Edificata ad Agoué la prima chiesa cattolica del Benin
Una piccola croce la radice della fede
di Egidio Picucci
Agoué è poco più di un villaggio sulla costa occidentale del Benin, a pochi chilometri dai confini con il Togo. Ha una sua particolare importanza come luogo turistico, ma ancor più per il fatto che nel suo territorio venne costruita la prima chiesa cattolica della nazione (1835). Inoltre, sempre ad Agoué, è stata costituita la prima Prefettura Apostolica (26 giugno 1883) e fu celebrato il primo sinodo che promulgò le norme ecclesiastiche (1898) per la nascente comunità. Al villaggio si giunge con una bella strada che da Ouidah attraversa campi resi livellati dalle mani pazienti dei contadini e lagune ricche di pesci, che vengono venduti da donne e bambini. Si è così tanto parlato di Agoué durante l'anno giubilare indetto per il 150° anniversario dell'evangelizzazione del Benin che non si può fare a meno di andarlo a visitare, convinti di trovare le radici di un cristianesimo che, seppur mischiato ai riti tribali e a quelli di una settantina di sètte, offre belle espressioni di fede tipicamente africana.
La prima visita da fare è al cimitero, a due passi dalla chiesa parrocchiale, perché le vere radici sono lì, nelle ventitré tombe dei giovanissimi missionari morti tra il 1874 e il 1908 di febbre gialla o di malaria. Vi sono sepolte quattordici suore (delle quali una appena venticinquenne), sette sacerdoti e due fratelli, posti davanti all'eternità come soldati pronti a difendere la fede, che hanno testimoniato in mezzo a comunità religiose che predicano un Dio diverso da quello per cui essi hanno dato la vita.
C'è anche la tomba dei catechisti, stranamente anonima. Due anni fa è venuto qui in pellegrinaggio tutto l'episcopato del Benin (quattro vescovi sono originari di Agoué), accompagnato da un gruppo di sacerdoti e da migliaia di fedeli che hanno potuto vedere la testimonianza delle proprie radici. Inclusa vi è anche la prima cappella, costruita da un gruppo di brasiliani discendenti degli schiavi che dal regno di Dahomey (l'antico nome del Benin) furono portati nelle piantagioni della canna da zucchero dello Stato di Bahia e che rientrarono in una terra che conoscevano solo per averne sentito parlare dai loro antenati. L'iniziativa della costruzione fu presa da un certo Joaquim D'Almeida, detto Azata, il quale aveva portato da Bahia alcuni arredi liturgici, proprio nella previsione di costruire una cappella per la sua gente, ormai tutta cristiana. Per avere un sacerdote si rivolgeva ai missionari di Ouidah. Quindi i primi cattolici a metter piede in terra beninese e a costruire un luogo di culto sono stati i laici.
I primi missionari che visitarono Agoué furono gli angolani padre Giuliano Pirès dos Santos, padre Faustino Diaz de Andrade e Padre Claudio Lancastre (1846), cui si aggiunse poco dopo un certo padre Friz de Sa, del quale non si hanno molte notizie. I sacerdoti vi compivano visite sporadiche, amministrando battesimi, senza però riuscire a fermare il commercio degli schiavi, passato dalle mani dei re locali, anche a quelle degli stessi brasiliani tornati nel Benin. La vera evangelizzazione del Paese, tuttavia, iniziò nel 1861 con i Padri della Società delle Missioni Africane, in particolare il padre Francesco Saverio Borghero, genovese. Padre Borghero scrisse di aver trovato ad Agoué una cappella in cui non mancava nulla. «Era chiusa dentro un immenso recinto -- scrisse -- appartenente ad alcuni schiavi tornati dal Brasile. Battezzai una trentina di bambini che non sapevano nessuna preghiera e ignoravano completamente il catechismo».
Il confratello padre Thollon, che visitò Agoué nel 1872, scrisse che, passando per le strade, era attorniato da decine di ragazzi che chiedevano di essere benedetti. Portò qualcuno di essi con sé a Ouidah per la scuola, al fine di impegnarli un giorno nell'insegnamento. Tra essi c'era anche il nipote del re.
Una volta promossa a Prefettura (26 giugno 1883), Agoué divenne un centro importante che volle sottrarsi al dominio dei re locali, preferendo passare sotto il dominio francese. I missionari aprirono case a Tokpli, a Zagnanado, ad Abomey-Calavi e a Kéta, nel Ghana attuale. I religiosi aprirono scuole anche per le ragazze, affidate alle suore di Notre Dame des Apôtres, tredici delle quali morirono giovanissime. Tuttavia la loro opera educatrice fu estremamente efficace, visto che dalla scuola uscirono ragazze che formarono famiglie cristianamente impegnate.
La decadenza di Agoué iniziò quando la Francia cedette alla Germania la parte destra del fiume Mono, riducendosi a un piccolo villaggio povero in cui vivono quasi esclusivamente donne e bambini. Gli uomini emigrano, invece, nelle nazioni confinanti, dov'è più facile trovare lavoro. Gli abitanti sono oggi circa 6.000, divisi tra cattolici e seguaci della religione tribale. Dai primi sono venuti sei sacerdoti e quattro vescovi. La vecchia cappella ovviamente non esiste più: al suo posto si può ammirare ora una croce, che tuttavia è stata relegata in un angolo del campo sportivo, senza un recinto che la ripari e una scritta che ne spieghi la presenza. Eppure per il Benin, Agoué è come una piccola Gerusalemme e sarebbe bello se in futuro si potesse provvedere a una migliore sistemazione di questo luogo, nel rispetto delle proprie radici.
(©L'Osservatore Romano 17 novembre 2011)
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