RUINI COMPIE 80 ANNI: SINTONIA SPONTANEA CON WOJTYLA E RATZINGER
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 18 feb.
In tutti i ruoli che e' stato chiamato a ricoprire - docente di teologia, vescovo ausiliare di Reggio Emilia, segretario e presidente della Cei, vicario di Roma - il card. Camillo Ruini ha scelto "di avere sempre come criterio e punto di riferimento la persona e il magistero, gli orientamenti pastorali e culturali del Papa".
"Una decisione - confida in occasione dell'80esimo compleanno che festeggera' domani - non difficile, perche' sgorgava dalle mie piu' profonde convinzioni teologiche e spirituali, e anche da una sintonia spontanea con Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI".
Due Pontefici, quelli dei quali e' stato il vicario, "diversi certamente come persone, esperienze di vita, stili e modi di porgere, ma ancora piu' uniti nella loro missione e negli indirizzi del loro ministero".
Anche se perde la possibilita' di entrare in Conclave, Ruini e' ancora oggi una risorsa preziosa per la Chiesa Italiana, che gli ha affidato la guida del Comitato per il Progetto Culturale. E continua ad essere molto ascoltato dal Papa tedesco, che lo ha voluto a capo del Comitato scientifico della Fondazione Joseph Ratzinger, istituita in Vaticano per gestire i suoi diritti d'autore, e lo ha anche nominato presidente della Commissione incaricata di indagare sulle apparizioni di Medjugorie, un compito estremamente delicato che tuttavia non spaventa il cardinale.
Si deve proprio al coraggio e alla autorevolezza di Ruini, del resto, anche il fatto che Benedetto XVI abbia concesso gia' nel maggio 2005 la deroga che ha consentito di avviare subito l'iter per la beatificazione di Giovanni Paolo II conclusasi felicemente. Fu infatti l'allora cardinale vicario a chiedere la dispensa dai cinque anni che - a norma delle leggi canoniche - si sarebbero dovuti attendere.
Secondo Ruini, che ebbe modo di spiegarlo appena dopo l'elezione di Ratzinger, i due Papi "li accomuna l'adesione a Cristo e la visione di fondo del mondo contemporaneo". Ed anche se i carismi e le esperienze personali distinguono i due Pontefici, "deve far riflettere il fatto che storie cosi' diverse possano pienamente incontrarsi". Entrambi i Papi hanno riaffermato, ad esempio, "il ruolo dell'Italia in Europa, in ad riferimento all'identita' cristiana". Giovanni Paolo II, ha raccontato in proposito Ruini in una famosa intervista al Corriere della Sera rilasciata a un mese dalla morte del Papa polacco, "ci diceva sempre: 'Sappiate che la Chiesa nel mondo guarda all'Italia, avete una grande responsabilita'".
Anche Joseph Ratzinger "e' stato certamente un difensore della fede, ma con grande capacita' di discernimento e di proposta. Un difensore e insieme un testimone. E dunque - furono le parole di Ruini a commento dell'elezione di Benedetto XVI - abbiamo un Papa preparato ad affrontare nel modo migliore la sfida piu' profonda per il cristianesimo di oggi, che e' quella di conservare la fede incarnandola nella modernita'".
"La debolezza morale che rende incerto il nostro futuro - dice ora di suo il card. Ruini, intervistato dalla Gazzetta di Modena alla vigilia dell'80esimo compleanno - e' frutto delle difficolta' riguardo a Dio e all'uomo. E naturalmente questa debolezza spinge nella medesima direzione", che certo non e' quella del Vangelo. Ma nemmeno in vecchiaia il "cardinal sottile" si mostra pessimista o timoroso del nuovo: "ci sono - rileva - i cambiamenti, sempre piu' accelerati, del quadro demografico, economico e politico mondiale. In concreto nessuno di noi puo' sapere in anticipo quale sara' il futuro del genere umano. Chi crede nel Dio di Gesů Cristo ha pero' dentro di se' la certezza che Dio e' amico dell'uomo e che ci ha creato non per la morte ma per la vita. Possiamo dunque vivere positivamente e con fiducia anche i cambiamenti piu' grandi, impegnandoci a fondo per il bene e soprattutto sapendo che Dio tiene il mondo nelle sue mani".
Personalmente, rivendica, "ho sempre lavorato per rendere piu' viva e piu' forte la presenza cristiana nella cultura, per due buoni motivi. In primo luogo perche' la cultura sta alla base delle nostre convinzioni e scelte di vita, ma anche perche' la cultura dominante, in Italia come piu' o meno in tutto il mondo occidentale, e' spesso lontana dalla fede".
"Contrariamente pero' a un'opinione diffusa, non penso - assicura il porporato - che l'influsso culturale del cristianesimo diminuisca sempre piu': negli ultimi anni c'e' stata piuttosto un'inversione di tendenza. E' solo un inizio, che - auspica - dobbiamo cercare di rafforzare".
Nella conversazione con il giornale della sua regione, il card. Ruini corregge anche l'affermazione, fatta da lui stesso qualche tempo fa, di sentirsi un animale politico: "un interesse alla politica - confessa - l'avevo gia' prima di entrare in seminario e l'ho sempre conservato.
Fare della politica la mia vocazione mi sembra pero' quanto meno unilaterale, anzi, diciamo pure sbagliato. La mia vera vocazione e' quella che si e' concretizzata nel grande dono che il Signore mi ha fatto: il sacerdozio". Ed e' infatti la dimensione spirituale quella che oggi lo impegna di piu'. "A ottant'anni - afferma - piu' che sulle attivita' future e' ora di concentrarsi su quel futuro che sta al di la' del tempo". Infine, ai giornalisti che gli ricordano come l'eta' che lo esclude ormai da un futuro Conclave non impedisce tuttavia che possa diventare Papa, risponde serenamente: "proprio no, a ottant'anni non corro alcun pericolo di questo tipo".
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RUINI COMPIE 80 ANNI: FORSE HO PRETESO TROPPO DAI MIEI ALLIEVI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 18 feb.
"Insegnare mi piaceva, ma mi piaceva e mi piace soprattutto studiare e pensare". Il card. Camillo Ruini, che domani compie 80 anni, lo confida in un'intervista nella quale ripercorre per l'occasione le varie tappe del suo ministero pastorale, iniziato, come e' noto, da docente di teologia.
"Penso - ammette il porporato - di aver preso molto sul serio il mio compito di insegnante. Il mio difetto piu' grave, come insegnante, temo sia stato proprio questo: far prevalere l'approfondimento dei problemi sulle esigenze di gradualita' della didattica. Percio' ero ritenuto, non senza motivo, un insegnante che pretendeva un po' troppo dai suoi allievi". Ed anche oggi il card. Ruini continua a credere nella necessita' di una solida formazione per i futuri sacerdoti ma anche per i laici che si impegnano in ambito sociale e politico. "I tempi e il contesto socio-culturale - rileva - sono molto cambiati ma le difficolta' per la fede non sono certo diminuite.
Oggi si concentrano nel nichilismo che, come conseguenza della 'morte di Dio' nella cultura, non lascia in piedi alcun valore assoluto, e in quella manipolazione ideologica delle scienze che riduce l'uomo a un semplice prodotto della natura. Fortunatamente, pero', cresce di giorno in giorno la percezione della pericolosita' e dell'intrinseca falsita' di questi atteggiamenti, non solo tra i credenti ma anche in molte persone che non intendono rinunciare ai fondamenti della nostra civilta'".
Alla Gazzetta di Modena, che lo ha raggiunto nella sua Sassuolo, il vicario emerito di Roma racconta la sofferenza che gli costo' scegliere il sacerdozio ed entrare in seminario: "fu difficile, una rottura dolorosa ma necessaria.
Cambiava repentinamente il mio ambiente di vita: da Sassuolo a Roma, dalla mia famiglia a un mondo che non conoscevo. Cambiava il mio abbigliamento: da quello di un ragazzo diciottenne alla tonaca, obbligatoria allora per i seminaristi come per i sacerdoti. Cosi', dopo la gioia e l'entusiasmo per la scelta compiuta, avvertivo in concreto il costo che questa scelta aveva. Ma ho pensato che dovevo fare una cosa sola: tenere fermo il proposito di diventare sacerdote. Un proposito maturato liberamente e 'controcorrente', un proposito che sentivo venire dal Signore".
Dopo gli anni del Collegio Capranica e l'ordinazione sacerdotale e il rientro in diocesi. "Ho vissuto e operato a Reggio Emilia - ricorda il card. Ruini - per 29 anni, dal 1956 al 1986, come sacerdote e negli ultimi tre anni come vescovo ausiliare. Percio' Reggio e' diventata ben presto il mio ambiente naturale, un ambiente in cui mi sono trovato molto bene e che amo, sebbene come identita' sempre, anche adesso, io mi senta anzitutto un sassolese". Nel 1983, poi, Ruini venne ordinato vescovo da mons. Gilberto Baroni, "grande figura di vescovo, al quale - dice - resto per sempre debitore. Mi ha rafforzato nell'amore e nella dedizione alla Chiesa, mi ha fatto entrare nella difficile concretezza della pastorale e, pian piano, nel governo pastorale. Mi ha dato l'esempio costante di come si antepongano le esigenze del servizio alla Chiesa al quieto vivere personale".
A Ruini non fu difficile invece trasferirsi per sempre a Roma come segretario generale della Cei: "il momento difficile - spiega - non arrivo' nel 1986, quando fui chiamato a Roma, ma tre anni prima, quando mons. Baroni mi disse che ero nominato vescovo, come suo ausiliare. Avvertii acutamente che non ero degno di questa missione ma, dopo aver passato un giorno di preghiera al seminario di Marola, sentii anche che non potevo rifiutare. Sembrera' strano, ma la nomina a segretario della Cei mi turbo' molto meno". Nell'intervista, il cardinale risponde anche alla domanda se consideri suo successore mons. Parmeggiani, l'ex segretario particolare che da Reggio lo segui' a Roma ed oggi e' vescovo nel Lazio. "A mons. Mauro, o don Mauro come lo chiamo io, sono molto debitore, per i ventidue anni nei quali ha lavorato con me. Adesso egli sta facendo un ottimo servizio alla diocesi di Tivoli. Quanto alla successione, don Mauro, come vescovo, fa parte della successione degli apostoli, cosa un po' piu' importante - conclude Ruini - che essere mio successore...".
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7 commenti:
L'accenno al papato, ormai precluso, fatto dai giornalisti è di cattivo gusto. A ottant'anni sarebbe il caso di iniziare a pensare all'eternità e prepararsi.
Alessia
È precluso il conclave, non il papato
L'intervista mi sembra che abbia un certo spessore e siano molti i motivi su cui riflettere, come l'insegnamento, la sofferenza del seminario, lo sconcerto e la preoccupazione per la nomina episcopale....
Mi colpisce sempre il fatto che tale nomina susicti paura e preoccupazione. Anche Giovanni Paolo II quando venne nominato vescovo, a 38!!! anni, pensava di rifutare e il nostro Papa Benedetto , nella sua autobiografia, , narra tale evento come sconvolgente e doloroso, anche se poi il Signore Lo ha avvolto di grazia e di luce, ma mi rendo conto che occorra molta fede, perchè il compito è davvero grande e la responsabilità enorme Il fatto del papato e del conclave sono di secondaria importanza per il cardinale Ruini. Ognuno serve la Chiesa secondo la chiamata del Signore e, il cardinale ha risposto e lavorato tanto. Questo bisogna riconoscerlo
Ha lasciato la chiesa italiana con lòe casse piene...ma la fede dov'è?
le chiese sono vuote !
Non credo si possa dare la colpa a Ruini. Anche la fede e le chiese del Belgio sono vuote, con primate il cardinale Daneels
Pur essendomi sempre sentito più in sintonia col cardinal ratzinger che ruini, bisogna riconoscere che é stato il più grande politico della seconda repubblica, nel bene e nel male. grande organizzatore e cosa che nessuno dice mai fece un'ottima pastorale a Roma e la giornata di spstegno al Pappa ne fu l'esempio. anche amici romani antiruiniani, tra cui un sacerdote, gli riconoscono questo valore, da prendere come esempio nelle altre capitali Riuscì a tenere insieme tutte le realtà ecclesiali romane e anche se macchiavellico il suo fine fu sempre il bene della chiesa(o meglio quello che riteneva fosse il bene della chiesa). Comunque diverso dal carrierismo e dall' epicureismo personale o puro narcisismo di certi altri prelati.
Max
Pur essendomi sempre sentito più in sintonia col cardinal ratzinger che ruini, bisogna riconoscere che é stato il più grande politico della seconda repubblica, nel bene e nel male. grande organizzatore e cosa che nessuno dice mai fece un'ottima pastorale a Roma e la giornata di spstegno al Pappa ne fu l'esempio. anche amici romani antiruiniani, tra cui un sacerdote, gli riconoscono questo valore, da prendere come esempio nelle altre capitali Riuscì a tenere insieme tutte le realtà ecclesiali romane e anche se macchiavellico il suo fine fu sempre il bene della chiesa(o meglio quello che riteneva fosse il bene della chiesa). Comunque diverso dal carrierismo e dall' epicureismo personale o puro narcisismo di certi altri prelati.
Max
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