A colloquio con l'arcivescovo Claudio Maria Celli sui nuovi sentieri della comunicazione
L'evangelizzazione del continente digitale
di Mario Ponzi
La nuova evangelizzazione passa anche per il ciberspazio, un continente digitale senza confini, abitato ormai da più di due miliardi di persone. La Chiesa già da tempo ha intrapreso le nuove vie digitali per andare incontro a questa parte considerevole di umanità. Ne parla l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in questa intervista al nostro giornale, nella quale riflette sui lavori del secondo congresso internazionale della Rete informatica della Chiesa in America Latina (Riial), svoltosi di recente a Santiago del Cile, al quale ha partecipato rilanciando tra l'altro l'idea di un'innovativa teologia della comunicazione.
Al Congresso su Chiesa e cultura digitale svolto nella capitale cilena lei ha posto in particolare l'accento sul ruolo della comunicazione nella nuova evangelizzazione, sottolineando il rapporto missione-comunicazione. Ci vuole specificare meglio come si può sviluppare questo rapporto?
La Chiesa, soprattutto a partire del concilio Vaticano II, si è vista interpellata dai profondi cambiamenti culturali provocati dall'accelerazione comunicativa. I Pontefici -- in particolare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI -- hanno incoraggiato i fedeli ad avere un ruolo attivo nel campo della comunicazione, ponendo il Vangelo come centro del messaggio da diffondere e far conoscere nella realtà tutta nuova del villaggio globale. Sotto questa luce, la Chiesa sta rileggendo i diversi aspetti della propria natura e missione, che tuttavia ripropongono, in primo piano, la verità fondamentale della dinamica comunicativa di Dio: con sempre nuovo stupore scopriamo che l'essenza di ogni atto comunicativo della Chiesa non può che rivolgersi alla sua stessa natura, quella di una comunità fondata da un Dio fatto uomo e dalla sua Parola. A Santo Domingo, nel 1992, i Vescovi latinoamericani avevano affermato che la Chiesa comunica-per-la-comunione; questa è stata, da quel momento, una guida forte nell'agire quotidiano delle comunità. La comunicazione è veramente nel dna della Chiesa, ed essa non può certo ignorare nessuna fase o nessun traguardo della comunicazione, tanto meno la «cultura digitale» originata dai nuovi media. La comunità dei credenti deve anche ravvivare la comunicazione al suo interno, e illuminare la cultura digitale alla luce del Vangelo, agendo come fermento nella massa. Ecco, in poche parole, il perché del Congresso di Santiago del Cile. La Chiesa in America Latina, impegnata nella Missione continentale lanciata dai Vescovi ad Aparecida. Anche per questo l'esperienza che abbiamo vissuto a Santiago in Cile è stata un momento di autentico incontro ecclesiale.
Lei ha parlato anche di teologia della comunicazione.
Sì, da tempo il Pontificio Consiglio incoraggia una riflessione che porti avanti questo aspetto della teologia. Si tratta di una chiara esigenza del nostro tempo, segnato dal comunicare. L'obiettivo è approfondire la conoscenza di Dio dal punto di vista della comunicazione. È stato monsignor Agustín Roberto Radrizzani, arcivescovo di Mercedes-Luján e presidente della Commissione della comunicazione nella Conferenza episcopale argentina, ad affermare che «la trasformazione epocale che viviamo, con le sue virtù e le sue tentazioni, può scoprirsi ancorata in una nuova scoperta di Dio, del mondo e della realtà profondamente legati tra loro, intrecciati in una dinamica comunicativa che si realizza nella donazione di sé, e si risolve in un intimo essere-e-vivere-in-relazione verso la comunione». Mi piace sottolineare il fatto che, non potendo raggiungere Santiago a causa delle ceneri del vulcano che ostacolavano i voli da Buenos Aires, monsignor Radrizzani ha partecipato attivamente al Congresso seppure in videoconferenza. Il nostro dicastero, che ha instaurato contatti a larga scala con teologi e istituzioni di Chiesa impegnati ad approfondire il tema della teologia della comunicazione, aprirà presto un apposito forum nel sito.
Affascinante sembra l'idea del nuovo continente digitale, senza confini. Come identificarlo?
È stato Benedetto XVI a far riferimento a questo nuovo continente nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni nel 2009, come una sfida per l'evangelizzazione. Gli abitanti di questo «continente» sono ormai più di due miliardi nel mondo, soprattutto attraverso i telefonini. Si tratta di una forma nuova di realtà, anche se non è percepibile a occhio nudo, perché vi partecipano persone concrete. Un segno lo troviamo nei giovani, talvolta concentrati sui loro cellulari, computer ed iPod. Forse la metà più giovane dei nostri fedeli abita quel territorio, e chissà se il nostro linguaggio, pensato per altri, riesca ad essere significativo per loro. La società digitale è composta da milioni di persone che non andranno in Chiesa la domenica e forse mai. Come si sentiranno interpellati dall'Amore di Dio se nessuno si fa loro prossimo nel nome di Cristo? Il ciberspazio va considerato, sempre più, come una grande opportunità di evangelizzazione.
Quale potrebbe essere il ruolo della Chiesa in questo nuovo continente?
A dire il vero, la Chiesa ha già aperto la strada. Ha di fatto un ruolo che progressivamente sta trovando nuove articolazioni per guadagnare peso specifico nell'insieme del ciberspazio. Le diverse forme di presenza vanno dai siti web alle newsletter, dai videogiochi alla musica sacra, dal sostegno on line per la preghiera e la lectio divina, alle applicazioni per gli smartphone. La sfida è quella di avere una presenza più coesa, anche nella diversità dei componenti, come corpo vivo nella società-rete. La necessità è quella di articolarci molto di più tra noi. Perciò la Riial, che è l'ultima arrivata nel mondo della comunicazione cattolica, aiuta ad avere una visione di rete per non trascurare nessuno e per attivare i vincoli di collaborazione fra tutti. L'immagine della rete è molto forte e opportuna per il mondo di oggi. Tutti sono invitati a questo tavolo di condivisione in cui il vestito di festa è la disponibilità a offrire ciò che si possiede, e accettare umilmente ciò che si può ricevere dagli altri. Credo che la Chiesa abbia ricevuto dal Signore una indicazione precisa per la sua presenza nel mondo: essere sale, luce, lievito. Modesta ma incisiva allo stesso tempo, come colei che accompagna, ascolta ed annuncia nei linguaggi propri dell'interlocutore.
(©L'Osservatore Romano 16 novembre 2011)
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