martedì 21 dicembre 2010

Discorso del Papa alla curia, Bassetti e Renna: necessario insegnare l’identità del prete, più che il ruolo (Gambassi)

Bassetti e Renna: necessario insegnare l’identità del prete, più che il ruolo

DI GIACOMO GAMBASSI

Ripartire dalla forma­zione della coscienza. Soprattutto nei Semi­nari. «Di fronte alle fragilità di oggi occorre avere una co­scienza retta perché la co­scienza non inganna», spiega l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Basset­ti. Da dieci anni delegato del Papa per i Seminari d’Italia, ne ha visitati decine nella Pe­nisola.
E la domanda che ie­ri, durante l’udienza alla Cu­ria romana, Benedetto XVI ha posto riferendosi agli abusi commessi da sacerdoti sui minori («Dobbiamo chieder­ci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nel nostro modo di configurare l’essere cristiano»), interroga il pre­sule.
«Se dovessi dare una pri­ma definizione di presbitero – afferma Bassetti – direi che è un uomo vero e appassio­nato della vita. Nella chiama­ta degli Apostoli il primo trat­to che Gesù ha valorizzato è stato l’umano.
Oggi purtrop­po diversi seminaristi sono ancora giovani con poca e­sperienza di vita che passano dal grembo familiare a quel­lo del Seminario. Del resto vi­viamo in un clima sociale di forte riduzione dell’umano». Come a dire: la cultura con­temporanea non aiuta. «È si­gnificativo il riferimento che il Pontefice ha fatto ieri a una mentalità che può aver favo­rito la pedofilia – sottolinea il rettore del Pontificio Semina­rio regionale pugliese 'Pio XI' di Molfetta, monsignor Luigi Renna –. Nel clima culturale degli anni Settanta si è quasi giustificata una morale go­vernata dal calcolo delle con­seguenze. Questo ha portato all’assunto che è bene lasciar correre su molteplici com­portamenti personali, senza recuperare ad esempio il nu­cleo di una verità sulla ses­sualità ». Non è un caso che il Papa abbia esortato a «rico­noscere negli ambiti decisivi dell’esistenza» la verità, ri­cordando la beatificazione del cardinale John Henry Newman.
«Ecco perché c’è bisogno di guardare all’identità del pre­te più che al suo ruolo», so­stiene monsignor Renna. Al­trimenti si corrono non pochi rischi. «Può essere facile per il candidato al sacerdozio – chiarisce Bassetti – fuggire dal reale per rifugiarsi nello spiri­tualismo e nel formalismo o cercare alternative e com­pensazioni che rendano sop­portabile la vita. Oppure può esserci il pericolo dell’omolo­gazione, cioè della confor­mazione al clima odierno che vorrebbe tutti assistenti so­ciali, operatori culturali o psi­cologi. Di fatto ho constatato che lo stile con cui si vive la vocazione deriva spesso dal­le decisioni con cui viviamo il nostro essere uomini. Co­munque, solo dentro una vi­brazione umana autentica, possiamo conoscere Cristo e lasciarci affascinare da lui».
Da qui la sfida. «Per affronta­re il pensiero dominante – precisa il rettore del Semina­rio pugliese – vanno tenute insieme la formazione uma­na, quella spirituale e quella teologica. Se la formazione sarà completa, la persona po­trà camminare nella verità». Ed ecco la coscienza. «Ciò che è venuto meno in alcuni pre­sbiteri e nella formazione dei futuri sacerdoti – afferma monsignor Renna – è stato u­na coscienza che si lascia il­luminare dal Vangelo, dalla grazia e dal progetto di Dio».
E Bassetti torna a indicare i tratti del prete. «Solo se si è davvero innamorati del Si­gnore nello stesso modo con cui Cristo ama la Chiesa, si potranno accettare e vivere alcune condizioni specifiche del ministero come il celiba­to, il sacrificio e l’obbedien­za. Ma aggiungo anche che il sacerdote deve sentirsi profondamente amato da Gesù e averne sperimentato la misericordia per non ri­durre la sua vocazione e la sua missione a ufficio o mestiere. È a questo amore che è chia­mato a educare il Seminario se si vuole evitare l’insorgere e il manifestarsi di situazioni ambigue».

© Copyright Avvenire, 21 dicembre 2010

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