domenica 19 dicembre 2010

Il Papa ed i malati, un ponte di compassione (Matino)

IL PAPA E I MALATI, UN PONTE DI COMPASSIONE

Il Vangelo scritto sulla carne di ciascuno

GENNARO MATINO

Ogni anno l’11 febbraio, nella memoria della Beata Vergine Immacolata di Lourdes, la Chiesa propone la Giornata mondiale dell’ammalato e, memore del comando del Maestro di Galilea, fa sua l’avventura di riconoscere il suo volto nelle piaghe sofferenti di ogni uomo perché «se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione».
In vista della Giornata 2011, Benedetto XVI lo ribadisce nel suo messaggio al mondo credente e agli uomini di buona volontà, cittadini ed istituzioni – reso noto ieri, col necessario anticipo –, ricordando a tutti che è dell’uomo essere capace di compassione, un’attitudine che lega insieme i diversi per fede e cultura e rilancia a ogni latitudine il bisogno di cura come estrema espressione della giustizia. «Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana» (enciclica Spe salvi, 38)».
Sguardo, quello del Papa, che copre di tenerezza chi dal male è stato visitato. Se è vero che il sofferente deve potersi confrontare con la sua fede per trovare in sé la forza di una compagnia che gli viene dall’Alto, riconoscendo che Dio alla «prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo amore», è anche vero che tutti devono avere lo sguardo puntato sulla croce e imparare a vedere nella croce la consolazione a ogni sofferenza: «In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la
con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (Spe salvi , 39)». La croce, le piaghe dolorose del Maestro sono la cura definitiva di ogni sofferenza, e se nel frattempo il pungolo del dolore non abbandona la carne malata dell’uomo provato, la sua speranza di salvezza non sarà delusa perché «dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24), dalla Croce di Gesù di Nazareth. «La Croce è il 'sì' di Dio all’uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna».
Il messaggio di Papa Benedetto apre frontiere di nuova responsabilità per chi avverte già da tempo come ineludibile il rapporto tra cura e giustizia, appello rivolto alle diocesi del mondo, agli operatori pastorali del settore, per far sì che il Vangelo sia annunciato agli ammalati e che gli ammalati possano essere inseriti a pieno titolo nella comunità credente come Vangelo scritto sulla propria carne. Appello che preziosamente, e in modo del tutto particolare, il Papa rivolge ai giovani colorando il loro prossimo impegno di Madrid, per la Giornata mondiale della gioventù, in agosto, con una provocazione stimolante: guardare negli occhi il Maestro e imparare da Lui a essere compagni dell’ammalato; riconoscere Cristo nel sofferente e fare amicizia con il dolore, senza mai fuggirlo per paura di dirsi il vero. «Sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto» chiede Benedetto ai giovani, perché solo così la festa della vita diventa un banchetto di pace. Appello del Pontefice che segna la rotta decisiva verso la verità per chi nella società ha responsabilità di governo e di amministrazione e dovrà coniugare le risorse a disposizione di un’economia in crisi con l’urgenza del diritto alla salute, che non va mai negato: «Invito anche le autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi».
Questo il messaggio di Papa Benedetto. Agli uomini di giustizia e pace il compito di costruire ponti di compassione.

© Copyright Avvenire, 19 dicembre 2010

Nessun commento: