Il Papa alla Curia Romana: volto della Chiesa sfigurato dalle colpe dei sacerdoti. Appello a fermare la cristianofobia
Lo scandalo della pedofilia nella Chiesa, il Sinodo per il Medio Oriente, la Beatificazione del cardinale Newman: sono i tre grandi temi intorno a cui è ruotato il discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana per i tradizionali auguri natalizi. In un memorabile intervento, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, il Papa ha sottolineato che dalle prove sconvolgenti di quest’anno, la Chiesa è esortata alla verità ed è chiamata al rinnovamento. Quindi ha lanciato un forte appello a fermare la cristianofobia nel mondo. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto al Papa dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, che ha annunciato un’importante iniziativa di solidarietà per le popolazioni di Haiti e dell’Iraq. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Come nel periodo del tramonto dell’Impero romano anche oggi, rileva Benedetto XVI, il mondo è angustiato, insicuro. C’è l’impressione, afferma, che “il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano”. Sembra inoltre che “le forze mobilitate per la difesa di tali strutture” siano “destinate all’insuccesso”. Il Papa invita allora i fedeli ad associarsi ad una preghiera del tempo di Avvento: “Sveglia, Signore, la tua potenza, e vieni”. E’ l’invocazione rivolta dai discepoli al Signore, che stava dormendo mentre la barca era in balia della tempesta. Ma Gesù rimprovera i discepoli perché è la loro fede che ha dormito:
“La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l’ordine giusto alle cose del mondo”.
Il pensiero del Pontefice va dunque all’Anno Sacerdotale, iniziato con gioia e concluso con gratitudine nonostante le “grandi angustie” che lo hanno accompagnato. “Ci siamo nuovamente resi conto – sottolinea – di quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare in nome di Dio e con pieno potere la parola del perdono, e così siano in grado di cambiare il mondo, la vita”:
“Tanto più siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti, che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita”.
Il Papa ricorda una visione di Sant’Ildegarda di Bingen, del 1170, che, sottolinea, “descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno”. La Chiesa viene rappresentata come una sposa con il volto coperto di polvere, il vestito strappato, le scarpe insudiciate. La sposa parla a Sant’Ildegarda e afferma che le stimmate di Cristo restano aperte, “finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini”:
“Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità”.
Il Papa si sofferma ancora sulla straordinaria attualità della visione di Santa Ildegarda, in particolare laddove riguarda i peccati dei sacerdoti:
“Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva”.
“Dobbiamo – prosegue – interrogarci su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l’ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell’intero nostro modo di configurare l’essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere”:
“Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. È questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio”.
Benedetto XVI ricorda i suoi incontri con le vittime ed esprime gratitudine a quelle persone che, “con grande dedizione, stanno a fianco di chi soffre e ha subito danno”. Ringrazia così “i tanti buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio”. Il Papa allarga dunque l’orizzonte al contesto del nostro tempo. Denuncia con forza “il mercato della pornografia concernente i bambini”, “la devastazione psicologica di bambini in cui persone sono ridotte ad articolo di mercato”. Condanna il turismo sessuale, che specie nei Paesi in via di sviluppo minaccia un’intera generazione. Ancora, il problema della droga che con forza crescente stende i suoi tentacoli intorno al globo. Tutto questo, avverte, è “espressione eloquente della dittatura di mammona che perverte l’uomo”:
“Ogni piacere diventa insufficiente e l’eccesso nell’inganno dell’ebbrezza diventa una violenza che dilania intere regioni, e questo in nome di un fatale fraintendimento della libertà, in cui proprio la libertà dell’uomo viene minata e alla fine annullata del tutto”.
Per opporci a queste forze, aggiunge, “dobbiamo gettare uno sguardo sui loro fondamenti ideologici”. Negli anni 70’, rammenta, la “pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino”. Si asseriva, “persino nell’ambito della teologia cattolica – rammenta il Papa - che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé”, “tutto dipenderebbe dalle circostanze e dal fine inteso”. Gli “effetti di tali teorie – avverte - sono oggi evidenti”. È allora responsabilità della Chiesa, esorta il Pontefice, rendere “nuovamente udibili e comprensibili tra gli uomini” i criteri dell’ethos cristiano “come vie della vera umanità, nel contesto della preoccupazione per l’uomo, nella quale siamo immersi”. Il Papa rivolge dunque il pensiero al Sinodo delle Chiese del Medio Oriente e afferma con forza che “nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata”. Il Papa ricorda le parole del Consigliere del Muftì del Libano che al Sinodo denunciò “gli atti di violenza nei confronti dei cristiani”. Si dice profondamente grato per queste voci della ragione, ma constata, purtroppo “sono troppo deboli”:
“Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”.
Benedetto XVI dedica la parte finale del discorso all’indimenticabile viaggio nel Regno Unito. Ritorna con la memoria allo storico discorso a Westminster Hall, dove ha ribadito che la mera razionalità finalistica è “in realtà un accecamento della ragione”:
“Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo”.
Ha così rivolto l’attenzione alla Beatificazione del cardinale Newman, a cosa ci dice oggi la sua conversione. Il Papa ricorda che all’inizio il grande teologo pensava come gli uomini del suo tempo che il “reale” è ciò che è “materialmente afferrabile”:
“Nella sua conversione Newman riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili. Questa conversione significa una svolta copernicana. Ciò che fino ad allora era apparso irreale e secondario si rivela come la cosa veramente decisiva”.
“Dove avviene – soggiunge – una tale conversione, non cambia semplicemente una teoria, cambia la forma fondamentale della vita. Dal Beato Newman, afferma ancora, impariamo il significato autentico della parola coscienza". Questa non significa cadere nel soggettivismo, come vorrebbe il pensiero moderno:
“Per lui 'coscienza' significa la capacità di verità dell’uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto”.
Il Papa non manca di ricordare i suoi altri viaggi apostolici internazionali. Eventi, sottolinea, in cui “si è reso nuovamente visibile che la fede non è una cosa del passato, ma un incontro con Dio” che “vive ed agisce adesso” e “ci apre la strada verso la gioia vera”.
Durante l'udienza, il cardinale Angelo Sodano ha annunciato al Papa che i porporati hanno raccolto 200 mila dollari da devolvere, in parti uguali, ai poveri e malati di Haiti e dell’Iraq. La colletta era stata proposta dallo stesso cardinale decano, in occasione dell’ultimo Concistoro del 20 novembre. Le donazioni, frutto di offerte personali dei cardinali, saranno consegnate ai presuli dei due Paesi attraverso i nunzi, in occasione del Santo Natale.
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