venerdì 11 febbraio 2011

All'Università di Bologna, l'inaugurazione del "Cortile dei Gentili". Intervista con il cardinale Ravasi

All'Università di Bologna, l'inaugurazione del "Cortile dei Gentili". Intervista con il cardinale Ravasi

Sarà l'Università di Bologna, il primo ateneo laico europeo, a ospitare domani l’inaugurazione del ‘Cortile dei Gentili’, la nuova struttura permanente vaticana dedicata al dialogo tra credenti e non credenti che fa capo al Pontificio Consiglio della Cultura. Si tratterà dell’esordio italiano di questa realtà che avrà invece il suo varo internazionale a Parigi il 24 e il 25 marzo. Ma se nel dialogo interreligioso va evitato il rischio del sincretismo, quali incognite può presentare l’incontro con chi non crede? Fabio Colagrande lo ha chiesto al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della cultura.

R. – Il rischio eventuale potrebbe essere soltanto quello di un dialogo accademico, un dialogo – ed io mi sto battendo perché non si corra questo rischio – che alla fine semplicemente trovi quel minimo comune denominatore. Io voglio che si pongano veramente questioni radicali - questioni di antropologia, quindi bene e male, vita e oltre vita, l’amore, il dolore, il senso del male - domande che siano sostanzialmente alla base dell’esperienza umana. Ma voglio anche che, per esempio, ci si interroghi sulla qualità della teologia, proprio per far comprendere che la teologia non è un relitto del paleolitico, del passato, è invece una disciplina che ha un suo statuto, una sua tipologia di metodo, è un altro sguardo dato alla realtà. Vorrei anche arrivare a qualche punto ulteriore, che vedo già interessare molti atei, ed è quello della spiritualità dell’ateo, perché la trascendenza non è soltanto ciò che insegna la teologia, è anche insita nella ragione stessa, la quale di sua natura vuole sempre andare oltre e, quindi, alla fine anche interrogarsi sull’oltre e sull’altro in assoluto. Sono molte le piste, i percorsi che vogliamo proporre, tutti comunque di una certa provocazione perché non si vuole necessariamente arrivare ad una sorta di Onu del pensiero umanistico, che si ritrova alla fine sul minimo.

D. – Qualcuno dal mondo ateo ha parlato di un’iniziativa che mira al proselitismo, cosa risponde?

R. – La tipologia stessa degli eventi sarà tale proprio da vaccinare da questo rischio, che può sempre essere insito, perché noi sappiamo, e non bisogna mai negarlo, che le religioni di loro natura non sono solo informative, sono anche performative, cioè vogliono formare le coscienze, vogliono dare il senso caloroso del messaggio che portano. Ma vorrei anche dire che questa è pure un’attendenza dell’ateismo serio. Quando l’ateismo si presenta come un sistema di pensiero, e pensiamo a figure come Marx o come Nietzsche, vuole anche incidere in qualche modo nella società e ha inciso. Quindi, esiste sicuramente questo problema, ma proprio perché coloro che organizzeranno questi eventi non saranno più le istituzioni, non sarò più io come Pontificio Consiglio della Cultura, ma saranno le varie situazioni concrete, in quel momento naturalmente ognuno organizzerà con la propria identità e alla fine anche con la tutela dei propri spazi e dei propri perimetri.

D. – Lo scorso anno il Papa ha varato anche un nuovo Dicastero dedicato alla nuova evangelizzazione. Come integrare il dialogo con chi non crede, con il nuovo annuncio ad un Occidente scristianizzato?

R. – Anche noi ad un certo momento dovremo interessarci di un settore che dal punto di vista culturale e sociale è, ai giorni nostri, fondamentale, purtroppo, ed è il fenomeno della “indifferenza”. Quindi, questa situazione dovrà essere anche studiata dal punto di vista culturale e dal punto di vista pastorale naturalmente dovrà essere studiata dal Pontificio Consiglio della nuova Evangelizzazione. Ci troveremo, però, con due prospettive differenti. Per noi, infatti, è veramente una tipologia culturale che ha dei profondi limiti e che richiede una cura. L’altra considerazione, invece, che riguarda sempre i due Dicasteri, è proprio nei termini stessi di “cultura” ed “evangelizzazione”. Certamente l’evangelizzazione comprende anche la cultura, ha dei momenti in cui deve coinvolgere la cultura, e, quindi, dovrà lavorare in sinergia con noi. Già ne ho parlato con il presidente attuale e siamo d’accordo su questo. Ma l’evangelizzazione poi è un passo ulteriore: da una parte si parte dal “kerigma”, che è l’annuncio primario fondamentale dei valori, dei grandi valori cristiani in questo caso, e poi c’è la “catechesi”. (ap)

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

L'iniziativa del Card. Ravasi sembra lodevole. Speriamo che per non compiacere alcuni "supposti" intellettuali laici, soliti pontificare senza accettazione di contradditorio, l'iniziativa non finisca come una sorta di "calderone eccumenico", dal quale uscirà un'impostazione nebulosa e relativista, buona per tutti, credenti ed atei, fedeli cattolici ed avversari viscerali, ma subdoli e melliflui, della fede. Il rischio pontenziale esiste. Occorre fare attenzione!
Cherokee

Anonimo ha detto...

Altro che Cortile dei Gentili. Questo è il PRESBITERIO DEI GENTILI ILLUMINISTI (ora cattocomunisti a guardare gli invitati). E' un palco della Festa de L'Unità montato sul Prsbiterio della Chiesa di S.Lucia.
Vergogna!
Mazzarino

Fabiola ha detto...

Effettivamente il parterre di chi interverrà non lascia immaginare grosse novità. I soliti gnostico-spiritualisti che, in genere, tendono a dare lezioni alla Chiesa, sempre troppo "mondana".
Tra l'altro mi disturba l'onnipresenza del solito Cacciari, sempre sovrastimato e non solo in quel di Milano. Passato dalla Cattedra dei non credenti al Cortile dei Gentili, dopo aver dato, di Benedetto XVI, giudizi francamente imbarazzanti (per lui, ovviamente).
Il cortile dei Gentili era sì aperto a tutti ma restava un cortile del Tempio.
Speriamo. Comunque gli inizi non sembrano entusiasmanti.
E che differenza c'è, in fondo, tra "il proselitismo" e l'annuncio di Gesù Cristo?
Ed è possibile che un cristiano vi rinunci, per principio?