lunedì 20 dicembre 2010

Il Papa: “L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti” (Sir)

BENEDETTO XVI: ALLA CURIA ROMANA, “CIO’ CHE VIENE FATTO CONTRO L’UOMO FERISCE TUTTI”

“L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti”. E’ uno dei messaggi centrali del discorso rivolto oggi dal Papa alla Curia romana, in cui a partire dall’esperienza del Sinodo sul Medio Oriente Benedetto XVI ha rivolto un appello “a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristiano fobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”. “Il risanamento – è la tesi di fondo del Santo Padre – può venire soltanto da una fede profonda nell’amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest’ora”. Citando poi il discorso alla Wenstminster Hall, pronunciato durante il viaggio nel Regno Unito, il Papa ha parlato della “responsabilità comune in questo momento storico”, che consiste nel riscoprire “un consenso morale di base”. “Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale – ha affermato – le costituzioni e il diritto possono funzionare”, e questo “consenso di fondo” proviene “dal patrimonio cristiano”.
“Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano – ha spiegato Benedetto XVI - è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica”, che ”è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale”. “Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà”, le parole del Pontefice, che subito dopo ha aggiunto: “è in gioco il futuro del mondo”. L’anno sacerdotale e lo scandalo della pedofilia; il Sinodo per il Medio Oriente; il viaggio nel Regno Unito; la beatificazione del card. Newman. Questi i principali eventi citati dal Papa nel discorso con cui tradizionalmente traccia un “bilancio” dell’anno appena trascorso. E proprio il tema del “consenso morale” è stato affrontato all’inizio del discorso, tramite un’analogia col periodo del tramonto dell’Impero Romano, epoca in cui sono “probabilmente” state formulate le parole che “la liturgia della Chiesa prega ripetutamente nei giorni dell’Avvento. Oggi come allora, l’analisi del Papa, “il mondo è angustiato dall’impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano”.
“L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti”. E’ uno dei messaggi centrali del discorso rivolto oggi dal Papa alla Curia romana, in cui a partire dall’esperienza del Sinodo sul Medio Oriente Benedetto XVI ha rivolto un appello “a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristiano fobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”. “Il risanamento – è la tesi di fondo del Santo Padre – può venire soltanto da una fede profonda nell’amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest’ora”. Citando poi il discorso alla Wenstminster Hall, pronunciato durante il viaggio nel Regno Unito, il Papa ha parlato della “responsabilità comune in questo momento storico”, che consiste nel riscoprire “un consenso morale di base”. “Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale – ha affermato – le costituzioni e il diritto possono funzionare”, e questo “consenso di fondo” proviene “dal patrimonio cristiano”.
In Medio Oriente, l’affermazione del Pontefice, “nella situazione attuale i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata”, mentre “per secoli sono vissuti pacificamente insieme con i loro vicini ebrei e musulmani”. “Negli sconvolgimenti degli ultimi anni – ha spiegato Benedetto XVI – è stata scossa la storia di condivisione, le tensioni e le divisioni sono cresciute, così che sempre di nuovo con spavento siamo testimoni di atti di violenza nei quali non si rispetta più ciò che per l’altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell’umanità”. Menzionando il recente Sinodo sul Medio Oriente, il Papa ha ricordato le “parole sagge” del Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano contro gli atti di violenza nei confronti dei cristiani: “con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi”. “Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli”, ha ammonito il Santo Padre, secondo il quale “l’ostacolo è il collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico”. “Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza”, invece, il Sinodo “ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell’accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo”, ha assicurato Benedetto XVI.
La coscienza è “capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto”. Parola di John Henry Newman, il cui pensiero è stato citato dal Papa per contestare la versione corrente del termine “coscienza”, così come viene interpretato dalla società attuale. “Nel pensiero moderno – ha spiegato Benedetto XVI - la parola ‘coscienza’ significa che in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, l’individuo, costituisce l’ultima istanza della decisione. Il mondo viene diviso negli ambiti dell’oggettivo e del soggettivo. La religione e la morale sono considerate come ambito del soggettivo. Qui non esisterebbero, in ultima analisi, dei criteri oggettivi. L’ultima istanza che qui può decidere sarebbe pertanto solo il soggetto, e con la parola ‘coscienza’ si esprime, appunto, questo: in questo ambito può decidere solo il singolo, l’individuo con le sue intuizioni ed esperienze”. La concezione che Newman ha della coscienza è invece “diametralmente opposta”: per lui “coscienza” significa “la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, ‘la’ verità. La coscienza, la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa”.

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