Presentato volume sul Benin e la Santa Sede. Mons. Bertello: la visita del Papa darà nuovo impulso alla Chiesa e al Paese
Uno strumento per conoscere il Benin e comprendere l’importanza della prossima visita di Benedetto XVI nel Paese africano: è questa la finalità del volume, “Il Benin e la Santa Sede”, edito in francese dalla Lev, a cura dell’ambasciata del Benin presso la Santa Sede. Il volume è stato presentato, in questi giorni, nella Sala Marconi della nostra emittente. All’evento, è intervenuto anche mons. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato del Vaticano che, negli anni ’80, è stato nunzio in Benin. Intervistato da Massimiliano Menichetti, mons. Bertello ricorda gli anni di servizio in Benin, in una fase di transizione particolarmente significativa:
R. - Ho avuto veramente il privilegio di vivere un momento storico della vita del Benin, quello della "Conferenza nazionale", nella quale si erano riunite tutte le sensibilità politiche e culturali del Paese per cercare di uscire da una situazione di pre-guerra civile. Ricordo che quando, in quel periodo, arrivavo a Cotonou non bisognava mai abbassare il finestrino della macchina per paura che qualcuno potesse buttare della benzina sul volto: questo soltanto per fare un esempio della situazione che si viveva… E questo perché il Benin aveva avuto un periodo di dittatura marxista-leninista, che aveva non soltanto calpestato i diritti dell’uomo, ma che aveva anche portato il Paese veramente alla fame. Il presidente Kerekou, si rese conto che se non avesse aperto ad una nuova politica, se non avesse accettato una nuova politica sui diritti dell’uomo non avrebbe più avuto aiuti internazionali. Ci fu poi il famoso discorso di Mitterrand a La Baule sulla democrazia in Africa. La "Conferenza nazionale" era in sé il modo per consacrare questo cambio di politica che il Benin portava avanti dal 1972.
D. - Oggi quel volto lì non esiste più, tanto che il Benin vive una condizione interna di dialogo tra le religioni; è un Paese considerato pacificatore e quindi in dialogo anche con i Paesi vicini…
R. - La Chiesa in Benin questo discorso di approccio al dialogo religioso l’ha sempre avuto: ricordo ancora che la lettera pastorale, all'epoca, è stato un documento accolto con molta simpatia proprio dai non cristiani per primi. Fu proprio per questo che hanno voluto che mons.
de Souza
fosse il presidente della Conferenza internazionale. Questa lettera aveva veramente preparato il terreno a un discorso di riconciliazione in quel clima che viveva il Paese ed era riuscita anche a dare un po’ di fiducia per cominciare un cammino nuovo.
D. - Mons. de Souza e il cardinale Gantin: due pietre miliari per quanto riguarda il Benin…
R. - Potrei dire che, in un certo senso, erano padre e figlio: il cardinal Gantin aveva veramente uno sguardo di predilezione per questo sacerdote che aveva ricevuto dal punto di vista intellettuale dal Signore delle doti straordinarie; che aveva uno zelo sacerdotale veramente missionario ed aveva anche un carattere straordinario di bontà e di generosità. Io dico sempre che le sere più belle che ho passato nei miei anni in Africa - sono stati più di dieci - sono le sere che ho trascorso a Cotonou, proprio perché c’erano queste due figure….
D. - Lei ha ribadito anche la centralità del Seminario di Ouidah, il primo seminario in Benin e in Africa occidentale e che ha dato anche l’avvio a una nuova evangelizzazione dell’Africa occidentale ed ha sottolineato in modo molto particolare il fatto che il Papa farà visita al Seminario: mi può dire perché?
R. - Il Papa fa visita al seminario perché lì è sepolto il cardinale Gantin. Io credo che questa sia anche un’attenzione per le giovani leve sacerdotali, che si stanno formando lì. Ancora oggi il Benin riceve alcuni seminaristi anche da altri Paesi, come il Togo.
D. - Quanto è importante questa visita e cosa lascerà, secondo lei?
R. - Io sono convinto che il primo viaggio del Papa in Benin, nel 1982, del Beato Giovanni Paolo II è stato quello che ha cominciato a far scricchiolare la diffidenza e anche l’opposizione che c’era contro la Chiesa cattolica: la Chiesa è stata perseguitata e sono stati nazionalizzati tutti i suoi beni, tutte le opere della Chiesa in quel momento. Il secondo viaggio, nel 1992, fu la testimonianza di quello che il Benin aveva vissuto con la Conferenza episcopale. Auguro ora che questo terzo viaggio del Papa sia occasione per il Benin per riprendere coscienza della vivacità della sua fede e del dono della pace che il Signore ha fatto a questo Paese, ma permetta anche di sentire forte lo zelo missionario e andare ad annunciare il Vangelo anche ad altri. (mg)
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