L'abbraccio del Papa ai bambini del Benin
Il Papa questo pomeriggio si recherà in visita al Foyer “Pace e Gioia” delle Missionarie della Carità a Cotonou, dove verrà accolto da un folto gruppo di bambini: bambini abbandonati o malati assistiti dalle religiose. Di qui si trasferirà nella Parrocchia di Santa Rita per un incontro con i bambini beninesi. Ma qual è la condizione dei piccoli nel Paese. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al padre cappuccino Egidio Picucci, direttore della rivista missionaria “Continenti” da poco rientrato dal Benin:
R. – La situazione è tragica per i bambini in Benin. Forse in molti ricorderanno che qualche tempo fa, circa due anni fa, è stata fermata una nave che da Cotonou andava verso altri Paesi. Era piena di bambini beninesi, diretti alle piantagioni di cacao o di canna da zucchero. Erano stati venduti. Poi è il caso di quei bambini che alla nascita sono accusati di stregoneria, nel senso che avendo un difetto fisico - per una dentatura irregolare o altro - sono ritenuti bambini che portano sventure sia nella famiglia sia nel villaggio e quindi vengono uccisi.
D. – In prima linea in questi casi c’è proprio la Chiesa...
R. – Naturalmente la Chiesa e una cooperazione tra gli istituti francescani: cappuccini, frati francescani e le Figlie di Padre Pio, c’è un istituto nuovo, fondato da mons. Gagnon, ex vicario apostolico di Cotonou, vicario apostolico del famoso arcivescovo de Souza, che si è interessato molto alla pacificazione del Paese. Quando sanno, soprattutto le suore, che in una famiglia è nato un bambino “a rischio”, corrono subito per portarlo via e accoglierlo in una casa che il vescovo di N'Dali, nel Nord del Paese, ha costruito proprio per ospitare questi piccoli, accusati di stregoneria. Devono stare attenti, però, a non far sapere che si trovano lì, perché andrebbero a prenderli e li eliminerebbero.
D. – Questa situazione è stata fatta presente a livello internazionale...
R. – Sì, alle Nazioni Unite. Un frate cappuccino e una suora Figlia di Padre Pio sono andati all’Onu, a Ginevra, per parlare di questa situazione, con grande meraviglia di coloro che partecipavano. “Interverremo” hanno detto, ma nessuno è intervenuto. E la sorte di questi bambini è continuamente a rischio. Noi sappiamo che ogni visita del Papa in un Paese lascia una traccia profonda. Appoggiandosi alla sua autorità, mi auguro che questo intervento possa avvenire. E’ stato ottenuto in altre parti dell’Africa, perché non lo si può ottenere qui?(ap)
Impegnata in prima linea nel salvare la vita dei bambini è suor Lina Ravanelli, delle Figlie di San Camillo, da 42 anni missionaria in Africa di cui 32 in Benin. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti l’ha raggiunta telefonicamente a Zinviè, circa 40 km da Cotonou, dove ha fondato uno dei primi centri per sconfiggere le malattie infantili:
R. – I bambini soffrono, sembra che non ci sia sostegno per loro da pare delle famiglie, soprattutto nei villaggi: poche sono le attenzioni dei parenti verso i figli. Noi cerchiamo di curare i bambini e di sollecitare i genitori ad amarli, perché il bambino senza i genitori soffre.
D. – Il vostro centro sostiene i piccoli, li aiutate sul fronte alimentare, perché tanta è la malnutrizione...
R. – Ne abbiamo curati migliaia e migliaia gratuitamente, senza distinzione di religione. Facciamo tutto quello che è possibile. Abbiamo 150 bambini adottati da italiani e ciò permette loro di frequentare la scuola.
D. – Quanto costa aiutare un piccolo dalla ricca Europa verso l’Africa?
R. – Quindici euro permettono una cura di tre mesi per questi bambini malnutriti. Il Signore, comunque, finora ha pensato sempre a noi e la Provvidenza del cuore buono degli italiani non ci è mai mancata. Poi, però, la nostra angoscia è che i genitori non li portino ai controlli. Noi diamo dei farmaci, del cibo delle date, ma loro non vengono.
D. – Se li convincete che i bambini devono essere curati, poi perché non tornano al dispensario?
R. – Perché dicono che si tratta del “sourcier”, dello stregone. Quando gli diciamo di venire nel centro per recuperare il bambino, loro rispondono: “No, non è malattia del dispensario, è lo stregone che ci ha dato la malattia”. Morire così, per la fame, è terribile. Io chiederei alle mamme di amare i loro figli, che sono un dono di Dio e se li hanno messi al mondo devono curarli e non pensare che ci siano le streghe o gli stregoni!
D. – Però i vostri centri sono pieni. In fondo vengono, anche se in situazioni di criticità...
R. – Vengono, e quando si sgonfiano - perché vengono gonfi dalla fame – dopo quindici giorni vorrebbero andar via, ma non hanno risolto tutto e dovrebbero stare qui per recuperare. Il bambino ha uno squilibrio totale e se non viene curato rischia la morte. Vorrei veramente che il Papa portasse un rinnovamento spirituale, un aumento di fede, che penetri e cambi un poco i cuori di tutti; che questa visita scenda veramente nel profondo del cuore dei nostri politici e di ciascuno di noi: cattolici, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, e di tutti i fedeli del Benin. (ap)
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