PAPA: POPOLI AFRICANI CHIEDONO PACE MA ANCHE GIUSTIZIA E SPERANZA
Salvatore Izzo
(AGI) - Cotonou, 19 nov.
In Africa non mancano alcuni segnali di speranza: "in questi ultimi mesi - ha elencato il Papa nell'impegnativo discorso pronunciato questa mattina nel Palazzo Presidenziale di Cotonou - numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di liberta', il loro bisogno di sicurezza materiale e la loro volonta' di vivere armoniosamente nella diversita' delle etnie e delle religioni. E' anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente".
Ma, ha aggiunto, "numerosi sono stati anche i conflitti generati dall'accecamento dell'uomo, dalla sua volonta' di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignita' delle persone o quella della natura.
La persona umana aspira alla liberta'; vuole vivere degnamente; vuole buone scuole e alimentazione per i bambini, ospedali dignitosi per curare i malati; vuol essere rispettata; rivendica un modo di governare limpido che non confonda l'interesse privato con l'interesse generale; e soprattutto, vuole la pace e la giustizia". Rivolgendosi alle autorita' civili e religiose del Paese e al corpo diplomatico, il Pontefice si e' poi detto "consapevole che le parole non hanno dovunque il medesimo significato. Ma, quella di speranza - ha scandito - varia poco secondo le culture.
Alcuni anni fa, ho dedicato una Lettera enciclica alla speranza cristiana. Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio. Il futuro si radica nel passato e nel presente. Il passato, noi lo conosciamo bene, addolorati per i suoi fallimenti e lieti per le sue realizzazioni positive. Il presente, lo viviamo come possiamo. Al meglio, spero, e con l'aiuto di Dio. E' su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l'aiuto di Dio".
"Avere speranza - ha spiegato il Papa a un'assemblea composita e variopinta di dignitari, ma anche molto attenta e rispettosa - non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore".
Nel suo discorso, il Papa teologo ha voluto utilizzare l'immagine della mano. "La compongono - ha osservato - cinque dita, diverse tra loro.
Ognuna di esse pero' e' essenziale e la loro unita' forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L'odio e' una sconfitta, l'indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un'apertura". "Non e' questo - si e' chiesto - un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. Cosa c'e' di piu' bello di una mano tesa?". "Essa - ha ricordato - e' stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere.
Accanto al cuore e all'intelligenza, la mano puo' diventare, anch'essa, uno strumento di dialogo. Essa puo' fare fiorire la speranza, soprattutto quando l'intelligenza balbetta e il cuore inciampa". "La fede - ha quindi concluso il Pontefice - vive il presente, ma attende i beni futuri. Dio e' nel nostro presente, ma e' anche nel futuro, luogo della speranza. La dilatazione del cuore e' non soltanto la speranza in Dio, ma anche l'apertura alla cura delle realta' corporali e temporali per glorificare Dio. Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. E' questo l'augurio che formulo per l'Africa intera, che mi e' tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama. Dio vi benedica".
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PAPA:NON SI UCCIDE PER LA FEDE MA DIALOGO NON PORTI A SINCRETISMI
Salvatore Izzo
(AGI) - Cotonou, 19 nov.
"Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non e' questo il dialogo che si cerca".
Lo ha affermato Benedetto XVI nell'importante discorso pronunciato questa mattina nel Palazzo Presidenziale di Cotonou, dove accanto ai dignitari del Paese e al corpo diplomatico erano riuniti anche i capi religiosi, ai quali, a poco meno di un mese dal grande raduno da lui convocato ad Assisi, ha ricordato con grande forza che "nessuna religione, nessuna cultura puo' giustificare l'appello o il ricorso all'intolleranza e alla violenza".
E che "utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche cosi' facilmente accomodanti, o le nostre violenze, e' un gravissimo errore". "Non mi sembra necessario - ha esordito il Papa rinnovando la sua condanna delle uccisioni compiute per malintese ragioni religiose - ricordare i recenti conflitti nati in nome di Dio e le morti date in nome di Colui che e' la Vita".
"Ogni persona di buon senso - ha scandito - comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversita' culturali e religiose. E il vero dialogo interreligioso rigetta la verita' umanamente egocentrica, perche' la sola ed unica verita' e' in Dio perche' Dio e' la Verita'".
Invece "l'aggressivita' e' una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili".
A questa ricerca della verita' dovrebbe puntare il dialogo interreligioso, scelta che - ha ricordato - per la Chiesa Cattolica, scaturisce dal Concilio Vaticano II, ma esso certamente deve anche favorire l'amicizia e la comprensione tra culture diverse. Infatti, "le forme del dialogo interreligioso sono molteplici.
La cooperazione nel campo sociale o culturale puo' aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente". "Nonostante gli sforzi compiuti - ha pero' ammesso il Pontefice - talvolta, il dialogo interreligioso non e' facile, o anche e' impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta". Ed e' anche "bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perche' si crede in Dio. Dialogare e' un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo senza abdicare a cio' che si e'".
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