Operatori e volontari alla messa del cardinale Bagnasco a San Pietro
Sempre pronti a generare fiducia
La Caritas si impegna a realizzare in Italia una profezia: quella di essere un segno credibile nel Paese, come un cuore-che-vede.
Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, nel saluto rivolto a Benedetto xvi, durante l'udienza con i partecipanti all'incontro promosso dall'organismo caritativo nel 40° anniversario di fondazione.
L'incontro si è svolto nella basilica di San Pietro, giovedì mattina 24 novembre. Il porporato ha ricordato che fu Paolo vi a istituire la Caritas «in seno alla Cei per rispondere in maniera più adeguata alle accresciute esigenze della carità». Poi, ha ringraziato Benedetto xvi per la sua presenza in mezzo ai delegati e agli animatori della Caritas. «La gratitudine si moltiplica -- ha detto -- per il dono della sua parola che sin dall'inizio del suo infaticabile ministero petrino ha fatto della carità la porta d'accesso dell'esperienza cristiana».
Una riflessione poi sulla natura dell'essere cristiano, alla cui base «non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Per questo, ha sottolineato il porporato, «vivere l'amore fraterno fa entrare la luce di Dio nel mondo ed è la missione della Chiesa. Ciò spinge a vivere con crescente responsabilità questo anniversario coniugando insieme fedeltà e profezia».
La fedeltà -- ha spiegato in proposito -- deve «preservare lo specifico della carità cristiana perché non venga a dissolversi in altro diverso da sé», oppure si dissolva nell'organizzazione assistenziale, diventadone una semplice variante, come Benedetto xvi ha sottolineato nella Deus caritas est. «Ciò suggerisce -- ha detto il presidente dei vescovi italiani -- di riconsiderare sempre quel che si fa alla luce del criterio della concretezza che sa riconoscere i bisogni ed intervenire, così come spinge a evitare qualsiasi forma di dipendenza ideologica o culturale perché qui è in gioco il precetto dell'amore, che è esclusivamente volto ad un fine e mai interpretabile come un mezzo». L'amore infatti «non può avere altri scopi all'infuori di sé».
Prima dell'arrivo del Papa, il cardinale Bagnasco aveva presieduto la messa all'altare della Confessione. «Nel nostro Paese -- aveva detto nell'omelia -- laddove ci si trova di fronte e fenomeni naturali imperiosi, come terremoti o alluvioni, o si debbano fronteggiare fenomeni sociali improvvisi, si pensi all'immigrazione, la Caritas è sempre pronta a rigenerare fiducia e ancor prima ad offrire una prossimità mai scontata, in grado di restituire dignità e fiducia». È proprio questa capacità di lettura, «unita alla tempestività nell'intervento, che fanno della Caritas un riferimento significativo non solo nelle emergenze, ma anche nel quotidiano».
Da qui la necessità che con l'impegno di tutti, «questa sensibilità si consolidi e sappia interpretare, e nel caso ravvivare, quel mondo del volontariato che continua a essere una presenza generosa e promettente, purché non smarrisca il suo riferimento originario alla gratuità dell'amore che si fa dono guardando a Gesù». Insieme con il cardinale Bagnasco hanno concelebrato una ventina di presuli, tra i quali Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana e della commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana, e numerosi sacerdoti. Erano presenti, tra gli altri, i direttori e gli operatori delle 220 Caritas diocesane. Al termine della messa sono state lette alcune esperienze degli operatori: dalla testimonianza di quanti sono impegnati con gli immigrati nell'isola di Lampedusa, al servizio reso agli emarginati, ai carcerati, ai disoccupati, fino ai centri di ascolto e agli interventi umanitari fuori dall'Italia.
(©L'Osservatore Romano 25 novembre 2011)
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