Su segnalazione di Alessia leggiamo:
La missione del Papa in Africa
Filippo Di Giacomo
Prossima tappa, Cotonou, Benin, Africa. Benedetto XVI vi si recherà dal 18 al 20 novembre per consegnare, all’episcopato e alle Chiese continentali, l’esortazione redatta dai trecento vescovi e cardinali che hanno partecipato al secondo sinodo africano svoltosi a Roma nell’ottobre del 2009. Il primo quello del 1994, dedicato al continente africano, come corollario ha avuto due eventi, uno felice e l’altro tragico: la fine del regime razzista e separatista nel Sud Africa e il genocidio del Ruanda. La fine dell’apartheid, ha certo rappresentato un momento significativo dell’efficacia del dialogo ecumenico, ma già dalla metà degli anni Settanta le confessioni cristiane del continente aderivano con generoso impegno ai programmi di lotta pacifica che il Consiglio Ecumenico delle Chiese proponeva per porre l’abbattimento dell’apartheid al centro dell’agenda politica internazionale. La tragedia del Ruanda, invece, è stata vissuta come il fallimento morale di un modello di presenza socio-culturale che, negli anni intercorsi, ha spinto i fedeli del Papa del Continente Nero ad intensificare una riflessione socio-politica condivisa con le forze vive di un Africa che, da oltre tre decenni, tenta la via del riscatto e della liberazione. Da cosa? Da uno dei sistemi imperialisti più subdoli e sanguinari inventati dal sistema politico e finanziario dell’Occidente.
Gli africani, lo chiamano “Francafrica”, tanto per non indurre nessuno in errore nell’individuazione dell’origine e della causa, di buona parte dei loro problemi. Una storia che nasce negli anni Sessanta, quando De Gaulle finge di abbandonare le colonie sub sahariane dopo averle destrutturate in una quindicina di stati indipendenti. E per i quali, immediatamente, inizia una storia fatta solo di crimini e misfatti. E di cadaveri eccellenti: in tutte le ex colonie, i politici nazionalisti vengono sistematicamente eliminati. In Togo, Sylvain Olympo viene assassinato e rimpiazzato da Gnassingbe Eyadéma, il cui figlio continua la “dinastia democratica” a colpi di elezioni da operetta. In Cameroun, dopo una guerra civile da centinaia di migliaia di morti, Ruben Um Nyobe et Felix Moumié, vengono eliminati e il potere va a Amadou Adhidjo: il suo primo ministro Paul Biya è appena stato rieletto per il quarto decennio di potere consecutivo.
Nella Repubblica Centraficana, l’aereo di Barthelemy Boganda subisce un misterioso incidente e il sergente Jean Bedel Bokassa, futuro imperatore-cannibale, prende in mano il destino del suo disgraziato Paese. In Burkina Faso, Thomas Sankara (militare-politico di assoluta onestà e dedizione al bene comune) viene assassinato dal suo vice Blaise Compaoré, che riporta il paese nella piena sudditanza a Parigi. In Africa, Thomas Sankara è considerato un personaggio storico, un eroe africano di primo piano, punto di riferimento come leader integro, determinato, creativo e coraggioso, precursore della lotta per la difesa dell’ambiente e ideatore di un modello di sviluppo compatibile. E’ stato assassinato perché denunciava il debito odioso e i diktat della Francia, ma anche perché seguiva una politica decisa nel suo Paes. Ma anche questo odioso assassinio, è solo un episodio della Francafrica: in Gabon Omar Bongo liquida Léon M’ Ba e, dopo decenni di potere assoluto garantito dai legionari francesi, viene lasciato libero di far ereditare al figlio Alì la “democrazia” che piace a Parigi. Anche la storia politica della Costa d’Avorio è segnata dai francesi al ritmo di una tragica coerenza: dopo Houphouet Boigny (considerato, con il congolese Mobutu, il più fedele, più ricco –ossia più corrotto- alleato della Francia), con un’elezione contestata (questione interna del Paese africano) Laurent Gbagbo (acerrimo oppositore di Houphouet Boigny) viene cacciato dalle forze francesi a vantaggio di Alassane Ouattara (ex primo ministro di Houphouet) il quale, dopo essere stato intronizzato da Sarkozy alla presidenza della Costa d’Avorio, installa “consiglieri” francesi in ogni ministero ivoriano e affida la direzione delle società finanziare e commerciali ad un centinaio di “direttori” giunti appositamente dalla Francia.
Ma torniamo al 1994, anno del genocidio ruandese: nel 1990 Mitterand decide di difendere il regime al potere perché francofono contro i ribelli perché “anglofoni” (solo per essersi addestrati in Uganda) e nel luglio 1994 durante i massacri, i soldati francesi sono al fianco del regime genocidiario. Quando nel marzo del 2009, appena atterrato in Camerun, Benedetto XVI ha reclamato il diritto alla salute per tutti gli africani, sarà stato un caso che la falsa “querelle” sul preservativo sia stata lanciata in Francia ed amplificata dai valloni belgi?
© Copyright L'Unità, 2 novembre 2011 consultabile online anche qui.
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