mercoledì 2 novembre 2011

Il Papa: a fine vita abbiamo la percezione che ci sarà un giudizio finale. San Carlo Borromeo fu instancabile maestro (Izzo)

PAPA: A FINE VITA ABBIAMO PERCEZIONE CHE CI SARA' GIUDIZIO FINALE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 nov.

"Quando ci troviamo verso la fine della vita, c’e’ la percezione che ci sara’ un giudizio sulla nostra esistenza, soprattutto su quei punti d’ombra che con abilita’ sappiamo rimuovere durante la nostra esistenza".
Benedetto XVI, ottantaquattrenne in buona salute, lo ha rivelato agli ottomila fedeli presenti nell’Aula Nervi per l’Udienza Generale, sottolineando che "davanti al mistero della morte tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro", perche’ "non possiamo accettare che tutto cio’ che di bello e’ stato realizzato durante l’intera esistenza venga distrutto dalla morte in un solo momento". "Davanti alla morte - ha detto ancora nella catechesi dedicata all’odierna celebrazione dei defunti - proviamo timore, senso di rifiuto", e "proprio la fede nella vita eterna da’ al cristiano il coraggio di amare ancora piu’ intensamente questa nostra terra e di lavorare per costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza".
"Nonostante la morte sia spesso un tema quasi proibito nella nostra societa’, e vi sia il tentativo continuo di levare dalla nostra mente il solo pensiero della morte, essa riguarda ciascuno di noi, riguarda l’uomo di ogni tempo e di ogni spazio", ha continuato il Pontefice affermando che la fede cristiana trasforma pero’ "la strada della morte in una via della speranza".
E cosi’ "percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe e’ compiere un cammino segnato dalla speranza di eternita’".
"Dio - infatti - e’ uscito dalla sua lontananza, si e’ fatto vicino, e ci dice: io sono la Risurrezione e la Vita. Immergendosi nell’abisso della morte l’ha vinta.
Cristo ci sostiene attraverso la notte della morte. Dietro il presente non c’e’ il nulla e questa consapevolezza da’ al cristiano la forza di lavorare per costruire un mondo piu’ giusto".
"Solamente chi puo’ riconoscere una grande speranza nella morte, puo’ anche vivere una vita a partire dalla speranza", ha spiegato il Papa teologo ricordando che "se noi riduciamo l’uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzontale, a cio’ che si puo’ percepire empiricamente, la stessa vita perde il suo senso profondo".
"L’uomo - ha aggiunto - ha bisogno di eternita’ ed ogni altra speranza per lui e’ troppo breve, e’ troppo limitata. L’uomo e’ spiegabile solamente se c’e’ un amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, in una totalita’ che trascenda anche lo spazio e il tempo".
E tutti "sentiamo che l’amore richiama e chiede eternita’ e non e’ possibile accettare che esso venga distrutto dalla morte".
"Oggi - ha osservato ancora il Papa - il mondo e’ diventato molto piu’ razionale, o meglio, si e’ diffusa la tendenza a pensare che ogni realta’ debba essere affrontata con i criteri della scienza sperimentale, e che anche alla grande questione della morte si debba rispondere non tanto con la fede, ma partendo da conoscenze sperimentabili, empiriche", ma "in questo modo si e’ finiti per cadere in forme di spiritismo, nel tentativo di avere un qualche contatto con il mondo al di la’ della morte, quasi immaginando che vi sia una realta’ che, alla fine, e’ una copia di quella presente".
Per Papa Ratzinger, "e’ molto diverso, invece, il significato profondo della pieta’ cristiana per i morti: in questi giorni ci si reca al cimitero per pregare per le persone care che ci hanno lasciato, quasi un andare a visitarle per esprimere loro, ancora una volta, il nostro affetto, per sentirle ancora vicine. Da sempre l’uomo si e’ preoccupato dei suoi morti e ha cercato di dare loro una sorta di seconda vita attraverso l’attenzione, la cura, l’affetto". "In un certo modo si vuole conservare la loro esperienza di vita; e, paradossalmente, come essi hanno vissuto, che cosa hanno amato, che cosa hanno temuto, che cosa hanno sperato e che cosa hanno detestato, noi lo scopriamo proprio dalle tombe, davanti alle quali si affollano ricordi. Esse sono quasi uno specchio del loro mondo".
"Nel recarci ai cimiteri a pregare con affetto e con amore per i nostri defunti - ha quindi concluso Benedetto XVI - siamo invitati, ancora una volta, a rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa grande speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente non c’e’ il nulla".

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PAPA: SAN CARLO BORROMEO FU INSTANCABILE MAESTRO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 nov.

Dopo domani ricorre la memoria liturgica di San Carlo Borromeo, vescovo insigne della diocesi di Milano, che, animato da ardente amore per Cristo, fu instancabile maestro e guida dei fratelli". Lo ha detto il Papa al termine dell'Udienza Generale.
"Il suo esempio - ha auspicato rivolgendosi ai gruppi presenti - aiuti voi, cari giovani, a lasciarvi condurre da Cristo nelle vostre scelte per seguirlo senza timore; incoraggi voi, cari ammalati, ad offrire la vostra sofferenza per i pastori della Chiesa e per la salvezza delle anime; sostenga voi, cari sposi novelli, nel generoso servizio alla vita".
Parlando nella loro lingua ai pellegrini polacchi, Benedetto XVI ha spiegato che "nella commemorazione di tutti i fedeli defunti, ricordiamo in modo particolare coloro che aspettano l'aiuto della nostra preghiera per entrare nella vita eterna".
"Credendo nella comunione dei santi, affidiamoli - ha concluso - alla Divina Misericordia. Che la tristezza e il dolore per la separazione dai nostri cari siano alleviati dalla speranza della Risurrezione e dell'incontro con Dio nel cielo. Sia lodato Gesu' Cristo".

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