelino Alfano del Pdl, Pier Luigi Bersani del Pd, Pier Ferdinando Casini dell'Udc e Roberto Maroni della Lega. "Mentre altri conducono trattative riservate, i cattolici cercano un confronto nello spazio pubblico, limitando cosi' l'occupazione da parte sia della politica che l'odierna avanzata dei tecnici", ha sottolineato da parte sua il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato delle Settimane Sociali, intervenuto anche lui alla confeenza stampa. "La Tavola Rotonda – ha commentato Lucio Romano, presidente nazionale di Scienza e Vita – vuole offrire un contributo per un supplemento di riflessione sulle questioni bioetiche, biogiuridiche e biopolitiche. Obiettivo del Convegno e' favorire un confronto di alto profilo sui temi del nostro Manifesto, in ragione della loro attualita' nel dibattito pubblico". "Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia – spiega Lucio Romano – afferma e riconosce nel sociale la centralita' di ogni essere umano e il rispetto della sua intrinseca dignita' indipendentemente da qualsiasi giudizio circa le sue condizioni esistenziali".
Il nuovo Manifesto di Scienza e Vita, e' stato elaborato dal Consiglio Esecutivo nazionale, grazie alla proficua partecipazione e collaborazione delle Associazioni locali". Obiettivo dichiarato del convegno, ha concluso Romano, "e' quello di offrire un contributo alla riflessione sulle questioni bioetiche, biogiuridiche e biopolitiche, anche mediante un confronto di alto profilo su temi di stringente attualita' nel dibattito pubblico". Scienza e Vita e' il coordinamento delle associazioni laicali sui temi della bioetica.
In merito al confronto promosso da Scienza e Vita, la posizione della Cei e' molto chiara: come sta gia' accadendo nel doibattito cultirale, anche a livello politico nel nostro Paese l'affermazione dei "diritti ad ogni costo" che a sinstra e non solo ha dominato la scena per diverso tempo, sempre piu' deve cedere il passo ad "un impegno per il bene comune che non puo' prescindere dalla difesa dei piu' deboli e fragili". Secondo monsignor Pompili, esiste infatti una "profonda relazione tra la cura della vita e la tenuta democratica di un Paese". "Dietro questa insospettabile correlazione - ha affermato il prelato presentando il programma dei lavori nella sede di Scienza e Vita - si gioca una partita decisiva giacche' la capacita' di esercitare un'attenzione amorevole verso cio' che e' fragile e indifeso e' la riprova della tenuta di una societa' che intenda farsi carico del bene comune".
"E' tempo - ha continuato il portavoce dei vescovi italiani - di superare la ricorrente contrapposizione tra sacralita' della vita, che sarebbe ispirata ad un sentire religioso e qualita' della vita, che invece sarebbe frutto di una posizione laica". Per monsignor Pompili, occorre riconoscere "una priorita' della vita sulla sua eventuale regolamentazione e non e' possibile disattendere questa evidenza etica, pena compromettere l'insieme degli stessi beni sociali". Di qui la necessita' di riscoprire la "legge naturale", basata su "quei valori e vincoli che precedono qualsiasi legislazione positiva". "La posta in gioco - ha ricordato il prelato citando il discorso del cardinale Bagnasco a Todi - e' una specie di metamorfosi antropologica, che riguarda in primo luogo l'inizio e la fine della vita, sorgenti dell'uomo e base dei principi non negoziabili che non possono essere piegati ad altre logiche, in quanto sciolti da qualsiasi altra valutazione esterna di tipo utilitaristico o strumentale".
"Non si puo' affrontare il cambio epocale in cui siamo immersi - ha ammonito il sottopsehgretario della Cei - senza avere una visione d'insieme, un orizzonte di senso, una saggezza di fondo che, ispirata o meno dalla fede, sappia farsi carico delle trasformazioni te enologiche senza perdere l'orizzonte umanizzante".
Del resto, ha aggiunto, "il dialogo e' favorito non dalle reticenze o dalle ambiguita', ma dalla chiarezza della impostazione antropologica". E cosi' "l'impercettibile slittamento dalla stagione dei semplici diritti individuali a quella dei doveri condivisi" rappresenta un "indizio" che "il clima culturale sta cambiando', non solo a causa della crisi economica, ma anche per "la constatazione dei fallimenti, cui ha condotto una certa visione angusta e troppo ripiegata su se stessa".
"I principi non negoziabili non sono affermazioni innocue: servono a far vedere che non ci sono scelte obbligate, ma che nessuna scelta e' moralmente indifferente", ha rilevato da parte sua il professor Diotallevi, osservando che "in piena crisi di governo la Chiesa pubblicamente fa una riflessione in cui si argomenta la superiorita' di un diritto rispetto ad una legge" e questo dimostra una volta di piu' che "la democrazia ha bisogno della religione". "Non si puo' prescindere da una visione della vita come il bene di maggiore nobiltà e di grandezza del creato", ha convenuto infine il neuropsichiatra Massimo Gandolfini, dirigente di "Scienza e vita", ricordando che "non esiste una scienza che possa fare a meno di un'impostazione etica", anche se e' una "tentazione" oggi diffusa quella, denunciata da Benedetto XVI, di "ignorare tutte le condizioni etiche".

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ORA RELIGIONE: CEI, SPAZIO EDUCATIVO AUTENTICO PER ITALIANI E STRANIERI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 nov.

Attraverso l'ora di religione, la Chiesa Cattolica vuole contribuire a fare della scuola "uno spazio educativo autentico per le nuove generazioni, un luogo di formazione alla pacifica convivenza tra i popoli e di confronto rispettoso, sotto la guida di veri maestri e di convinti educatori".
Lo affermano i vescovi italiani nell'annuale messaggio-appello rivolto a alunni e genitori affinche' scelgano di avvalersi di questo insegnamento previsto dagli accordi concordatari e regolamentato come facoltativo nella legislazione italiana. Ad impartirlo, ricorda la Cei, sono "insegnanti professionalmente competenti e spiritualmente motivati", che possono aiutare gli studenti sia italiani che stranieri (questi ultimi sono presenti in modo crescente nelle scuole del nostro Paese) "a leggere e interpretare la cultura letteraria, artistica e storica in cui siete nati e cresciuti, o dove siete approdati in seguito a scelte di vita o a esodi forzati". "L'insegnamento della religione cattolica - ricorda in proposito il testo reso noto oggi - e' una disciplina che tiene viva la ricerca di Dio, aiuta a trovare risposte di senso ai 'perche'' della vita, educa a una condotta ispirata ai valori etici e, facendo conoscere il cristianesimo nella tradizione cattolica, presenta il Vangelo di Gesu' Cristo in un confronto sereno e ragionato con le altre religioni".
"La Chiesa - assicurano infine i vescovi a genitori e studenti - e' dalla vostra parte, si fa carico di ogni vostra fatica, vuole offrirvi il supporto della sua bimillenaria esperienza a servizio dell'uomo e delle sue piu' profonde aspirazioni".
Con il suo messaggio, la presidenza Cei "interpella anche i genitori e gli studenti immigrati nel nostro Paese". Infatti i vescovi ricordano, tra l'altro, come lo strumento della religione cattolica aiuti tutti gli alunni "a fare della scuola un luogo di formazione alla pacifica convivenza tra i popoli e di confronto rispettoso". Al tempo stesso, i vescovi richiamano che anche gli studenti che sono arrivati in Italia "in seguito a scelte di vita o a esodi forzati" possono trovare nell’insegnamento della religione uno strumento per leggere e interpretare la cultura letteraria e artistica e storica italiana. Infine, i vescovi invitano direttamente gli studenti e i genitori "a guardare con fiducia, qualunque sia il vostro credo e la vostra estrazione culturale" all'insegnamento della religione, considerandolo una sorta di laboratorio interculturale, di dialogo ecumenico e interreligioso.
"La scuola dell'obbligo in Italia vede ormai oltre 700.000 alunni figli di genitori stranieri di almeno 180 nazionalita' diverse. Di questi quasi il 40 degli sono nati in Italia, ma non sono cittadini italiani", ricorda da parte sua monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, che cita i dati del recente Dossier Caritas e della Migrantes, che sono entrambi organismi della Cei, commentando per il Servizio Informazione Religiosa il messaggio rivolto dai vescovi a genitori e studenti chiamati a scegliere nelle prossime settimane se avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica per l'anno scolastico 2012-2013.
"Nell'ultimo anno scolastico - sottolinea Perego - oltre il 50 per cento degli alunni figli di immigrati in Italia hanno scelto di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, dimostrando di comprendere le ragioni che i vescovi richiamano nel messaggio per il prossimo anno scolastico. I cattolici immigrati nel nostro Paese raggiungono il numero di 850.000, corrispondente al 23 per cento degli immigrati, provenienti soprattutto dalle Filippine (109.000), Polonia (105.000), Ecuador (84.000), Perù (80.000), Albania (77.000), Romania (71.000), Macedonia (49.000), Albania (42.000), Brasile (34.000), Francia (25.000) e circa 20.000 per Rep. Dominicana, Croazia e Colombia, Ucraina". Secondo Perego, "il dato dimostra che quasi il 30 per cento degli alunni stranieri di altre confessioni cristiane e religioni che frequentano le scuole italiane hanno fatto la scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, comprendendone la valenza culturale e universale, quale 'risorsa di orientamento per tutti' e come risposta al 'radicale bisogno di apertura a dimensioni che vanno oltre i limiti dell’esperienza puramente materiale', come ricordano i vescovi italiani". "L'auspicio - conclude il direttore di Migrantes - e' che si allarghi attorno all’insegnamento della religione cattolica nella scuola la vasta adesione attuale, arricchita del valore aggiunto di studenti immigrati che portano con se' una storia, spesso drammatica, che costituisce una risorsa anche religiosa nel processo educativo e scolastico".

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CHIESA: MONSIGNOR FORTE, NON SAPPIAMO PIU' PROPORRE LA FEDE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 nov.

I giovani di oggi "parlano ormai linguaggi totalmente diversi dai nostri". Lo sottolinea l'arcivescovo di Chieti Vasto e apprezzato teologo, monsignor Bruno Forte, per il quale "la realta' di un mondo senza Dio in cui non di rado ci pare di trovarci e' forse solo il frutto di questo 'Dio senza mondo', come risulta a molti ai quali vorremmo proporlo". Un'analisi spietata, che conferma l'urgenza del tema dell'emergenza educativa, che la Chiesa italiana si e' assegnato per il prossimo decennio.
"L'educazione - ha detto il presule aprendo oggi l'anno accademico dell'Universita' Europea di Roma - e' un cammino: si pone nel rischio e nella complessita' del divenire della persona, teso tra nostalgie e speranza". In questo cammino, ha aggiunto, "e' decisivo scegliere ogni giorno cio' su cui sta o cade il senso ultimo della nostra vita".
L’annuncio della vita vittoriosa sulla morte: e' questa, ha ricordato, "la nuova evangelizzazione di cui ogni generazione ha bisogno". Per monsignor Forte, dunque, "ci sara' sempre bisogno di educatori che siano persone dal cuore nuovo, capaci di cantare il cantico nuovo della speranza e della fede lungo le vie, talvolta tortuose e scoscese, che i pellegrini del tempo sono chiamati a percorrere".
Secondo monsignor Forte, sono due le condizioni che stanno alla base di questo processo educativo, finalizzato alla scelta "libera e fedele" del bene. La prima e' il dono del tempo. "Occorre avere tempo per l'altro e dargli tempo, accompagnandolo nella durata con fedelta'. Chi ha fretta o non e' pronto ad ascoltare e accompagnare pazientemente il cammino altrui, non sara' mai un educatore". "La seconda condizione - ha elencato - e' la relazione interpersonale. Oggi, siamo malati di assenza, poveri di speranza e di grandi ragioni, sempre più soli perche' privi di un sogno comune. Scommettere sulla possibilita' di creare ponti fra le solitudini diventa allora questione vitale". "Prima che essere per l’altro, chi educa - ha raccomandato l'arcivescovo dio Chieti-Vasto -deve stare con l’altro, ha continuato l’arcivescovo, invitando a realizzare anche in campo educativo quella "convivialita' delle differenze di cui e' esempio eloquente il comportamento del misterioso Viandante sulla via di Emmaus: si fa prossimo, accompagna il cammino dei due, ascolta, trasforma il loro modo di vedere». Attraverso «la compagnia della vita, lo spezzare insieme il pane dei giorni, stando in cammino con l’altro per comprendere e parlare al suo cuore e trasformarlo".
Accompagnare, ha ribadito il vescovo teologo, vuol dire "prevenire e accogliere l’altro nell'amore". Renderlo partecipe di una memoria viva, "capace di inserire la persona nella realtà totale che conti per lei e per tutti.
Solo in una relazione di amore fedele e ricca di memoria, nutrita di radicamento nel passato da cui veniamo, passa la vita che illumina la vita.
Tanto tra genitori e figli quanto in generale tra insegnati e alunni, educatori e discepoli, pastori e popolo loro affidato". All'orizzonte, ha concluso, c'e' poi un'ultima sfida: accendere la profezia, contagiando il coraggio e la gioia, perche' "scopo dell'educazione e' schiudere orizzonti, raccogliere le sfide e accendere la passione per la causa di Dio tra gli uomini, che e' la causa della verita', della giustizia e dell'amore".

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1 commento:

Andrea ha detto...

A proposito della prima parte: ci vuole, secondo la CEI, "un impegno per il bene comune che non puo' prescindere dalla difesa dei piu' deboli e fragili".
Difesa da chi? esistono nemici dei più deboli(bambini non nati) e più fragili (anziani o malati), visto che ormai "si supera la contrapposizione fra sacralità della vita e qualità della vita"?
Dato che la vita non è più sacra (concezione "limitata, perché religiosa", quindi priva di senso per i non credenti, la CEI e "Scienza e Vita" vogliono "difenderla" in base alla "legge naturale". Sanno gli illustri signori che la legge naturale dice che ogni soppressione di un essere umano, salvo i casi di guerra, di legittima difesa ed eventualmente di legittima condanna a morte, è omicidio?
Notano essi in circolazione qualche traccia della "saggezza di fondo" rispettosa dell'uomo anche lontano dalla Fede?
Hanno idea del FATTO (non della teoria) che l'allontanarsi dalla Chiesa per cercare una "sapienza naturale condivisa" significa distruggere se stessi e gli altri, nel tentativo di edificare un mondo senza Dio (deismo-Rivoluzione-Massoneria-eugenetica-nichilismo)?

Sanno che Dio non è "ipotesi valida per i credenti", ma l'unico Essere che veramente abbia una solidità, dando esistenza e positività a ogni altro essere?